Nausicaa
Questa notte, in sogno, mi è apparsa la mia più cara amica che mi ha consigliato di recarmi al fiume a lavare le vesti e i pepli, dato che ormai il tempo delle nozze è vicino.
Seguendo il suo suggerimento, stamattina ho chiesto a mio padre Alcinoo il permesso di allontanarmi dalla città in compagnia delle ancelle. Sotto questa richiesta apparentemente innocua, naturalmente, provavo un grandissimo senso di curiosità verso quello che sarebbe potuto succedere.
All'inizio tutto si è svolto normalmente: le ragazze mi hanno aiutato a lavare le vesti nel letto del fiume, poi le abbiamo stese sulla riva del mare, precisamente dove c'era la ghiaia, aspettando che asciugassero ai i raggi del sole.
Poi, come al solito, abbiamo fatto il bagno, ci siamo spalmate l'olio sulla pelle e abbiamo pranzato lungo il corso del fiume.
Naturalmente non è mancato il momento in cui abbiamo giocato con la palla.
Evidentemente il destino era già stato deciso, tutto quello che stava accadendo e che poi sarebbe accaduto seguiva il ragionamento logico di qualcuno. Infatti la palla, che lanciai a un'ancella, finì nelle acque profonde del fiume e le altre mie amiche iniziarono a lanciare grida. A quel punto apparve un uomo: tutte fuggirono, io no.
È per questo che parlo di destino stabilito, già programmato: nonostante provassi un gran senso di paura e di timore, non riuscivo a fuggire, ero attratta da quella persona ed ero curiosa di conoscerla.
L'uomo sembrava indeciso su come comportarsi, ma mi si rivolse con parole molto dolci.
Mi chiese se fossi una divinità (e in questo caso assomigliavo alla dea Artemide) o se fossi una comune mortale (e qui disse che, oltre che a essere beata la mia famiglia, era beato anche colui che mi aveva come sposa).
Dopo avermi paragonato a un giovane germoglio di palma, iniziò a parlarmi del suo lungo viaggio e delle sue disavventure.
Implorò pietà e, con essa, dei vestiti per potersi cambiare.
Io con semplicità gli dissi che bisogna accettare la sorte, che sia bella o brutta. Gli dissi che sono la figlia di Alcinoo, re dei Feaci, e che il mio popolo non gli avrebbe negato l'ospitalità o le vesti.
A quel punto richiamai le ancelle, dicendo loro di non fuggire di fronte all'uomo poiché non era un nemico e in ogni caso il nostro popolo è caro agli dei e questi ci avrebbero protetto in quell'eventualità.
Lo straniero si lavò nelle acque del fiume, si unse il corpo e si vestì.
Quando riapparve era stupendo, con i lunghi riccioli che gli scendevano dal capo e un aspetto grande e robusto.
Quando si sedette sulla riva del mare, lo ammirai a lungo e dissi alle ancelle che, se questo uomo si trovava con noi, era per una decisione degli dei. E mentre l'uomo veniva nutrito, continuai a pensare all'eventualità che diventasse il mio sposo, naturalmente se avesse gradito stare nella mia patria.
Ma non riuscii a stare lì di più, iniziai a tornare a casa quando ancora l'uomo era disteso sulla riva, assorto nei suoi pensieri.
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