Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
20ª edizione - (2017)

Vola come un artista, colpisci come un poeta

Le mie sere sfociavano spesso nel degrado più totale. Mi ritrovavo sempre in qualche strana situazione, talvolta al limite della decenza, talvolta sul confine della più pura arte. È certo che non mi annoiavo praticamente mai, avevo sempre una Moretti in una mano e un proposito nell’altra. Era bella la fama che mi ero guadagnato: ero il nichilista per antonomasia nel mio quartiere, schizzavo senza indugi dalle piazze infestate di drogati alle mostre d’arte e questo mi aveva donato la capacità di saper conversare con ogni tipo di persona, conquistandomi la stima sia della gente di strada che degli artisti snob con la puzza sotto il naso. Questo, perché un vero scrittore non può permettersi di cadere nella routine, di precludersi una qualche via, deve sempre cercare nuove emozioni e storie da raccontare. Ogni circostanza offerta dalla vita è un possibile racconto, una possibile poesia, un possibile romanzo e spesso queste opportunità le trovi più tra i vicoletti di città che nei circoli di letteratura, ricolmi come sono di poeti depressi assetati di stimoli.
Mi atteggiavo sempre da misantropo, da solitario, non potevo certo apparire un debole o la strada mi avrebbe fagocitato senza nemmeno darmi il tempo di rendermene conto. Ma questa pareva amarmi, avermi capito, essere entrata in sintonia con me. Non ero però un ragazzo di strada, sia chiaro, semplicemente mi incantava conoscere le storie di chi viveva senza pretese e adoravo scriverle e d’altro canto, a loro volta, i veri ragazzi di strada erano incantati da me, dalla mia scrittura e dal mio stile di vita. Probabilmente, perché ero una sorta di ape che impollinava le piazzette delle piccole città: raccoglievo avventure e le portavo con me ovunque mi posassi, impollinando di storie i marciapiedi. Quando passavo dai ragazzi che giocavano a calcio nei giardinetti periferici alla città, erano sempre complimenti e strette di mano: si preoccupavano di me e della mia carriera, mi offrivano da bere e si sedevano ad ascoltare le mie storie.
«Charly! Come va?», urlavano in coro.
«We ragazzi! Bene voi?»
«Che ci fai qui? Sei a caccia di storie?», chiese qualcuno.
«Come sempre».
Vidi che in mezzo al gruppo quella sera c’era una ragazza, lei riuscì a incrociare il mio sguardo oltre la piccola folla e con faccia sbalordita mi corse incontro.
«Charly! Sei tu? Ti ricordi di me?»
«Ehm, no».
«Sono Aurora!»
«No, non mi ricordo».
«L’amica di Noemi».
«Ah sì!» (Continuavo a non ricordare).
«Ho sentito che scrivi».
«Sì, scrivo per una rivista e poi per i fatti miei scrivo di ogni cosa».
«Storie?»
«Sì sì».
«Anche io scrivo».
«Ah davvero?»
«Sì, ho scritto un romanzo».
«Figo. Di che parla? Vuoi un goccio di birra?»
«Sì grazie, comunque parla di una storia d’amore».
«Ah» (si legga: “che palle”).
«Sì, ma è una sorta di autobiografia, una mia esperienza personale ma un po’ romanzata».
«Interessante…».
«La protagonista, Arianna, si innamora di un ragazzo che la tratta davvero di mer…».
«Ah, bello! Vuoi un altro po’ di birra?»
Cercavo di mettere fine al racconto della mia interlocutrice, ma, ahimè, senza successo.
«No, no grazie. Comunque, questa si innamora di lui, poi lei inizia ad avere incubi, paranoie…».
«Autobiografico quindi?»
«Sì, più o meno sì, ma sta diventando un po’ trash, un po’ bruttino, perciò devo fare qualche modifica».
«Capisco…».
«Tu invece?»
«Guarda, solitamente vado sempre in giro con i miei quaderni, proprio oggi non li ho, se no ti avrei letto qualcosa».
«Vai in giro con i quaderni?»
«Ovviamente! Metti che accada qualcosa degna di essere scritta, devo subito immortalarla sulla carta, finché è ancora fresca».
«Ma io ti amo!»- E mi abbracciò.
«Non so come tu faccia Charly, io non riesco a scrivere a mano».
Mi si gelò il sangue.
«Come no?»
«Eh no, non riesco, scrivo solo sul pc».
«Scrivere a mano è tutta un’altra cosa! Si crea uno scambio di energia che fluisce dal tuo sangue all’inchiostro, per poi realizzarsi sulla carta! Tutta un’altra cosa…».
«Sì hai ragione, ma non riesco».
«Va beh!».
Uno dei ragazzi ci interruppe: «Poeta, ci stai monopolizzando la serata!».
Infatti erano rimasti tutti intorno a noi ad ascoltare la nostra conversazione.
«Dai ragazzi, sparite. Non voglio monopolizzarvi la serata, vi frego solo Aurora».
«Aurora anche tu, staccati», le disse qualcuno.
«Ma no! Tra me e Charly si è instaurato un legame mentale».
«Lasciatemela pure qui un altro po’, mica la stupro!».
Tutti scoppiarono a ridere, si alzarono e tornarono a giocare a calcio nel piazzale davanti a noi, Aurora rimase invece lì a parlarmi.
Era tenera, si atteggiava a scrittrice sofferente quando era solo una ragazzina con poco da fare.
In fin dei conti ormai scrivere è piuttosto di moda, basta osservare il pullulare di presunti poeti sui social network.
Ma la scrittura non è una cosa per tutti.
Non è una cavolata scrivere.
Puoi scrivere di cavolate, ma la scrittura in sé è elevata forma di esplorazione della propria persona e della realtà stessa. Non consiglierei mai a nessuno di divenire uno scrittore. Fortuna che non lo sono. Non è un mestiere, è una continua lotta per la sopravvivenza. Se decidi di fare della scrittura la tua vita, devi scrivere o morire e per scrivere devi vivere. È un circolo vizioso. Un vero scrittore non può lasciare che tutto si realizzi esclusivamente nella sua testa o non sarà sincero e si sentirà. Uno scrittore deve essere prima di tutto un uomo vivo, cercare continuamente l’adrenalina e la più intensa, logorante, emozione, altrimenti presto la sua penna si accascerà stanca e annoiata, senza più nulla da dire. Deve, lo scrittore, saper descrivere un bacio come una battaglia, uno sguardo come un colpo di pistola, trasformare un letto in un mare in tempesta e vedere in una goccia d’acqua il creato intero.
Per farlo deve saper vedere e per vedere devi avere gli occhi aperti, “per non dormire”.
Non puoi riposare, andare in ferie, andare in bagno tranquillo, senza aspettarti che da un momento all’altro la Musa verrà a reclamare la tua attenzione. Devi essere sveglio, scazzottarti con l’esistenza e raccogliere ogni dente caduto, ogni goccia di sangue, per mutarlo in una grande storia.
Ecco, essere uno scrittore è un incontro di pugilato con la vita, una volta iniziato non puoi far altro che tentare di rimanere in piedi il più possibile, tirando pugni, che poi sono parole e versi, e aspettando di aver perso ogni energia così da cadere irrimediabilmente al suolo.
E morire. Come tutti.
I veri artisti fanno però un bell’incontro, la massacrano la vita.
E cadono con fragore.
Gli altri invece colpiscono a caso, come fosse una rissa di strada, e perdono subito.
«Senti Aurora, ora vado a prendere un’altra birra, ci vediamo».
«Ah, ok».
«Se ti va cercami su Facebook e fammi leggere qualcosa di tuo».
«Sarebbe fantastico».
Presi, salutai tutti e me ne andai, in cerca di qualche nuova occasione.
In attesa del prossimo round.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010