Un'esperienza di lettura
Cercherò di tradurre le sensazioni, le emozioni e i pensieri che mi colgono quando leggo Sono una creatura del bravissimo Giuseppe Ungaretti. Premetto che non è cosa facile raccontare dei sentimenti o delle emozioni, ma farò del mio meglio per rendere almeno vagamente chiaro quello che provo. Ciò che scriverò non potrà mai essere come ciò che sento, per cui se scrivo cose che possono apparire insensate è perché quelle emozioni risultano intraducibili nella lingua umana.
Sono una creatura
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
Così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo
È un sentimento profondo quello che provo quando leggo questa poesia, tant'è che riesco poco a scriverne. Come tutti saprete Ungaretti fu soldato, e questa poesia la scrisse proprio in un momento di difficoltà: pensare a quello che pativano quei ragazzi-soldato, a quello che pensavano, a quello che vedevano, mi fa fantasticare fino a immedesimarmi in uno di loro, fino a essere un compagno di guerra di Ungaretti.
La povertà, le avventure, spesso non piacevoli, e la solitudine interiore, mi fanno sentire stranamente antipatico e viziato al confronto di chi, non per volere ma per dovere, è costretto a stare sul fronte ad aspettare l'ultima ora, che presto o tardi arriva. Immagino Ungaretti triste e allegro: le poesie e il suo stile di scrittura appaiono sicuramente pessimiste, ma la forza di scriverle credo l'abbiano reso più felice di quanto non sarebbe stato senza averlo fatto. Un fremito è l'espressione più adatta che riesco a trovare per descrivere la sensazione che ho quando giungo al secondo verso, un fremito e nient'altro.
In questa poesia Ungaretti narra di come sia dura la sua vita, di come pianga, non cogli occhi, ma con il cuore. Il suo cuore così ferito e provato che mai si riprenderà dagli orrori della guerra, gli pare una pietra, una pietra del San Michele: luogo dove consumò parte delle sue sanguinose battaglie. L'essenza della vita, il pianto, che è così importante per l'uomo, a Ungaretti viene tolto anche questo, e non gli rimane altro che piangere col cuore, la possibilità di sfogarsi apertamente con il mondo gli viene tolta, e quindi si rimane in una vasta e infinita solitudine bagnata dalle lacrime del cuore.
La sua sensibilità della sofferenza della vita (che comprendo) gli permise di osservare il lato della vita non rose e fiori, e di dare alle sue poesie un qualcosa che le rendono capaci di trasmettere esattamente ciò che lui vuole dire.
In mezzo alle granate nemiche Ungaretti sopravvive, non come noi con i videogiochi, ma sopravvive realmente.
Senza checkpoint, senza livelli di difficoltà; ma con il solo aiuto dell'intelligenza, e si dobbiamo dirlo, anche della fortuna. Nessun riavvia livello, nessun gioco in pausa nessuna password, ma solo la fede in se stessi, la fede nel futuro, e la speranza di una vita migliore.
La banalizzazione della guerra svaluta ciò che veramente odora di essa. L'ultimo verso mi appare limpido e semplice, e mi fa sentire sicuro delle domande senza risposte: e se qualcuno ora mi chiedesse cos'è la morte, io gli risponderei che è il premio che si riceve dopo la vita; non perché lo dica Ungaretti, ma perché Ungaretti fu il primo a cogliere questo pensiero e a diffonderlo tra le persone per mezzo della poesia; fu il primo soprattutto a guardare con occhio più oggettivo le sofferenze della vita. Fu il primo a ispirarmi fiducia e simpatia per il suo modo di raccontare la verità.
Come sapevo già dall'inizio non sono riuscito a dare l'idea delle emozioni, ma spero di essere stato capace di comunicarle anche a voi e invito tutti a fare delle riflessioni su questa poesia analizzandola a fondo e ad accorgervi che non è per niente facile e semplice come può sembrare a prima vista nonostante la sua brevità.
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