Come l’oceano
Un pomeriggio d’estate, ero nella biblioteca del mio paese e stavo cercando un qualcosa che mi potesse ispirare. I raggi del sole filtravano attraverso le finestre semi aperte. L’aria era soffocante, il caldo opprimente, le persone intente a trovare un libro si facevano aria con la mano, mentre con l’altra tenevano il loro bottino, con occhi incantati e labbra incurvate in un sorriso. Anch’io ero come loro, combattevo il caldo con la mano sinistra mentre, davanti a uno scaffale, leggevo ogni titolo che mi si parava davanti. Immersa nei miei pensieri, quasi non mi accorsi della donna che si avvicinò a me. Notai con la coda dell’occhio che mi stava fissando. Finsi di non essermene accorta e continuai la mia ricerca, ma la sua presenza era forte, quasi assillante, mi urlava in silenzio di prestarle attenzione, ed è ciò che alla fine decisi di fare. Alzai la testa.
«La posso aiutare?» le chiesi.
Lei mi guardò in silenzio ancora per qualche secondo, poi inarcò un sopracciglio, mi squadrò da capo a piedi e parlò.
«Sono qui solo perché ho accompagnato mio figlio e ti ho notata. Io non so cosa tu ci possa trovare di speciale in un libro. Infondo, sono solo alcune righe di storie inventate. Perché leggi? Non ha niente di speciale, è tutta finzione».
A questa osservazione, mi misi a ridere. Vorrei non averlo fatto, ma risi così forte che fui costretta a mettermi le mani davanti alla bocca. Cercai di ricordarmi che ero in una biblioteca, non dovevo fare rumore inopportuno.
Quando riuscii a smettere di sorridere, guardai la donna, e improvvisamente tornai seria come lo era lei. Nei suoi occhi c’era aria di sfida, sulle labbra un lievissimo sorriso di soddisfazione. Non sapevo cosa ci fosse di tanto soddisfacente, e mi ritenevo una persona per bene, quindi rimasi calma e a mia volta la sfidai con lo sguardo.
«Non dici niente?» insistette.
In effetti avrei preferito non proferire parola, ma quella donna non solo stava sfidando me, ma anche la mia pazienza. Non mi rimase scelta. Le diedi la risposta alla sua domanda.
«Perché, lei chiede? Signora, di motivi ce ne sono a non finire» esordii, tranquillamente. «È chiaro che non le è mai capitato niente di ciò che le sto per dire, ma è bene che lei sappia che ogni essere umano dovrebbe provare qualcosa del genere. Leggere un libro è magia. I libri possono anche essere storie inventate, solo finzione, come dice lei, ma dietro ci sono un miliardo di sfaccettature. Si scoprono mondi nuovi, universi paralleli, storie che non si pensava esistessero. Quando leggi un libro, ti immedesimi nei personaggi, che può essere il protagonista buono o può anche essere il cattivo della vicenda. Quando accadono cose poco gradite al tuo personaggio, è un po’ come se anche tu stessi soffrendo. Provi le stesse sensazioni di quella persona immaginaria. Poi, alzi la testa dal libro e fissi il muro. Improvvisamente sei tornato nel presente, in camera tua, da dove in realtà non ti sei mai mosso, ma mentalmente sei convinto che in quelle pagine, in quei sorrisi e in quelle lacrime ci sei stato tu e che le avventure che ha provato lui le hai provate anche tu, sulla tua pelle. La consapevolezza che mi dà un libro è impressionante. Come possono tanti fogli di carta uniti, messi insieme, nati uno dopo l’altro, giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, respiro dopo respiro, dare così tanta felicità? Leggere è anche una responsabilità, devi essere in grado di dargli la giusta importanza, di capire il perché esiste. Quando leggi un libro, ti immergi completamente in quelle righe, in quelle pagine, in quel mare di pensieri. Lei provi a pensare al mare. Con l’acqua cristallina, pesci colorati e il tutto accompagnato da un odore di salsedine. Ecco, in fondo, non è la stessa cosa di un libro? In entrambi i casi ti tuffi, ti ci immergi. Per me, leggere un libro è come fare un bagno al mare. L’adrenalina, la gioia. Potrei fare un paragone tra l’odore di salsedine e l’odore delle pagine di un libro. Non è forse lo stesso? Entrambi sanno di buono. I pesci sono come le pagine, pagine piene di righe, di segni, di lettere, vocali e consonanti. Punti, virgole. Tutto ciò rappresenta un parte essenziale per vivere, mentre i pesci popolano il mare. Ci pensi. Loro popolano l’oceano, mentre le parole popolano un libro. Infine, il mare è come una copertina. Rigida o morbida che sia, mare mosso o calmo che sia. A lei piace andare al mare? Magari con la sua famiglia, affitta una casa, la mattina fa colazione presto per arrivare prima in spiaggia e ammirare l’alba, il sole che nasce all’orizzonte. A lei piace tutto ciò, e non le piace un libro? Certo che è strano. Se mi permette, provi a fare una cosa, la consideri un esperimento. Vada al mare, in spiaggia, magari una mattina, con suo figlio, suo marito o anche da sola. Ma si porti dietro, in una borsa da spiaggia, un libro. Quello che preferisce, anche se non ne conosce nessuno, uno il cui titolo la possa ispirare. Si metta seduta su un asciugamano, davanti al mare, con le onde che si infrangono sulla riva, i colori del cielo che variano e il sole che le dà il buongiorno. Apra il libro sul primo capitolo, e inizi a leggere. Le posso assicurare che non se ne pentirà, faccia in modo che due cose stupende si possano unire. Perché leggo? Forse perché sarebbero dovuti nascere prima i libri, poi le persone».
Le sorrisi, stavolta sfoderando io un sorriso soddisfacente, e mi allontanai verso un altro scaffale. Adocchiai qualche titolo di alcuni libri e mi raccomandai di leggere ciascuno di essi.
Mi voltai. La donna era in piedi esattamente nello stesso punto di prima. Si guardò attorno, allungò un braccio verso un libro, lo prese e lo girò per leggere la trama. Pensai che lo stesse per rimettere a posto, invece se lo strinse al petto, come se fosse un oggetto di estrema importanza.
Si voltò nella mia direzione. Credetti che mi volesse fulminare con lo sguardo, invece sorrise, negli occhi un luccichio nuovo. Mi fece l’occhiolino e camminò nella direzione opposta alla mia. Non mi mossi fino a quando la donna non scomparve dalla mia vista. A quel punto, inspiegabilmente, una dolce lacrima mi rigò pigramente una guancia. Arrivò fino alla bocca, dove un sorriso mi increspava le labbra.
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