"La caduta" di Albert Camus
Il paziente Jean-Baptiste Clamence è affetto da una grave forma di depressione patologica, tenuta sotto controllo mediante l'uso di dosi di Prozac, pari a 20 mg., da somministrare ogni qualvolta se ne debba fare ricorso.
- Tace spesso, per periodi di tempo anche molto lunghi, e, d'improvviso intrattiene monologhi solitari della durata di alcune ore, rivolti non si sa bene se a noi, dottori, o personale infermieristico, o alla sua ombra, proiettata davanti a lui dalla luce delle lampade. Vive sprofondato nell'apatia e non sembra essere consapevole né della situazione né delle sue azioni. La sua partecipazione alle sedute è passiva, sono giunta alla conclusione che neppure ci ascolti.
La dottoressa si interruppe e rimase in silenzio per alcuni secondi.
Aveva ricordato d'improvviso quei suoi grandi occhi chiari e cristallini, che si erano posati su di lei, con un'innata delicatezza, per un lunghissimo istante, in occasione della prima seduta, quando l'uomo, che se non era "nessuno", o soltanto un nome, poteva benissimo essere il "signor tutti" come lo chiamava lei, aveva sentito la sua voce, che decantava le bellezze di Mexico-City, l'ultimo viaggio.
Quel nome l'aveva fatto sobbalzare, non all'improvviso ma come risultato di un'intensa riflessione interiore: aveva distolto lo sguardo dal nulla e l'aveva guardata. Doveva voler dire qualcosa; aveva però la sensazione che non fosse la splendida capitale messicana. Qualcos'altro forse.
Non si può essere certi di nulla, l'aveva imparato.
- Vuole dire dottoressa che le sedute di psicoterapia sono inutili?
Alla domanda del collega, la donna tornò in sé e riprese il suo cipiglio professionale.
- Assolutamente, ma dovremo prima riuscire a persuaderlo che è malato.
- Sarebbe a dire?
- Semplicemente lui si considera perfettamente sano, fisicamente e mentalmente.
- Dunque...
- Dunque il dottore è lui, il malato io. In fondo non c'è nessuno che sia in grado di affermare il contrario.
La donna si fermò ancora a riflettere.
Un uomo interessante, senza dubbio.
Un bell'uomo di circa quarant'anni dalla conversazione raffinata e brillante. Un contrasto stridente, che non si poteva fare a meno di notare: il corpo massiccio, le spalle larghe, le mani forti da una parte, quella parlantina forbita e i modi raffinati dall'altra.
Un avvocato, forse sì, quel sorriso furbo e l'aria compiaciuta in ogni sua azione: nel salutare i dottori ed infermieri, nel ringraziare gli inservienti per il pranzo, persino nel soddisfare le richieste dei suoi infelici compagni.
Lei l'aveva osservato spesso durante la giornata, ritenendo che fosse utile per i suo lavoro.
E qual era la verità?
Compiaciuto d'essere studiato mentre si prodigava per l'altrui felicità.
Così ascoltava per ore il vecchio giudice, il più anziano dei pazienti, che discuteva di vecchi casi, citando spesso "la regola del buon assassino", giocava a scacchi con il signor Patterson, nonostante questi fissasse la scacchiera senza né muoversi, né parlare anche per giornate intere, e comprava merletti e fiori inesistenti da Anna, che diceva di averli raccolti al cimitero e si credeva la fioraia di un quadro di Degas.
Non era per spirito d'amore fraterno, ma per una esaltazione intima e profonda; il compiacimento personale nell'essere considerato da tutti un uomo gentile e cortese oltre modo.
Roberto suo collega e amico le tirò un calcio sotto il tavolo nel tentativo di risvegliarla dal torpore in cui sembrava essersi assopita.
Lei si voltò e lui le lanciò un'occhiata di rimprovero, che contraccambiò con un sorriso.
- Lo ritiene dunque un caso incurabile?
- La prego non mi faccia dire ciò che non ho detto. Si tratta di una persona malata e in quanto tale, curabile, ma posso affermare che non possiamo applicare su di lui le normali cure. Sono convinta che non darebbero nessun risultato positivo La patologia di cui è affetto non è riconducibile ad alcun avvenimento particolare della sua vita, né rapporti tumultuosi con la figura paterna o materna, o con le donne; da quello che ho potuto constatare. Oserei dire che il suo male non è altro che espressione del disagio di vivere, un malessere che possediamo tutti, ben nascosto dentro di noi come le dimostreranno gli studi di antropologia del dottor Lombardi - terminò indicando Roberto.
- Non stavamo discutendo di questo dottoressa. La prego, risponda alla domanda.
- L'ho appena fatto, l'unico modo per curarlo e, sono convinta, riuscire ad entrare in contatto con lui, non semplicemente ascoltarlo.
- Sarebbe a dire?
Quella voce calma le ronzava nella testa incessantemente, continuava a tornarle in mente senza tregua: non le era mai accaduto prima di interessarsi a quel modo ad un caso.
Quell'uomo poteva essere chiunque, uomo o donna, genere umano, quella parte di noi che abbiamo sprofondato lì nelle viscere, quella parte che vorremmo esiliare, perché il nostro demone folle.
- Sarebbe a dire? - Il primario ripeté la domanda.
Ma la donna non rispose.
- Angelo - le sussurrò Roberto - Ehi! Parlano con te! Angelo!
- Vogliate scusarmi, mi sono distratta...
"Sarebbe a dire, mia bellissima signora, che le donne mi sono necessarie" le aveva detto durante una seduta.
Un concetto interessante ma non le riusciva di comprendere per quale strana associazione di idee quell'affermazione le fosse venuta in mente proprio in quel momento.
Amava le donne come riflesso di sé stesso: la loro tenacia lo affascinava, "le donne sono come Buonaparte; pensano di riuscire dove altri sono falliti" e, soprattutto il loro interesse per il gioco: ogni rapporto come un gioco complesso, a cui non ci si può sottrarre, in cui nessuno riesce perdente, ma per il quale non si ricevono premi.
Questo più o meno.
Un gran bel gioco dove la fine è contemplata come assolutamente naturale, non appena l'amato giunge ad essere troppo simile all'amante quasi fino al disgusto:
Gli specchi sono così odiosi, soprattutto se ritraggono noi stessi.
Ma capire, capire... troppo diverso.
- Angelo! - provò di nuovo Roberto.
- Proporrei una pausa, signori. Forse dopo la dottoressa mi ascolterà. Roberto le offra un caffè doppio - esclamò l'anziano dottore alzandosi.
La stanza si svuotò, la donna rimase lì, in silenzio guardando un punto lontano innanzi a sé.
- Ehi dottore a cosa stai pensando? - le domandò Roberto ponendosi nella traiettoria del suo sguardo.
- Senti Rob, tu credi che sia giusto ciò che noi facciamo?
- Vuoi dire quando leghiamo un paziente al suo letto per evitare che si tagli le vene?
- Qualcosa del genere.
- Sí, credo di sí: il sangue ha il colore incancellabile della morte e si tira dietro, nel ricordo, quell'odore acre di putrefatto. Noi non lo fermiamo perché lo vogliamo vivo ma perché ci ripugnerebbe il vederlo disteso per terra morto.
- Non è quello che volevo sentire.
"Non tema mia bella signora, non sarà necessario legarmi, io non voglio morire" le aveva detto con i suoi occhi chiari pervasi dalla luce del cielo primaverile, quel giorno che sfuggito ad ogni controllo, era riuscito a raggiungere la più alta terrazza dell'ospedale ed era rimasto lassù in bilico tra il cielo e la terra per diverse ore.
"Volevo buttarmi" spiegò "ma mi sono reso conto che nessuno avrebbe pianto per me, vorrei che qualcuno lo facesse un giorno, non sa che fascino posseggano le lacrime, e non ci ho trovato più nulla di buono. Inoltre ho scoperto, quando lei è arrivata che amavo la vita, ciò non ha nulla a che fare con lei, e l'amavo così disperatamente da non riuscire ad immaginare niente né prima, né dopo. Se morissi direbbero che un pazzo è morto: un motivo ignobile, volgare, idiota, una condanna. Ha notato come è bello il cielo quest'oggi, signora?" aggiunse poi senza motivo.
Lo ricordava perfettamente, come la scena di un film visto troppe volte, di cui si possono menzionare tutti i più sordidi particolari.
Eppure aveva l'ardire di un eroe, un San Michele di gesso, senza spada, che avrebbe sconfitto qualsiasi esercito, e che era salito, là, sulla croce soltanto per essere visto anche da lontano.
Una sfrontatezza così perversa da apparire splendida.
- Non ti affliggere, Angelo mio, quel che ho detto non è per te. Vado a prendere un caffè, ne porto uno anche a te.
La donna annuì.
"Crede lei che sia giusto..... " domandava sempre.
Giusto, ingiusto... nessun senso, diceva.
Tutti nascondono le loro azioni parlando di giustizia e rifiutano tutte le altre.
Chi ha ragione e chi ha torto?
Nessuno e tutti allo stesso modo.
Le menzogne portano alla verità, essa come la luce del sole di mezzogiorno accieca, mentre le menzogne come il tramonto mettono in risalto i singoli oggetti che illuminano.
Dunque molto spesso di un oggetto è meglio la luce del tramonto che quella di mezzogiorno.
- Pensi ancora a ciò che ho detto? - le chiese Roberto porgendole la tazza di caffè.
- No, ho imparato a non prendere troppo in considerazione ciò che ascolto.
- Ho domandato al dottor Chiara. La riunione è sospesa per oggi. Gli infermieri sono scesi in sciopero un'ora fa per quella questione del rinnovo del contratto e così dobbiamo far fronte alle emergenze. Bisogna far uscire Anna dalla cantina, prima di tutto, a te l'onore..... Ma mi stai ascoltando? - chiese Roberto ma nessuno rispose, la scosse per le spalle e la donna si voltò a guardarlo.
- Ci stai pensando ancora, vero?
- Senti, tira fuori tu Anna dalla cantina, io devo sbrigare un lavoro, prima.
- Non ci andare, dammi retta.
Sedeva di fronte alla finestra e non aveva fatto caso neppure alla porta che si apriva alle sue spalle: fissava in silenzio un grigio cielo autunnale, coperto di nuvole.
Gli si avvicinò
- Buongiorno - lo salutò senza ricevere risposta - ha bisogno di qualcosa? - ancora silenzio.
Lei attese - Io vado via, se lei desidera qualcosa ce lo faccia sapere.
Stava per andarsene quando l'uomo si voltò di colpo e le strinse con vigore entrambe le mani.
- Ora ha compreso, e sarà magnifico. Mia bella signora, io le sono necessario. Prima o poi tutti capiscono, con le persone intelligenti è soltanto più difficile. Essere utili a qualcuno è come legarsi con un triplo nodo alla vita, ed io le sono necessario.
Si calmò e ritornò in silenzio con gli occhi vuoti - Fra poco nevicherà - aggiunse con voce atona - Chissà, forse un giorno vedrà anche lei com'è bella Amsterdam con la neve, con i canali ghiacciati e con i cieli intessuti dalle ali delle sue mille colombe.
»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni