Se fossimo tutti un po’ Paul
Era una fresca giornata di primavera e Filippo stava giocando a calcio con i suoi amici. A un tratto, Marco lanciò il pallone molto lontano e Filippo fu costretto ad andare a recuperarlo. La palla si era incastrata in un cespuglio, nei cui pressi si trovava abbandonato uno di quei taccuini vecchio stile, di colore marrone, in pelle. Egli lo raccolse e, pensando di restituirlo a chi lo aveva perso, lo aprì, alla ricerca di qualche indizio che potesse aiutarlo nella ricerca del suo proprietario. Una volta aperto, però, Filippo si accorse che non vi era scritto nulla, fatta eccezione per un aforisma di Jean de Boufflers: «Il piacere è il fiore che passa; il ricordo, il profumo duraturo».
Rimase come incantato davanti a quella frase, finché i suoi amici, che gridavano con gran clamore per riottenere la palla, lo destarono dai suoi pensieri. Allora, Filippo ritornò da loro, portando con sé quel taccuino sconosciuto.
La sera, dopo aver cenato, riprese in mano quel taccuino trovato per caso il pomeriggio e rilesse, mille volte ancora, quella frase che prima lo aveva tanto colpito. Intanto, mille pensieri cominciarono a farsi strada nella sua testa, perciò decise, com’era solito fare quando gli venivano in mente mille idee, di scrivere. Avrebbe potuto scrivere su tutto e su tutti, ma, proprio in quel momento, gli affiorò alla mente la vita di quel dimenticato poliziotto svizzero Paul Grüninger e decise di ricordarlo. Paul Grüninger fu il capitano della polizia di San Gallo e quando, il 19 agosto 1938, dato il forte flusso di profughi ebrei che sfuggivano dalle persecuzioni nazifasciste, il governo federale svizzero decise di chiudere le frontiere, egli infranse la legge, aiutando ben tremilaseicento Ebrei a superare il confine svizzero, falsificando loro i documenti. Era rimasto affascinato fin da subito dalla vita di quell’uomo, Filippo, quel mercoledì, quando andò a vedere con la sua classe uno spettacolo teatrale sui Giusti. Filippo non sapeva chi fossero questi Giusti, tantomeno sapeva chi fosse Paul Grüninger, ma, quando lesse sulla brochure dello spettacolo Giusti, con la G maiuscola, capì che si trattava di persone famose e importanti che avevano cambiato il mondo. Effettivamente, lo spettacolo raccontava di persone importanti e un po’ rivoluzionarie, ma, almeno la maggior parte, non erano per nulla conosciute. Anche Paul Grüninger è un Giusto sconosciuto, uno di quelli eroi quotidiani che, però, vengono spesso dimenticati. Il capitano svizzero, infatti, venne riconosciuto un «Giusto fra le nazioni», solamente pochi mesi prima di morire. Da quando, però, fu incriminato dal governo svizzero, per aver favorito l’ingresso in Svizzera di numerosi Ebrei disperati, visse di lavori saltuari e morì di povertà. Aveva avuto un grande coraggio quel Paul Grüninger: avrebbe potuto restare indifferente difronte a quelle atrocità, avrebbe potuto sfuggire alla vita di povertà che dovette condurre, dopo che fu ritenuto un traditore; ma, evidentemente, non gli bastava avere la salvezza in tasca. Come poterlo biasimare dopotutto? Quando vedeva arrivare una famiglia ebrea disperata, in fuga da una punizione che non meritava, come avrebbe potuto negare loro la salvezza? Vedeva una madre in lacrime con le quali cercava di nutrire il suo dolore; un padre affranto che si riteneva un fallito, poiché non era stato in grado di garantire una protezione alla sua famiglia; vedeva i bambini con un orsacchiotto stretto fra le braccia, unico ricordo della vita che erano stati costretti ad abbandonare. Anche Paul Grüninger aveva due figlie e, probabilmente, il pensiero che un giorno avrebbero potuto ritrovarsi anch’esse avvolte in una coperta, col volto distrutto, i piedi stanchi e gli sguardi malinconici di una vita strappata, lo affliggeva talmente tanto che osava infrangere la legge, lui che era un pubblico ufficiale con il compito di farla rispettare. Ma ciò non bastò, anzi, come ringraziamento, egli fu ritenuto un traditore e dovette lasciare il suo eroico lavoro, vivendo in miseria e povertà.
Filippo si domandava se nella seconda parte della sua vita avesse avuto dei rimpianti per le sue gesta eroiche, poiché ora era la sua famiglia a essere in condizioni molto precarie.
Dopo aver sacrificato tutto sé stesso per il prossimo, per delle persone che nemmeno conosceva, ora era in condizioni misere e la sua famiglia ne stava pagando le conseguenze. Chissà quante persone sarebbero pronte a compiere un sacrificio simile? Filippo, se mai si fosse trovato in una situazione del genere, non sarebbe stato tanto sicuro di sé stesso, non sarebbe stato tanto sicuro del suo coraggio. Una cosa è certa: se mai si fosse trovato in una condizione di fuga, avrebbe sperato di trovare un altro Paul Grüningen pronto ad aiutarlo. Ma essere un altro Paul Grüninger, è tutta un’altra faccenda: sarebbe mosso anche lui da un impegno così disinteressato verso il prossimo come quello del nostro eroe? Anche lui sacrificherebbe la sua vita, la sua famiglia per delle persone sconosciute che piombano nella vita degli altri in cerca di un ultimo disperato aiuto, prima di raggiungere la morte certa?
Filippo non era convinto, non si riteneva pronto a compiere simili azioni e, per questo, si vergognava, si riteneva un codardo in piena regola, incapace di aiutare una persona disperata.
Forse, il problema, non è essere pronti ad aiutare qualcuno, ma essere pronti ad accettare qualcuno di diverso. Ogni epoca ha le sue vittime di razzismo e ognuno è potenzialmente vittima e carnefice. Paul Grüninger si era schierato a favore delle vittime del suo tempo: gli Ebrei, che erano accusati della rovina della Germania, che erano segregati in ghetti, venivano deportati, venivano trattati come animali, ma furono rispettati come uomini, donne e bambini da un semplice capitano svizzero. Paul Grüninger seppe accoglierli nella sicura Svizzera, seppe dare loro un futuro, quando ormai su di loro incombeva la morte, seppe aiutarli come in pochi fecero, seppe non essere indifferente e fu in grado di guardare in faccia alla realtà e non girò la testa. Facendo così, diede uno dei più illustri esempi che un semplice uomo comune possa seguire, cercando di aiutare le alte persone. Pensando a Paul Grüninger, Filippo pensò alla situazione odierna che vede l’Italia nell’atto di accogliere le numerose persone provenienti dai territori del Medio Oriente. Gli passarono nella mente tutti quei disgraziati che giungono a centinaia sulle coste dell’Italia Meridionale, alla ricerca di una vita migliore di quella che conducevano. Gli tornarono in mente le foto e i servizi al TG sui numerosi profughi che, spesso, non arrivano vivi sul territorio italiano. Rivide tutte le forze dell’ordine e i volontari, sempre pronti sul campo ad aiutare questi rifugiati di guerra. Comprese il loro impegno, la loro dedizione, la loro volontà di aiutare qualcuno esausto e affranto da una vita di sola disperazione. Immaginò quegli uomini e quelle donne che, quasi ogni giorno, vedono davanti a loro i segni della guerra e della miseria portati da altri essere umani meno fortunati di loro. Vedono una coppia di genitori affranti, anzi magari ne vedono uno solo, perché l’altro è morto; vedono dei bambini tristi che magari non riescono nemmeno a capire veramente cosa stia accadendo e che, a volte, rimangono orfani. Vedono la morte negli occhi della gente o la vedono direttamente, attraverso un corpo privo di vita che galleggia sull’acqua. Vedono anche, negli occhi di quei pochi che riescono ad arrivare, un bagliore di luce e di soddisfazione, speranzosi di aver raggiunto una vita più dignitosa, anche se il cammino alla ricerca di una vita e di una dignità è ancora lungo. A questi uomini e a queste donne pensò Filippo, non solo ai profughi, ma anche ai soccorritori che si buttano tra le folle di immigrati, noncuranti delle malattie che possono contrarre, solo perché mossi dalla volontà di aiutare. Pensò ai numerosi volontari che ogni giorno si prodigano alla ricerca di un posto in cui sostare per questi profughi, trovando porte chiuse quasi ovunque, con persone indisposte ad aiutare. Ma, nonostante il grande lavoro compiuto ogni giorno della loro vita, questi eroi sembrano essere passati in secondo piano: ogni volta che accade un disastro nei nostri mari, si parla sempre di quante persone muoiano, ci si interroga sulla destinazione di questi profughi, ma solo pochissime volte, un numero esiguo rispetto ai disastri che accadono, questi nostri eroi italiani vengono citati, poiché è come se fossero diventati un elemento talmente tanto comune in quelle scene di dolore, che il loro lavoro, i loro nomi, la loro volontà non debbano essere nominati. Magari, un giorno, anch’essi saranno dei Giusti, ma come accade quasi sempre, quel giorno, essi non saranno più grado di poter godere di quel ringraziamento, ottenuto, non solo per aver servito dignitosamente la Patria, ma per aver servito umilmente l’Umanità. Saranno anche loro dei Paul Grüninger? O magari lo sono già? Anche per loro verrà piantato un albero nel Giardino dei Giusti? O magari verrà rinfoltito un intero bosco, visto il grande numero di persone? Ciò che sperava Filippo è che non fossero dimenticati, così come, sicuramente, non verranno dimenticati i numerosi profughi che sono giunti sulle nostre coste. È semplice ricordare le migliaia di vittime della guerra in fuga e sperava che fosse altrettanto semplice ricordare tutte quelle persone che avevano realizzato il «lavoro sporco», cioè coloro che, per primi, hanno aiutato e aiutano i profughi disperati nel loro primo bagliore di speranza. Anche per Paul Grüninger, Filippo sperava questo, così come lo sperava per tutti quei Giusti che erano stati ufficialmente riconosciuti e quelli che, invece, verranno. Sperava che non solo i «cattivi» della Storia fossero ricordati, ma anche i «buoni», coloro che silenziosamente fecero per mille. Sperava che, un giorno, un bambino dicesse: «Papà, voglio diventare come Paul Grüninger!», allora tutto non sarebbe andato sprecato.
È vero il fiore era passato, tutti i fiori appassiscono prima o poi, ma il suo profumo inebriava ancora la mente di Filippo.
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