Le Sirene
Avevamo appena lasciato Eea quando Ulisse, il nostro amato capo, ci diede l'ordine di legarlo all'albero maestro con funi possenti poiché di lì a poco saremmo passati presso l'isola delle Sirene: chiunque ne odi il canto, finisce ammaliato da esso.
Dopo questo ordine ci diede della cera da mettere nelle orecchie, in questo modo noi non avremmo sentito il canto e avremmo potuto portare la nave in salvo.
Quindi anch'io, Perimede, mi affrettai a mettermi la cera e una volta che tutti erano pronti, ci avvicinammo all'isola. C'era un buon vento che ci spingeva, ma improvvisamente una bonaccia ci colpì e ci fermammo proprio davanti ad una grossa roccia che doveva appartenere all'isola delle Sirene. Non passarono pochi minuti che una decina di Sirene iniziarono a cantare; lo capimmo perché Ulisse iniziò a impazzire, scalciando a vuoto e cercando di slegarsi.
Per questo io ed Euriloco ci alzammo e ci premurammo di stringerlo meglio, ma arrivati vicino a Odisseo, egli mi sferrò un calcio e io caddi svenuto.
Quello che successe dopo me lo raccontarono quei miei pochi compagni rimasti: mentre io ero svenuto, Euriloco, preso dalla paura, ritornò al suo posto senza stringere le funi e sperando in bene, quando improvvisamente dal mare emerse una grossa figura, somigliante ad alcune rappresentazioni di Poseidone, il grande dio dei mari; da questa figura una immensa mano si avvicinò all'albero maestro, slegando Odisseo che immediatamente si gettò verso lo scoglio finendo nelle grinfie delle Sirene.
Ciò che fecero di lui me lo raccontarono dopo, ma io voglio lasciarlo alla vostra immaginazione.
Sta di fatto che noi tornammo a Itaca sani e salvi, senza trovare più insidie sul nostro cammino; lì sconfiggemmo i Proci in onore di Odisseo, distruttore di Troia; in onore di colui che sfidò gli dei; che sfidò Poseidone, il dio dei mari, contro il quale anche il più intelligente, il più furbo e il più forte tra i mortali fallì.
Da questo brano sembra che Odisseo si macchi di hybris; c'è da considerare il fatto che però Odisseo è protetto da altri dei e che non ha sfidato il dio in persona, bensì suo figlio, anche lui mortale, per questo motivo non dovrebbe essere destinato alla morte sicura come in questo brano, ma a una punizione che poi nel poema vero lo terrà lontano da casa per diversi lunghi anni.
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