Il bacio
Il bacio (1859)
(Hayez 1791 – 1882)
Quanto è brutto voler amare e non potere.
Questo quadro è la perfetta rappresentazione di tante realtà che purtroppo sono sempre accadute e sempre accadranno.
Negli anni trascorsi si parlava di differenze sociali, di diverse famiglie, che mai avrebbero potuto stare insieme, oggi si parla soprattutto di distanza, di chilometri, di treni e di aerei che magari si vorrebbero prendere ma per mille e mille ragioni non ci è permesso rincorrere.
Vederlo dal vivo è tutta un’altra storia lo ammetto, Hayez è riuscito già nell’ottocento a rappresentare l’amore come ciò che più ci può far stare bene e male nello stesso tempo.
Vero è che non servono lauree, moderne tecnologie o recenti scoperte scientifiche per capire cosa sia in realtà questo sentimento o per dargli semplicemente una nostra osservazione, eppure io penso che a quel tempo non fosse così scontato.
Per non parlare poi del coraggio che ha avuto il pittore nel rappresentare un bacio così deciso, così vero, così vivo, così come noi siamo più che abituati a vederlo, ma che tanti decenni fa veniva nascosto, censurato per non sottostare a quell’idea di raffinatezza ed eleganza imposta dalla società.
Hayez non era diverso, non sapeva niente di più o di meno rispetto agli altri, la sua unica sfumatura è stata quella di aver voluto rappresentare la realtà, di aver voluto mettere a nudo un qualcosa che forse lui vedeva talmente bello da non poter essere nascosto.
Le mani sono la parte più toccante ed emozionante del quadro, tutti attraverso esse capiscono quanto in realtà i due soggetti, che chiameremo «innamorati», non vorrebbero lasciarsi andare, traspare la forza e la convinzione con cui si stringono per unire i due respiri fino all’ultimo.
Traspare la voglia di lui di volerla portare via, di non volerla abbandonare.
E traspare il viso esausto di lei, nel vedere il suo grande amore partire per non si sa quanto e non si sa dove.
Le mani che si attorcigliano sui corpi e i corpi che si lasciano stringere tra le mani, pur essendo al corrente del pericolo che corrono.
Anche i colori sono estremamente significativi, non per caso, a mio parere, gli innamorati sono vestiti rispettivamente con colori caldi e freddi.
Forse un ulteriore aspetto per far capire che anche qualcosa di così semplice, di così basilare, di così banale, può essere in realtà solo ed esclusivamente un punto di incontro, pur trattandosi magari di un accostamento di cupi o accesi, caldi e freddi, chiari o scuri.
Riversato ai giorni nostri si entra in un discorso molto delicato, che di sicuro io non sono la persona più indicata per spiegare. Eppure ecco come Hayez ancora una volta sia riuscito a unire due figure che sembrerebbero non combaciare nemmeno per un lato l’una con l’altra.
Tutti i punti del quadro sono come l’amore, tanto belli e forti ma allo stesso tempo toccanti e commoventi.
A mio parere solo un dettaglio possiede esclusivamente un significato che non può essere definito «bello» o «felice» o comunque tutti quegli aggettivi che usiamo per descrivere qualcosa che ci piace: il piede di lui.
Quel piede pronto a correre, pronto a scappare, quel piede che sembra essere a se stante rispetto al resto corpo, quel piede che sembra rappresentare la ragione umana e non l’istinto.
Un dettaglio che ci vede essere, quel qualcosa che vuole far capire che c’è sempre, in una coppia, chi trova il coraggio di mettere, anche solo per un secondo, la ragione e la testa prima del cuore e dei sentimenti, soprattutto nei momenti difficili.
Quanta forza ci voglia non si può capire finché non ci si ritrova in prima persona, si può solo immaginare, provare a immaginare.
Per concludere il quadro vediamo delle figure sullo sfondo, sembrerebbero delle guardie, molto probabilmente le stesse guardie che hanno fatto muovere quel piede, che hanno fatto concretizzare la situazione, che hanno fatto capire, soprattutto al ragazzo, quanto il pericolo fosse vicino e quanto, per il bene di entrambi, bisognasse salutarsi.
Non sappiamo e mai sapremo cosa sia successo quando quelle guardie arrivarono, non sappiamo se abbia prevalso la ragione o i sentimenti, non sappiamo la fine che abbiano fatto i due innamorati, non sappiamo se non si siano più rivisti o se siano riusciti a trascorrere il resto della loro vita insieme.
Abbiamo solo questo quadro a nostra disposizione e penso che dovremmo farcelo bastare, forse è addirittura più bello non sapere il finale, esattamente come se ogni volta che lo guardassimo ci ritrovassimo in quell’istante e basta, con la mente completamente offuscata dall’emozione e dalla paura di ciò che potrebbe succedere dopo, come se ogni volta rivivessimo la stessa scena, con la stessa quantità di ansia e di adrenalina che la caratterizza, senza nessun’altra tela che ci blocchi l’immaginazione o ci ponga dei limiti.
Perché in fondo è davvero così, i sentimenti, l’amore forse più di tutti, non hanno e non ci impongono dei limiti, siamo noi che li mettiamo a loro.
Siamo noi che per paura o debolezza ci fermiamo, ci poniamo dei freni, perché non siamo tutti così forti e coraggiosi, non tutti si lanciano in un mare in tempesta non sapendo se ne usciranno mai vivi.
Quindi sì, dovremmo forse ringraziare Hayez per non averci mai dato un seguito a questo quadro, per aver lasciato a noi la più completa libertà di interpretazione e immedesimazione.
Ho quindici anni e non sono una critica d’arte, anzi, penso di capirne davvero poco di tutto questo mondo, posso solo dire che pur non capendoci niente mi piace da morire.
Riguardo a questo quadro, come ho già detto, mi sono permessa di descriverlo secondo il mio personale punto di vista, essendo stato uno dei pochissimi ad avermi lasciato con il fiato spezzato e forse quello che più mi ha fatto pensare, pormi domande e rivalutare me stessa: di quanto io sia pronta a donare, di quanto io riesca a mettermi in gioco per qualcuno, ma soprattutto di quanto io voglia trovare una persona che abbia la mia stessa percezione dell’amore e di tutto ciò che gli gira intorno, perché sono arrivata alla conclusione che sarei disposta a dare tutto, proprio tutto, a chiunque per me farebbe lo stesso.
Quindi sì, l’arte è bella perché è libera, come l’amore, non mette paletti e non ha una risposta giusta o sbagliata, ecco perché mi sono permessa di esprimere il mio personale pensiero riguardo a questa tela, e ripeto, ancora una volta che, a mio parere per spiegare la propria idea di amore, non serve nessuna scienza, basta solo fermarsi un attimo e capire fino a che punto si è disposti ad arrivare.
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