Il diario di Andromaca: una disperazione inconsolabile
Ultimo giorno di guerra
Colonne di fumo si alzano dalla città, nonostante l'incendio sia stato quasi completamente domato. Delle imponenti mura, delle strade ben fatte non resta più nulla; il fuoco e la guerra hanno inghiottito la città di Priamo.
Sulla spiaggia ardono nelle fiamme i corpi degli eroi caduti. Così come le anime degli eroi salgono al cielo, i lamenti delle vedove s'innalzano fin sopra le mura. Esse hanno la consapevolezza che nessuno potrà loro restituire quanto hanno perso. Il mio animo è preso da una disperazione ancor più grande.
La guerra ha distrutto la mia casa, ucciso mio marito e ora sono completamente sola. Non so che ne sarà di me; probabilmente un principe acheo mi rapirà e mi porterà in Grecia come serva e la mia sorte sarà quella di stare tra il telaio e il letto in una casa di un uomo che odio, privata della dignità e della mia famiglia.
Ettore era un grande uomo e continua a esserlo, perché il ricordo delle sue imprese rimane nella mente di tutti. Indomito e pieno di coraggio, egli era il capo dei Troiani, amato e rispettato dai suoi uomini per la sua lealtà e per la sua onestà. Aveva anche un grande cuore. Amava me e il piccolo Astianatte al di sopra di ogni cosa e non smetteva un attimo di dimostrarlo, seppur nella sua riservatezza. Non posso dimenticare l'ultima volta che lo vidi, alle porte Scee.
Era rientrato in città su consiglio del fratello Eleno e, dopo aver svolto i suoi compiti, era venuto a cercarmi alle porte della città, avendo appreso dalle donne la mia posizione. Era confuso, arrabbiato e fondamentalmente triste. Da una parte avrebbe voluto volentieri stare nella città, abbandonare gli orrori della guerra per la famiglia, ma sapeva di non poterlo fare. Aveva infatti vergogna di quello che avrebbero pensato i suoi uomini: come capo dei Teucri egli doveva dimostrare loro ardimento, ma faticava a trovare dentro di sé il coraggio di non mollare tutto. Mi venne incontro e non ebbe orecchie per le mie suppliche nonostante lo turbassero profondamente; dopo avermi tristemente congedato, andò verso il campo di battaglia a testa alta. Come un leone che attacca una gazzella il divo Achille lo colpì; gli tolse la vita e la sua dignità di uomo, trascinandolo dietro al suo carro, senza rispetto nemmeno per un eroe caduto.
Come il vento strappa le foglie secche dagli alberi, la guerra aveva strappato la vita ad Ettore. Egli era morto per gli ideali in cui credeva, la gloria, l'onore, l'areté; ora di un così grande uomo non mi rimane più nulla se non un triste ricordo. Cento altre donne piangono sui resti della città la morte dei mariti: non hanno più un motivo per vivere. Ma anche nel dolore non possono non riconoscere la grandezza d'animo di Ettore: meglio un giorno vissuto da eroe che un'intera vita da vile.
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