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11ª edizione - (2008)

La strage dei Proci: Odisseo uccide Antinoo ad Eurimaco

La gara dell'arco era appena terminata, con esito negativo: nessuno di noi, i valorosi Proci, nobili di Itaca, era riuscito a superare la prova.
 Mentre tutti noi ci chiedevamo il perché del nostro fallimento, il mendicante, che ci sedeva vicino, chiese di poter affrontare la prova nella quale nessuno di noi aveva vinto.
 Tra il nostro stupore e lo sdegno generale, la bella Penelope accettò, assicurandoci che, se anche il vecchio avesse superato la prova, non lo avrebbe mai preso come sposo.
 Il mendicante prese l'arco e lo tastò, cercando di capire se il legno fosse stato mangiato dai tarli. Allora si mise in posizione, tendendo con grande abilità l'arco e scoccò una freccia che passò attraverso tutti e dodici gli anelli delle scuri allineate per la gara.
Subito dopo si levò gli stracci di dosso e ci rivelò di essere Odisseo.
 Inizialmente restammo strabiliati, poi ci rendemmo conto che veramente l'uomo che stava davanti a noi era il re di Itaca, che stavamo cercando di spodestare.
 Ancora una volta tese l'arco e mirò alla gola del più nobile tra tutti noi, Antinoo. Egli non capì che stava per morire e alzo la coppa del vino per offrirla al sovrano; immediatamente Ulisse scoccò un dardo, che trafisse la gola del principe. Sotto gli sguardi inorriditi di tutti, Antinoo cadde a terra privo di vita. Terrorizzati, offrimmo al re ingenti ricchezze in cambio della nostra vita. Egli non accettò, dicendo che la sua rabbia era troppo grande per essere colmata con l'oro e con il bronzo.
 Capii che la nostra fine era vicina, ma ero deciso a morire combattendo; perciò incitai i miei compagni a prendere le armi e a fronteggiare l'eroe acheo, reduce da Troia. Per primo attaccai, volendo vendicare l'amico ucciso, ma trovai la morte per mezzo di une freccia che mi colpì al fegato.
 Caddi ferito ma ancora in vita e riuscii a vedere la strage dei miei compagni compiuta da parte di Odisseo.
 Quando nella stanza non rimase più in piedi nessuno tranne Ulisse, quest'ultimo si accorse che ero ancora vivo e giunto vicino la mio corpo, raccolse la mia spada e mi colpì al cuore, dicendo: "Ora la mia ira si può dire appagata".
 Ora che sono qui, nel regno del dio Ade, ho la possibilità di meditare sul mio più grande errore compiuto da vivo: quello di essermi messo sulla strada del grande Odisseo.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010