Un'esperienza di lettura
Le opere di creatività, siano esse pagine, fotogrammi, immagini, onde sonore o semplici numeri, ci parlano. Affermare che nessuna di esse ci possa condizionare o cambiare o possa lasciare un segno dentro di noi, nel nostro modo di percepire il mondo, la realtà, i sentimenti o altre opere di creatività equivale a mentire; crederlo invece significa essere degli illusi.
Quante volte ci è capitato di affrontare situazioni di cui libri, canzoni o film avevano già parlato?
Quante volte associamo delle situazioni particolari, o a esperienze passate, una colonna sonora, una didascalia o un'immagine?
Quello che però spesso ci dimentichiamo è che un libro è ben più di inchiostro e carta, una canzone non è esclusivamente una modulazione di onde: alle spalle di questi prodotti, che sono onnipresenti nelle nostre vite, c'è una mente, o molteplici, che hanno espresso i propri contenuti, che ci hanno lasciato un'eredità.
Oltre alle storie di cui trattano i film, ai testi delle canzoni e alle trame dei libri c'è un autore che, consciamente o meno, ci parla di sé, ci racconta cose di cui forse nemmeno lui stesso si rende conto.
Anche il pubblico fruitore è parte integrante delle opere stesse, non tanto nella composizione quanto nell'impatto che possono avere; un esempio su tutto sono i testi sacri, le loro molteplici interpretazioni e gli effetti che queste hanno provocato.
Ciascuno di noi ha il proprio modo di rapportarsi ai prodotti della mente altrui con cui viene in contatto: c'è chi si identifica con i personaggi, chi si interessa ai contenuti senza sentirsi coinvolto, chi bada tanto alla forma quanto ai contenuti, chi tenta di fornire interpretazioni personali, chi secondo una particolare chiave di lettura...
Ciò che ci emoziona in un opera è ciò che la nostra mente le associa, non l'opera in sé.
Alcune domande che mi pongo sempre, e che sempre mi sono posto, sono: “In che modo si applica a me? Alle mie esperienze? Alla società in cui vivo?”.
A mio avviso queste sono delle possibili chiavi per interpretare un'opera in modo personale e metabolizzarne i contenuti, assimilarne i messaggi e sfruttarli per crescere. Un'opera sentita come propria vale più di migliaia di capolavori percepiti come distanti e sterili. La creatività è una pianta, i cui semi sono le opere, trasportate su diversi terreni, le menti. A volte questi semi attecchiscono, e l'opera ci parla, ci istruisce e ci guida attraverso un percorso di conoscenza, interpretazione e crescita; a volte invece tutto ciò che ci resta di un opera è il supporto sulla quale ci è pervenuta.
Molti semi hanno germinato nella mia mente, troppi e tutti importanti perché io possa selezionarne uno in particolare e analizzarlo in questo elaborato, tuttavia mi sento in dovere di nominarne alcuni, anche perché la cultura è una ricchezza che non ha valore se tenuta segregata. 1984, di George Orwell, al tempo della prima pubblicazione, sembrava un lavoro puramente di fantasia, qualcosa di distopico e irrealizzabile. Oggi, invece, la realtà assomiglia sempre più alla finzione. Il libro parla di un governo totalitario, che tiene il potere tramite sorveglianza, paura e manipolazione dell'informazione. Non è necessario che tenti di illustrare come la politica del Terrore abbia preso piede nel futuro recente, specialmente negli ultimi sette anni. Alcuni episodi, come l'annuncio della vittoria di G.W. Bush su Al Gore in Florida da parte di Fox News durante le elezioni presidenziali del 2000, annuncio avvenuto quando lo spoglio delle schede elettorali non solo era ancora in corso, ma oltretutto vedeva in vantaggio Gore, ci permettono di capire come sia facile dare notizie non propriamente corrette. Recentemente in un paese esportatore di democrazia di cui non ho intenzione di fare il nome sono passate misure che molti hanno definito fasciste, per la precisione il Patriot Act e il Military Commission Act, che vedono tra i vari commi la depenalizzazione delle violazioni della Convenzione di Ginevra relative alle torture, la sospensione dell'habeas corpus e la carcerazione preventiva senza una precisa accusa, diritto a un processo o a un legale. In un altro paese assai più vicino a noi simili poteri sono garantiti dalla Civil Contingencies Bill. In questo stesso paese un cittadino viene ripreso da telecamere a circuito chiuso, CCTV per amor di brevità, circa trecento volte al giorno. Alla luce di questi fatti 1984 sembra ancora distopico?
Sullo stesso argomento si possono trovare altre opere, come l'album Year Zero, dei Nine Inch Nails, o, in un'ottica traslata, la serie televisiva 24, con Kiefer Sutherland. Beauty is the beast, la bellezza è la bestia. O almeno così cantano i The Ark. In questa canzone tratta dall'album In Lust We Trust il gruppo svedese accusa la bellezza di avere condannato a morte un ingente numero di individui. Forse affermare ciò è esagerato, ma la campagna pubblicitaria che ritraeva una fanciulla anoressica ha fatto discutere per un periodo relativamente lungo, e casi legati all'abuso di steroidi sono tanto comuni quanto gli incidenti d'auto.
I modelli di bellezza che abbiamo sono delle veline dalla corporatura di uno stuzzicadenti e dei calciatori allenati e ben piantati che però fanno tanto pensare ai nostri scimmieschi antenati appena aprono bocca.
Come afferma Oscar Wilde ne Il Ritratto di Dorian Gray, la bellezza è passeggera. Vale la pena farsi del male per inseguirla ad ogni costo?
The Catcher in the Rye, a noi noto come Il Giovane Holden è un'ottima rappresentazione di un giovane alla ricerca di se stesso, di uno scopo, sballottato tra la pressione del gruppo, l'avvicinamento al gentil sesso, l'ombra del fratello e la famiglia. Il viaggio che lui compie fisicamente a New York è allegoria del percorso di crescita che compie. Per un adolescente è interessante rapportarsi con il personaggio di Holden, confrontare la propria situazione con la sua, analizzare gli avvenimenti del romanzo e rielaborarli in chiave personale.
Ogni testo, ogni suono, ogni immagine è spunto per una riflessione, per un'elaborazione o magari per un'opera nuova: sta a noi coglierli e sfruttarli, in modo che queste opportunità non vadano sprecate.
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