A testa in gił
Mi ritrovo ancora dentro questo posto, il manicomio, con una irrefrenabile voglia di uscire.
Voglio tornare da Maria e da Domingo.
Il silenzio mi aiuta a pensare: incomincio a escogitare un piano per uscire da qui. Le ore gialle del giorno passano e io attendo il buio.
Quando cala la notte, esco piano piano dalla finestra e mi precipito dove ho lasciato la signora Maria e Domingo.
Eccomi arrivato, non trovo niente e nessuno. In lontananza vedo Domingo su un carro attrezzi: lo stanno portando via.
Mi metto a correre, lo devo raggiungere. All’improvviso scorgo sul ciglio della strada, abbandonata, un bici. L’afferro, ci monto sopra e mi metto all’inseguimento.
Il carro attrezzi rallenta e io capisco che è arrivato a destinazione: un grande cimitero per vecchie automobili.
Aspetto che l’uomo alla guida scenda e con una manovra scarichi Domingo.
Poi mi dirigo senza farmi notare verso l’auto e con le chiavi che avevo in tasca accendo il motore che miracolosamente riparte.
Sono sulla mia Domingo. Il destino è dalla mia parte; scappo verso la città: ora devo ritrovare Maria.
Attraverso la città illuminata dalla luce ovattata dell’alba: non trovo nulla. Decido allora di dirigermi verso la campagna.
Intanto la luce gialla è ritornata a colorare il nuovo giorno.
Ma proprio mentre sto gustando quest’atmosfera, faccio una spiacevole scoperta. Nei pressi del cimitero, vengo fermato da un corteo di persone al seguito di un carro funebre.
Mi viene spontaneo leggere la scritta a cui sono dedicati i fiori che abbelliscono la cassa: Maria.
Capisco che la mia signora Maria non c’è più, che la mia corsa verso la felicità è finita qui.
Lascio Domingo sul ciglio della strada e scappo verso il manicomio… quella è la mia casa ed è meglio che io resti lì.
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