Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
11ª edizione - (2008)

Oltre la lettura

Gli occhi contemplarono in silenzio il paesaggio, immenso, che si estendeva al di sotto di essi per almeno un centinaio di ettari, fino a sparire nel nulla, all'orizzonte, fin dove l'umana vista non poteva arrivare.
 Il mio sguardo s'illuminò, spostandosi a scrutare il ragazzo che mi stava accanto. I suoi capelli castani oscillavano al lieve soffio della brezza notturna, ma lui non se ne curò minimamente e continuò a rivolgere la sua attenzione al panorama sottostante.
 Sono arrivato.
 Il suo nervosismo mi contagiò e la sua eccitazione mi provocò un brivido; tali sensazioni suscitarono in me una sete di conoscenza sempre più viva. Voglia di conoscere il seguito, di vedere quello che sarebbe accaduto dopo.
 Per un attimo ritrovai il senso del tatto, quando le mie dita si posarono freneticamente sulla ruvida carta, per poi catapultarmi nuovamente in sua compagnia. Ci ritrovammo in una cittadina silenziosa e immobile, illuminata di tanto in tanto da un fascio di luce bianca e soffusa; la luna, alta nel cielo, creava effetti spettrali sbucando da dietro le nuvole. Ogni tanto il tetro silenzio veniva squarciato da piccoli rumori: il miagolio di un gatto, il lontano ululato di un lupo, il cigolio di una finestra; a ognuno di questi egli sussultava, ma dopo un primo attimo di smarrimento ritrovava la giusta determinazione per andare avanti.
 Come al solito, egli ignorò la mia presenza e, avvantaggiato dalla statura minuta, sfrecciò tra i vicoli e le casupole del villaggio, con la velocità e la scaltrezza d'un felino. Non ebbi bisogno di muovere un muscolo perché i miei occhi riuscissero a vederlo e, allo stesso modo, non dovetti domandargli nulla per conoscere la sua meta e le sue intenzioni.
 Si mosse cauto verso il centro della cittadina, sbucando, dopo qualche minuto, in una piazza deserta sulla quale si affacciava un imponente edificio. Sebbene mi desse le spalle, non feci fatica a distinguere, sul suo viso illuminato dalla luna, un sorriso di soddisfazione che gli incurvava le labbra.
 La sua felicità fu la mia e, non appena mosse dei passi per intrufolarsi nell'edificio, io nuovamente lo seguii per non perdermi lo svilupparsi della vicenda.
 In un attimo, che durò nemmeno un battito di ciglia, lo scenario mutò. Non fu necessario guardarmi in giro per comprendere dove mi trovassi: al contrario, più ne prendevo consapevolezza, più l'ambiente attorno a me si faceva nitido. Riconobbi ancora lui e, inconsapevolmente, mi lasciai sfuggire un sorriso, che però non avrebbe mai visto.
 Egli era una di quelle persone che, attraverso poco inchiostro su carta, sembra di conoscere da una vita, di aver sempre conosciuto. Con solo poco inchiostro, lui non avrebbe più avuto segreti per me e qualsiasi sua emozione sarebbe stata mia.
 Lo seguii con lo sguardo mentre attraversava nervosamente il corridoio del grande palazzo, finché non arrivò a una stretta scaletta, che lo avrebbe condotto alla sua meta. Cominciò a scendere lentamente, in guardia dagli eventuali soldati che avrebbero potuto sorprenderlo; poi, per un istante, tutto si bloccò.
 Ancora una volta voltai pagina e tutto riprese vita. Mi immersi nell'altro mondo, di nuovo, dove la mia presenza sarebbe rimasta ignota a chiunque, ma avrei potuto seguire gli avvenimenti in ogni minimo dettaglio.
 Le pareti fredde e inospitali delle segrete scorsero sotto le dita tremanti di lui, mentre proseguiva guardingo verso le celle più lontane. La scala a chiocciola lo portò, infine, a una porticina socchiusa, dietro la quale provenivano alcune voci. Egli si fermò a origliare, accostandosi dietro l'uscio e sbirciando dalla fessura; di conseguenza, anch'io fui in grado di udire ogni parola: venimmo a conoscenza di informazioni decisamente interessanti.
 L'eccitazione del ragazzo crebbe incredibilmente: quello che stava cercando si trovava al di là di quella piccola porticina, sebbene degli ostacoli lo separavano dal suo obiettivo! All'improvviso, egli si voltò di scatto e cominciò a risalire le scale velocemente per darsi alla fuga. Inconsciamente, mi portai una mano alla bocca e trattenni il fiato. Una luce brillò nei miei occhi, mentre la sottile carta scivolava sotto il mio indice e io mi interessavo sempre di più a quello che sarebbe stato il suo destino. Esso mi stava a cuore come se si trattasse di un mio amico d'infanzia. Ero arrivata a conoscerlo bene come se fossi sua sorella, se non addirittura una parte di lui; arrivata a quel punto, non sarei mai potuta rimanere indifferente al suo futuro.
 Dietro la porticina c'era un'aria movimentata; poi, un punto fermo bloccò di nuovo tutto. Voci, rumori e movimenti si bloccarono finché non voltai pagina e ripresi la lettura.
 Egli era in preda al panico; la mano destra, salda sull'elsa, agitava la spada contro i soldati che lo avevano scoperto, stridendo contro le lame altrui. Mi spaventai, temendo per la sua incolumità, ma fortunatamente dopo pochi istanti di lotta contro le braccia allenate ed esperte dei nemici, le sue gambe si mossero, con uno scatto felino, e ripresero la fuga.
 Lo scenario ancora una volta si offuscò, fino a scomparire, per poi mutare in una strada ormai buia. Vidi lui che arrivava verso di me correndo a perdifiato, finché non rallentò, sicuro di non essere più seguito; stava correndo talmente veloce che fece fatica a fermarsi. Quando finalmente fu fermo le sue gambe cedettero sotto lo sforzo; le parole udite là dentro, dietro la porticina di legno del piano più basso delle segrete, continuavano a ronzargli in testa, sempre più insistenti, procurandogli immenso dolore. I muscoli dolenti delle gambe e il dolore della milza, al confronto, sembravano un fastidio insignificante e trascurabile.
 Sorrisi, comprendendo i suoi sentimenti; in fondo, la sua ragione di vita, la cosa più importante di ogni altra, quella fanciulla, era rimasta nell'edificio. Non era riuscito a salvarla.
 Ogni volta che si leggere un libro fantasy, inevitabilmente, dietro all'affascinante trama, tra elfi, fate e troll, si trova una storia d'amore. E sempre, inevitabilmente, il lettore finisce per appassionarsi a quell'amore, non sempre esplicito, sperando che vada a buon fine. Soprattutto se si trattava di una ragazza.
All'improvviso, sebbene il mio sguardo si spostò appena di un paio di centimetri, mi ritrovai in una stanza, distante chilometri dal buio vicolo nel quale si era fermato il ragazzo, piangente.
Lo vidi, seduto sul letto, a torso nudo, indaffarato con i lacci delle complesse vesti medioevali; sorrisi, e questa volta fu un sorriso di apprezzamento. Per una lettrice adolescente, era inevitabile anche immaginarsi un protagonista che non fosse di bell'aspetto, a prescindere da qualsiasi descrizione, anche quella più dettagliata.
 Una volta pronto, egli si diresse verso la porta d'ingresso; prima di uscire, controllò di avere appresso tutto l'equipaggiamento necessario per quella piccola escursione notturna, poi si dileguò oltre la soglia.
Lo seguii, ancora senza muovere un passo, mentre valutava circospetto le vie deserte. Quando fu certo che non ci fossero estranei, scattò in avanti e cominciò a correre con la sua consueta agilità. Mi sembrò quasi che le scene si stessero ripetendo. E ancora sfrecciò in quel labirinto di vicoli bui, per poi arrivare alla piazzetta illuminata dalla luce bianca della luna.
 Il ragazzo alzò il capo, visibilmente teso e preoccupato, poi si avviò verso l'edificio.
 Questa volta fu tutto più veloce: ci ritrovammo in pochi istanti davanti a quella piccola, cupa e fredda porticina in fondo alle segrete, dove il tempo sembrò rallentare. Con molta cautela, egli verificò che la via fosse libera e solo quando ne ebbe l'assoluta certezza tese la mano tremante, ma pur sempre decisa, verso la maniglia. La sua agitazione non mi sfuggì: potevo sentire i battiti del suo cuore come se fossero i miei.
 Quando aprì la porta rabbrividì, investito dal freddo e dal forte odore di chiuso; le pareti erano grigie, cupe e inospitali, tanto minacciose da incutere timore. Avanzò nello stretto corridoio, titubante, fino ad arrivare all'angolo più nascosto di quel luogo tetro. Lì i suoi occhi, sforzandosi, distinsero una figura rannicchiata, che prese a tremare non appena si accorse dell'intruso.
 Egli si avvicinò ancora, esitando, finché non riconobbe la figura di lei. La ragazza alzò il capo, col volto spaventato e un evidente terrore negli occhi. Parve riconoscere lui, perché sorrise e la gioia sostituì la paura.
 Egli le si avvicinò, poi si chinò per posare delicatamente la sua mano sulla candida guancia della fanciulla, che sussultò al leggero tocco e gli buttò le braccia al collo. Sentii la preoccupazione di lui alleviarsi, lasciare posto a un più profondo sollievo, mentre le lacrime di lei gli inumidivano il volto.
 La strinse a sé, ripromettendosi che questa volta più nulla e nessuno li avrebbe potuti separare. Poi i corpi dei due ragazzi, che si erano uniti in uno solo, si sciolsero lentamente, ma rimasero sempre mano nella mano, come se fossero legati da un nodo indissolubile, da una corda che d'ora in poi non si sarebbe più spezzata.
 A questo punto, era quasi sempre inevitabile per una lettrice adolescente emozionarsi ed esultare tra sé; normalmente, una scena del genere la si attende dall'inizio del libro.
 Le loro dita rimasero unite anche nella fuga, che lui, ormai esperto, avrebbe reso molto facile.
 Questa volta non li seguii. Li lasciai sparire oltre l'orizzonte, per poi far svanire ogni cosa attorno a me. Chiusi il libro, sospirando, e mi sentii come se fossi stata strappata da un mondo, un altro luogo, nel quale da tempo avevo messo radici. Mi distesi sul letto e sorrisi.
 Incredibile quali cose l'immaginazione era in grado di creare.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010