Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
19ª edizione - (2016)

Lo specchio

Ghignava il giovane biondo chirurgo di successo vestito del suo camice, e il suo ghigno sottile e affilato mostrava una sfilza di denti della stessa qualità, e ancora bianchissimi e diritti; dello stesso colore si mostrava anche l’ampio studio di vetro e marmo, e quest’ultimo si declinava in mille venature rosee per tutto il pavimento.
Primaverile l’aria, estivo il sole, autunnale la fresca brezza che profluiva da un silenzioso condizionatore quasi invisibile da qualche parte nell’ampio studio. Invernale era il candore del camice, dei guanti di lattice, del lettino, del divano e delle poltrone.
Ansiosa era invece la giovane donna, e leggermente più alta di lui; la carne bronzea, lussuriosa e serica avvolta da un corto vestito nero; i capelli della giovane erano schiariti dai colpi di sole, ed erano biondi e neri. E il sole effettivamente penetrava per la parete vetrata dello studio, un sole vasto ed ecoico: la luce e i pacifici rumori delle frasche vibravano come stoccate sulle dure superfici e si propagavano mille volte su tutte le forme squadrate della stanza. Lei arrivava in città da altrove, su un volo di lusso, per la seconda e penultima visita dopo l’intervento; era poi venuta fino allo studio sulla macchina dell’uomo brizzolato che l’attendeva nella stanza attigua, e che era ora impegnato a sfoderare più di una carta per la giovane e avvenente segretaria del giovane e biondo chirurgo di successo.
L’uomo brizzolato era ricco tanto da nemmeno sapere quanto, la pelle abbronzata faceva risaltare il colore dei capelli finissimi. È solo vero che «L’età che conta è quella che ti senti», e «Quella che ti senti dimostri», e «Quella che dimostri è quella che conta».
I suoi occhi esprimevano entusiasmo per la vita e scintillavano dei suoi appetiti sessuali e dell’influenza di psicoattivi, ed erano accesi da ognuno dei successi compiuti in una vita di successi, come era stata la sua vita; al taschino del completo blu chiaro portava occhiali da sole, di marca gli occhiali e il completo, e flirtando con l’avvenente e giovane segretaria del giovane e biondo chirurgo di successo spesso si passava le labbra con la punta della lingua. E ogni frase iniziava e sarebbe iniziata, l’avvenente e giovane segretaria ne era consapevole, con: «Ah si?», «Allora… che ne dici, tesoro, se…» e dopo l’umidificazione delle labbra seguiva un sorriso ampio e affascinante, pieno e desideroso.
L’avvenente e giovane segretaria non era vestita da meno, e si adornava le forme affusolate del collo e delle mani con una splendida collana e un meraviglioso anello, entrambi omaggi dello stesso precoce genio della chirurgia che attendeva la protetta cliente dietro alla parete dietro alla segretaria, sulla quale parete scorreva una cascata di fresca e chiara acqua che lambiva con infinitesime gocce quell’aria assolata; e nell’ufficio foto appese accanto a una ricca collezione di prestigiose certificazioni nazionali e internazionali, ritraevano l’enfant prodige e la segretaria: Parigi, Roma, Atene e tanta altra Europa, più un altro paio di posti freddi e tropicali. Palme e iceberg.
Cinque minuti prima, si trovavano nei posti dietro di una berlina scura e performante, quella modella e quell’imprenditore il cui nome avrete sicuramente visto alla TV, sulle pagine di quotidiani e riviste patinate. L’uomo brizzolato aveva fatto segno all’autista di fermarsi a un paio di isolati dalla destinazione perché aveva voluto godersi una passeggiata alla delizia del sole fiorile, e quello li aveva fatti scendere senza risposta né esitazione o espressione, le mani immote a dieci e dieci e lo sguardo fisso tra il parabrezza e il retrovisore; era tipico, quando il passeggero si trovasse in compagnia, evitare i sorrisi di cortesia e cenni. A questo navigato e navigante autista avevano così insegnato. Sceso, l’uomo brizzolato aveva inforcato gli occhiali da sole, con montatura in acciaio e il nome dello stilista in oro giallo; si era leccato le labbra sottili con la lingua sottile, un gesto predatorio che accompagnava sempre la vista di un giovane ragazza; e aveva goduto della vista dell’ampia strada costeggiata da villette e della famosa luce della California che le ricopriva.
Poi, scesa lei, l’uomo brizzolato aveva detto: «Cara!», offrendo un avambraccio a cui la ragazza si era legata, e poi le aveva preso l’altra mano e l’aveva messa anche quel sul suo braccio così che lei, si fosse legata a lui ben saldamente.
Anche la ragazza indossava larghi e costosi occhiali dalle lenti scure, e qualche volta incespicava leggermente sugli stiletti alti.
Sotto la mano distesa di lei, quelle di lui erano e avevano il sapore morbido del cuoio, appena punteggiate dalle macchie dell’età. Un orologio al polso che indicava l’ora e mille altre cose senza uso coglieva per intero il gusto dell’uomo brizzolato. Per il breve tragitto percorso a passetti, più di un bel ragazzo, muscoloso sotto la propria aderente maglietta, aveva voltato lo sguardo verso di lei; lei non ricambiava come era solito fare, invece lo faceva il vecchio esprimendosi in un sorriso pubblicitario e compiaciuto e la giovane si limitava a tenere gli occhi, dietro le bende e dietro le lenti opacizzate degli occhiali da sole enormi e maculati, fissi davanti a sé.
Qualche volta, la giovane sensualissima ragazza dalla vita stretta e il vestito ancora più, si era girata nella direzione del compagno e gli aveva comunicato l’emozione in un’espressione di attesa elettrica e nervosa, un’espressione un po’ contratta e levigata attorno agli occhi dal botulino; il compagno le aveva risposto con un volto di paterna accoglienza, che lei però non avrebbe potuto vedere. E l’uomo brizzolato sarebbe pure entrato nello studio a vedere i risultati di quella delicata operazione, per cui egli aveva pagato, ma la ragazza era stata attraccata già nella sala d’attesa alle pronte braccia del giovane e biondo chirurgo di successo che non se l’era fatta sfuggire.
«Carissima!», aveva detto il giovane e biondo chirurgo di successo scambiando quel suo sorriso selachimorfo a entrambi, poi mentre la introduceva nello studio aveva chiesto del viaggio e di come stavano, e di questa cecità temporanea.
«Se ti sei un po’ adattata sì sì dai vieni allora di qua che le togliamo queste bende che scommetto che non vedi l’ora. Ti vedrai bellissima. Più che bellissima», si era corretto.
La giovane aveva sussurrato, l’aveva sussurrato solo nella approssimativa direzione del compagno, o per l’ovvio impedimento alla vista o perché sapeva essere la maniera più sensuale per dirlo, aveva sussurrato dalle sue labbra turgide ed esplosive: «Aspetta qui. Torno subito».
E gli stiletti di lei si erano piantati ritmati nel corridoio allontanandosi, dure e penetranti scoccate. Già l’uomo brizzolato partiva all’attacco della avvenente segretaria apprezzando i gusti del dottore. Ghignava davanti alla giovane, occasionale e minore modella da passerella e attrice televisiva per qualche episodio pilota, il giovane e biondo chirurgo di successo dal sorriso selachimorfo, mentre fregandosi figuratamente le mani le scioglieva la fasciatura che lei aveva celato sotto agli occhiali. La ragazza stava per riscoprire l’immagine del suo volto dopo ventuno frenetici anni di vita e consapevolezza del proprio modellato aspetto e sessantuno giorni di buio adimensionale post-operatorio, guardandosi nello specchio posto a portata di mano sulla scrivania di acciaio e vetro del giovane e biondo e brillante chirurgo il cui sorriso, ora che era il momento, andava ad allargarsi e dilagava incontrollato per il viso in ogni direzione, mantenendosi affilato. Era smalto dappertutto, senza un filo di gengiva visibile. E ora lo specchietto è celato dietro alla schiena del giovane chirurgo mentre con una mano accompagna il nodo, lui, non un semplice chirurgo e bensì negli ultimi anni divenuto il Chirurgo – il chirurgo per antonomasia – per tutte le celebrità e multimilionari della costa ovest, allievo massimo e apprendista prediletto e quasi adottivo dello stesso celebre Dr. Prof. russo, ideatore della moderna tecnica per il trapianto delle iridi.
Dr. Prof. da cui il chirurgo giovane, brillante, biondo, di successo aveva appreso ogni cosa e nozione e tecnica riguardante l’intervento sullo stroma e l’endotelio iridei e sull’eventuale sostituzione di questi quando necessario patologicamente o richiesto esteticamente; appreso tutto sulle relative realtà e tecnologie biogenetiche e di ingegneria genetica e per la creazione di iridi di colore alterato, esotico; lo stesso Dr. Prof. ai vertici della sezione di Ricerca e della sezione Marketing PentaTech, unica operante in questo campo: e non credo sia necessario dettagliare l’altissimo livello di specializzazione e prestigio di una azienda di questo tipo per potere immaginare il perché questo Dr. Prof. russo sia presto divenuto conosciuto, tra le star hollywoodiane, come il Professore o il Professore dei Professori.
Si tratta di un eterno momento di attesa per la voluttuosa ed erotica giovane, orma da quasi due mesi al centro di un mondo invisibile di forti passioni sensoriali e tattili, ma non visive; un momento cruciale quello dello scioglimento della benda, e in effetti l’eccessiva delicatezza del chirurgo nel farlo è anche in minima parte dovuta a una motivazione scenica, se non anche dovuta al fatto che tenga con l’altra mano lo specchietto e alla necessità di esporre la retina a una luce di intensità graduale. Quindi nello sciogliere la benda, al giovane e biondo chirurgo di successo ispirato dalla vista della figura e grazia della sua paziente viene in un remoto angolo della mente per un momento in mente l’immagine della Fortuna bendata e seducente seduta su una cornucopia d’oro. In realtà il velo che copre il volto della Fortuna risale all’epoca romantica e non è presente nella iconografia classica; la figura bendata è sempre stata la Giustizia, Iustitia o Themi, ma questo al giovane e biondo chirurgo di successo non viene in mente in questo momento. Un’altra ragione per la percepita surreale durata di questo attimo, è che la giovane bellissima, non per niente stata compagna semestrale del famoso Herson Greene, come la volevano i riflettori, la cui mormorata relazione l’aveva portata sotto ai riflettori e nelle copertine di tutti i principali magazine di gossip e di attualità, relazione nella quale lei aveva avuto cieca fiducia sarebbe stata trampolino di lancio per il mondo del grande schermo. Ed è stato proprio in attesa del suo ingresso nel mondo delle star che la bellissima e minore modella e attrice televisiva per qualche episodio pilota si è sottoposta all’attuale operazione, e non certo per un’insoddisfazione per l’attuale aspetto, ma per tentare di rendere la propria immagine più riconoscibile e affascinante e di rilanciarsi.
Un’altra ragione per la surreale durata della percezione di questo attimo, è che la giovane bellissima è stata fin dall’inizio consapevole dei rischi di questo intervento, e che effettivamente solo l’oratoria del giovane e biondo e sicuro di sé chirurgo di successo è riuscita a convincerla a sottoporsi, neanche due mesi fa, all’intervento; un’oratoria così meravigliosa e splendida da permetterle di superare la paura, «irrazionale» aveva detto il giovane e biondo chirurgo di successo, che le impediva di sottoporsi a una cosa così delicata come l’impianto retinale.
«Ma si tratta di un intervento sull’epitelio e sullo stroma irideo. Vedi cara, di un intervento che non va certo ad alterare le preesistenti armonie del viso, ed è ormai un semplice perfezionamento che molte giovani scelgono di perseguire»; il giovane e biondo chirurgo di successo dice anche che «Ormai si tratta di routine, ho trattato poco meno di duecento interventi senza alcuna complicazione negli ultimi due anni. Routine. R-o-u-t-i-n-e».
L’espressione di lei, che solleva lentamente le palpebre dalle lunghe e nere e ciglia, le solleva quasi tremando, secondo i calcoli del giovane e biondo chirurgo di successo che ha potuto assistere a questa stessa scena ripetersi diverse volte, più di duecento nel corso degli ultimi due anni, dovrebbe rompersi in un pianto emozionato ancor prima di essersi rivista allo specchio, se non altro per l’emozione di vedere nitidamente quello studio magnifico e ricco di luce e di marmo e di vetro e di acciaio. Anche questa immagine, della giovane che piange di gioia, che subito si accavalla e sommerge quella della fortuna bendata nella mente del giovane e biondo chirurgo di successo, provoca un meritato e figurato sfregarsi di mani. Eppure, per alcuni istanti di imprecisata lunghezza e alta carica, anche tolte le bende l’espressione di lei rimane quella di una ragazza, ansiosa ed eccitata di vedere; in effetti il tempo sembra essere collassato su quell’unico denso secondo, l’attenzione di entrambi gli affascinanti giovani concentrata sul viso di lei e sul viso di lei riflesso nello specchio. Le palpebre di entrambi gli affascinanti giovani nel riconoscere la realtà, la realtà che passato quel secondo diviene chiarissima, le loro palpebre si alzano, e si alzano fino a fare male e dolore e a esasperare i quattro occhi, e premono; e sembra che le orbite di lei debbano saltare per la pressione folle, pressione che la ragazza esercita nel disperato tentativo di vedere oltre il niente che l’assedia: quattro le palpebre come farfalle impazzite si aprono, si chiudono, e si aprono sbattendo l’una contro l’altra, tra loro, senza smettere mai più. Il sorriso di lui, immenso, rigido, un sorriso di denti sani, fitti e compatti, perfettamente allineati, un sorriso da squalo, si incrina. L’espressione di lei, dapprima immobile, tramuta con velocità esponenziale nella greca e barocca maschera del raccapriccio e del terrore. L’anima di entrambi è percossa dal grido, lo stesso gemito in due corpi cavi che percorrere l’ampio ufficio del giovane e biondo chirurgo di successo, ufficio ricco di dettagli e di una luce primaverile che lei non può vedere.
E poi, il grido: «Non vedo. Non vedo. Sono cieca».


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010