Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
20ª edizione - (2017)

Lei

Teneva strette le sue minuscole gambe, piegate verso di lei in segno di protezione, di affetto verso se stessa. Non riusciva a sentire cosa stesse accadendo intorno a lei da quanto singhiozzava forte, a volte si fermava, tendeva l’udito per cercare di capire se qualcuno fosse entrato in casa e la potesse sentire, tempo di tranquillizzarsi che quel pensiero sempre incombente su di lei la richiamava all’ansia, alla tristezza e alla solitudine. Lacrime amare scorrevano sulle sue paffute guance e non terminavano mai, nonostante ci provasse a fermarle.
Sentì dei rumori provenire dalla porta di ingresso, erano i suoi genitori che dopo una lunga ed estenuante giornata lavorativa tornavano a casa per rilassarsi, non per sentire i suoi problemi da adolescente immatura.
Scese dalle scalette che la portavano nella tetra ma silenziosa soffitta che sopportava ogni suo pianto, si diresse verso la sua cameretta per specchiarsi e vedere in che stato era conciata: la sua parte del corpo preferita, gli occhi, di color ghiaccio, erano rovinati dal rossore del singhiozzo, il mascara non occupava più il suo posto prediletto ma sporcava gli zigomi col suo macabro nero, il rossetto rosso sangue era sbavato e il suo felpone blu, in parte, bagnato dalle sue lacrime; si fissò per almeno due minuti senza nemmeno un battito di ciglia che interrompesse la visione della sua infelice persona.
Chiuse gli occhi per mezzo minuto, cercando di riprendersi dalla sua eterna malinconia, prese lo struccante, si spazzolò i capelli biondi arruffati e si mise il pigiama. Prima di andare in cucina facendo finta che nulla fosse successo, si fermò, nuovamente, davanti allo specchio provando il sorriso più efficace che potesse mostrare. Quando le parve abbastanza convincente si diresse verso di loro salutandoli.
La mamma quella sera, o meglio, come quasi tutte le sere, per la sua stanchezza, preferiva ordinare d’asporto; quel giorno si decise la pizza. Papà si sedette sul divano in attesa dell’inizio della partita di calcio e della pizza: una buona accoppiata. Una volta arrivata, lei, silenziosamente, si spostò nella sua cameretta dove mangiò una fetta e, le restanti, le buttò pur di non mangiarle controvoglia.
Non aveva più fame da molti mesi, mangiava poco, giusto per avere le forze di camminare fino a scuola e avere un mini-dialogo, quando era possibile, con i propri genitori o, raramente, con i propri parenti.
Gli amici li aveva, ma per un motivo inspiegabile si erano allontanati da lei, lasciandola con se stessa e senza un appoggio a cui aggrapparsi. Per mesi aveva sopportato, ma ormai il peso del proprio dolore era troppo forte per resistere: si sentiva così sola, nonostante avesse delle persone accanto a lei. La propria angoscia era opprimente in ogni istante della sua vita, le lacrime erano come un fiume senza tregua, i pensieri cercavano di non sostare troppo a lungo nell’unica via che avrebbe risolto ogni cosa: avrebbe potuto prendere solo qualche pillola e tutto sarebbe svanito, tutto d’un colpo, senza più problemi.
Quella sera pensò che la causa di tutto ciò che le stava accadendo fosse solo lei, poiché ognuno ottiene ciò che merita; si avvicinò all’armadietto bianco, vicino allo specchio del suo bagno privato, si guardò allo specchio, cercando di riflettere su ciò che stava per fare: gli occhi, nuovamente iniettati di rosso, lacrime che sgorgavano, la lametta in mano, il pensiero fisso sulla sua tristezza assoluta, sul suo abbandono a se stessa. Pensò che forse il suo pensiero fosse sbagliato, che magari in futuro sarebbe stata felice, probabilmente anche domani se non avesse compiuto quel gesto che avrebbe fatto terminare tutto.
Riempì la vasca piena d’acqua, si spogliò, entrò e accese una sigaretta. Mentre vedeva il fumo che colmava la stanza si sentiva morire dentro, nessuno poteva capirla o, meglio, nessuno voleva capirla.
Vide la lametta appoggiata sul bordo della vasca e piangendo disperata puntò entrambi i polsi, con un taglio profondo e doloroso, pensò che non fosse abbastanza così la passò in più punti e una volta sfinita si lasciò andare.
Vide la sua vita tutta di un colpo, i suoi singhiozzi diminuirono, i suoi occhi si rasserenarono insieme al suo viso e al suo quieto sorriso, mentre il sangue scorreva insieme all’acqua stagnante nella vasca, i suoi occhi si spensero e smise di vivere.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010