Un incontro straordinario
Grandi tappeti rosso fuoco, acceso, dal tono vivo con decorazioni ricamate blu e rifiniture verdi (che intrecciandosi davano vita quasi come fosse un gioco a variegate e stravaganti sequenze ritmiche di sfumatura orientale) ricoprivano il parquet in legno chiaro lasciando scoperti solamente alcuni brevi tratti, lunghe linee più o meno spesse che facevano intravedere i tasselli color noce disposti l’uno dietro l’altro a lisca di pesce.
Il colore rosa antico, cipria, quasi sbiadito dal passare degli anni, dominava e ricopriva le pareti che circondavano la stanza. La tinteggiatura proseguiva verso l’alto ricoprendo quasi la totalità dei muri, essa, però, si fermava verso la parte più vicina al soffitto dove si faceva spazio una banda bianca, candida, separata dalla sfumatura rosea tramite una specie di orlo, una sorta di rifinitura in rilievo che vedeva alternarsi forme simili a conchiglie di colore perlato e dorato, queste contribuivano a rendere luminoso l’ambiente. Tutto emanava eleganza, dando un senso di quiete e tranquillità.
Verso il fondo della camera poste esattamente a metà posavano due poltrone perfettamente identiche. Suggerivano una sfarzosa bellezza di altri tempi. La struttura era di legno lavorato minuziosamente a mano, con raffinati particolari, a ciò però veniva in contrasto la fodera rigata, a strisce bianche e sui diversi toni del verde, da uno più chiaro che ricordava il colore cristallino dell’acqua alla sfumatura decisamente scura che assumono gli aghi del pino verso l’arrivo dell’autunno (anche queste, però, avevano un’aria consumata, dal loro tessuto si poteva supporre, che esse avessero avuto una vita lunga e intensa, di chi accoglie per ore e ore un buon lettore di libri appassionato).
A sinistra un camino del colore delle pareti si sosteneva e, difronte a esso, si potevano osservare un tavolino da sala e due divani. Questi ultimi due elementi si concepivano in contraddizione con la stanza, erano in pelle, grigi con un design moderno. Sopra il tavolino giaceva un vassoio argentato ricoperto da un centrino di pizzo perfettamente concentrico alla forma sul quale era poggiato. Questo si faceva portatore di un servizio da tè in argento. All’occhio risultava assolutamente raffinato, grazioso, preso per essere utilizzato in occasioni importanti, con ospiti d’onore o per completare la perfetta armonia della casa. L’argento risultava forse un po’ lievemente ingiallito a causa del passare degli anni, ciò non toglieva nulla alla sua perfetta figura.
Esattamente dietro le siede del soggiorno si stagliava una grossa libreria, imponente, ordinata, fiera. I libri da essa contenuti erano sistemati ordinatamente strettamente superbamente uniti tra loro senza lasciare il minimo spazio. Divisi per dimensione, categoria, collana ed edizione alti, spessi e rilegati da copertine in pelle color caffè, conferivano la percezione di una conoscenza assoluta, una stanza dove era relegato il centro del sapere.
La luce intensa di colore giallo caldo colpiva le finestre attraversandole e proiettando sul pavimento due lunghi rettangoli luminosi che percorrevano tutta la sala fino a culminare difronte al divano in pelle dove noi eravamo seduti. La vista proiettata sul giardino era alquanto suggestiva, si vedeva un enorme prato verde decorato con vie fatte da bianchi sassolini ammucchiati in modo uniforme, statue dalla apparenza antiche di angeli, alberi folti verdi con grandi foglie, cespugli in quantità notevoli, ma l’assoluto protagonista era un pesco in fiore che sembrava accogliere la tua persona in un mondo nuovo, diverso, speciale che si potrebbe facilmente ricondurre al paradiso.
Difronte a noi seduta su una delle due sedie centrali vi era una donna, Vanda, di circa novant’anni, una signora ancora vispa, attiva, solamente la vista un po’ annebbiata mostrava segni di invecchiamento che con amarezza le impediva di leggere. Noi la sentivamo parlare come spettatori in un mondo moderno che si affacciano alla vita di un tempo, su un uomo, il suo uomo: Eugenio Corti. Dalle sue parole e dalla espressione dei suoi occhi si evinceva la genialità dell’amato poeta, la fierezza e la nostalgia per colui che fu e nel suo cuore è.
Siamo rimasti seduti a parlare tutto un soleggiato pomeriggio di marzo, ma avremmo potuto continuare a immergerci sempre di più nella vita dello scrittore per giorni, in modo incontrastato, a oltranza. Improvvisamente non c’era più stanchezza per il giorno vissuto, non più noia, non più preoccupazione. Tutto il racconto portava solo all’emergere dello straordinario desiderio di una conoscenza maggiore, famigliare, profonda nei confronti del prosatore.
La signora Vanda, nei suoi modi raffinati e accurati, non ometteva dettagli, pensieri, difficoltà e ciò ci permetteva di comprenderlo fino in fondo e di farci un’idea, seppur minima, del suo immenso cuore.
Un uomo con un carattere deciso, forte, ma non arrogante e severo, anzi tutt’altro, una persona buona, gioiosa e con tanta voglia di vivere. Al suo interno si racchiudono sentimenti e atteggiamenti che sembrerebbero quasi contrastanti, ma che rivelano, conciliandosi, una singolare armonia.
Il viaggio in Russia, meta tanto desiderata, rappresentava per lui un luogo da raggiungere, un posto che trasformerà in magnifici scenari e ambientazioni all’interno dei suoi scritti: non si sapeva esattamente cosa lo attraesse di quello stato, forse la storia.
Fu uno studente e uno studioso, un soldato, un osservatore; Eugenio sapeva bene ciò che voleva essere e ciò che doveva diventare: uno scrittore, ed era ostinato a compierlo! Andò sempre contro la volontà del padre il desiderio del quale era che egli lavorasse nella sua azienda, un lavoro certo, affidabile, sicuro, ma che non corrispondeva con la sua persona, con il suo essere, con la sua immensa ambizione (o desiderio) di conoscenza del mondo.
Tutte qualità (determinazione, decisione, desiderio, curiosità…) di un uomo mosso da saldi principi, forti ideali: difendere la Chiesa era il suo scopo, era il suo obbiettivo e ciò che lo accompagna in tutti i suoi momenti da quelli forse più crudi e difficili della guerra a quelli più felici in famiglia. Per niente di meno egli spese la sua nobile vita.
D’altra parte, però, si evinceva dai racconti di Vanda, un uomo dal carattere solare, allegro, vivace, sempre pronto a scherzare, ci teneva a condividere le sue molteplici avventure, a raccontare la sua intensa esistenza a tutti coloro che si mostravano sinceramente interessati. Eugenio Corti era gioioso nei rapporti con le altre persone, colui con il quale non solo si passa una piacevole compagnia, ma nei confronti del quale accresce un sentimento di grande stima.
«Spesso quando io ed Eugenio sentivamo parlare qualcuno» riferisce Vanda con un grande sorriso sulle labbra «nelle cose che ai mei occhi, come agli occhi di tutti, potevano sembrare banali, a volte addirittura insensate, lui riusciva a coglierne la bellezza, la verità, l’autenticità e gli risuonavano assolutamente interessanti». Uno sguardo aperto sulla vita, uno sguardo vero, uno sguardo di meraviglia verso ciò che gli sta difronte, è forse questa la peculiarità che lo rende interessante e soprattutto affascinante.
Chi non vorrebbe questo sguardo sulla propria vita? Chi non vorrebbe essere guardato così?
Con queste domande sono uscita dalla casa di Eugenio Corti. Il desiderio di conoscerlo non era cessato, non era stata saziata la mia sete di sapere, avevo incontrato un uomo, un artista, un poeta e ora voglio vedere il mondo come lui lo vedeva e scoprire sempre più quali meraviglie la vita cela nel suo complicato andare.
Così mi allontanavo non da una abitazione, un edificio, un luogo, ma da una dimora, quella di uno scrittore, la sua casa a cui era molto affezionato, dove furono concepiti intrecci di parole straordinarie, capolavori assoluti.
Questa è la mia esperienza di lettura, lettura dell’esperienza stessa.
»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni