Felicitą: costa meno, vale di pił
Mi capita spesso di vagare per le strade della città senza una meta, come un’anima senza destino al di fuori del tempo e dello spazio.
Osservo paesaggi, palazzi, vetrine sontuose della città armadio più venerata fra tutte, persone, parole, sguardi intensi.
A volte mi sembra quasi di sfiorare la pelle di alcuni, di frugare tra i loro pensieri.
Ma ci hai mai fatto caso a quanti occhi tristi e falsi sorrisi ci circondano?
Li hai mai contati?
Persone che stanno insieme ad altre per abitudine, quando dentro di loro non c’è più nulla, tutto è morto.
Persone che cercano di accumulare sempre più tempo per fare ciò che più amano, ma poi sono talmente stanche a causa del loro lavoro che finiscono per non far nulla.
Occhi persi, alla ricerca di qualcosa, ma che anche loro stessi non hanno ancora capito cosa.
Scrutano nel vuoto alla ricerca della bellezza di un sentimento, della felicità, di amore, di umanità, ma poi soffermano la loro attenzione sul denaro, oggetti futili e di dubbia utilità.
Tutti noi viviamo in meravigliosi teatri, siamo affascinati dalle luci, dal profumo del legno del palco.
Recitiamo parti in cui indossiamo un’infinità di passi non fatti, creiamo false ambizioni, falsi sentimenti, falsi mondi per poi vederli crollare su noi stessi e sentirci costantemente incompleti come se i frammenti della nostra anima fossero incastrati negli ingranaggi della vita.
Ma nell’intimo dell’uomo che recita mille ruoli, ciò che ricerca è se stesso e così, quando cala il sipario, il buio lo divora e una domanda lo tormenta: Quand’è che inizia la vita vera?
Non sappiamo dove cercare, da dove partire, non riusciamo a guardare al di là del nostro naso, oltre al palcoscenico, la vita certo non ci rende facile la ricerca della totalità di noi stessi, a volte la ama nascondere, in altre ce le sventola davanti, ma siamo troppo occupati a cercare altrove per guardare proprio lì, sì, esattamente lì dove guarderemmo subito, ma pensiamo che sarebbe un luogo troppo semplice e banale, così non ci guardiamo mai.
Altre volte non vogliamo semplicemente guardare, fingiamo di averlo fatto bene, quando in realtà lo abbiamo fatto solo di sfuggita, per non accettare la verità, per paura di guardare noi stessi davanti a uno specchio.
Oppure ci fermiamo nella nostra ricerca, ci accontentiamo, solamente perché siamo stanchi o troppo pigri, forse.
E così ci sentiamo tristi.
Quante sono le persone che vogliono fuggire ma non possono, quante grida soffocate, pianti che vogliono scoppiare, quanti sogni spenti come la fiamma di una candela, da un sospiro di malinconia, hai visto? Troppe, se hai guardato bene.
Troppo poche, se hai guardato di sfuggita perché cercavi da un’altra parte.
Il fatto è che ognuno, dentro di sé, dispone di un vaso.
Con il passare degli anni lo riempiamo, di tristezza.
Quando trabocca, quell’ultima goccia riesce a far fuoriuscire tutte le altre in pianti che possono essere molto differenti: silenziosi, costellati di urla lancinanti, ridenti.
Dopo tutto quel mare di dolore, riemergiamo come sub che tornano alla realtà della superficie dopo aver esplorato gli abissi dell’esistenza e lì capiamo, sappiamo di aver sbagliato.
Però solo alcuni, con molta pratica, riescono a riempire questo vaso di felicità.
È un po’ come fregare la vita, o forse deve essere così ma noi non lo sappiamo, lo riempiamo della sostanza sbagliata, forse la più reperibile.
La felicità è quella giusta, costa meno e vale di più, ma lo hanno capito in pochi.
E quando questo vaso di felicità trabocca, è meraviglioso.
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