Silenzio di cittą
In casa Ruggero non si sentono tanti rumori.
È nel momento in cui rincasano il signore e la signora che inizia il trambusto.
Opportuno è precisare che la quotidianità non è molto fedele e che lo scenario è piuttosto variabile.
Quando la signora entra in casa è ben chiaro capire cosa sta facendo, dove si trova e talvolta anche il suo umore a pochi metri da lei. Al contrario suo marito è inavvertibile, con passo felpato percorre la casa. A tradirlo è il suo istinto sociale verso i figli che quasi sempre rispondono.
– Ciao Gloria! Ciao Francy! – dice.
Più l’ora di cena si avvicina più i rumori si intensificano e le interazioni si complicano.
I minuti prima della cena sono il culmine, principalmente per avvisare che il cibo è pronto.
– È pronto! – si sente dalla cucina.
– Fra’, vieni ch’è pronto! – dice la figlia a suo fratello.
– Se veniste, mangeremmo – afferma il padre ancora dalla cucina.
– Ma’, vedi che papà chiama – dice il figlio mentre si lava le mani.
– Vabbè io mangio – borbotta il padre.
Finita la cena le voci diventano rare, le televisioni dominano.
Quest’armonia è rotta dal miagolio dei gatti e il conseguente frastuono delle ciotole in alluminio che battono fra loro e le scatole del loro cibo che vengono aperte.
Dopo di che è pace.
Qualche lieve rumore è amplificato dall’ora tarda.
Un gallo che canta, gli uccelli che cinguettano e qualche latrato.
E poi la sveglia del signore. Il suo risveglio è caratterizzato da colpi di tosse e la fragorosa ricollocazione delle stoviglie. Celere, esce di casa.
Più tardi, la sveglia del figlio.
Tempo fa era essenzialmente l’urlo insistente e penetrante della madre: «Francesco!», oggigiorno sostituito da una sveglia.
Seguono il risveglio di madre e figlia, che abbandoneranno la casa per lasciarla al silenzio di città.
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