L'importanza di “Essere”
Milano, 8 marzo 2004. E anche dopo un secolo dalla sua pubblicazione, avvenuta nell'anno 1904, Il fu Mattia Pascal, uno dei maggiori capolavori dello scrittore siciliano Luigi Pirandello, rimane uno dei capisaldi della cultura letteraria italiana del Novecento europeo, oltre a essere uno dei romanzi più interessanti e più scelti a livello didattico, specialmente nelle scuole medie superiori.
Ed è proprio in occasione di questo importante anniversario di cento lunghi anni che il comune di Milano ha deciso di organizzare l'allestimento di una mostra, realizzata presso la galleria storica della Triennale di Milano di fronte al parco Sempione, il giorno 4 marzo, dedicata all'autore, ormai considerato universalmente il genio letterario italiano moderno, alla sua vita, alle sue opere più significative, con un particolare approfondimento sul romanzo Il fu Mattia Pascal, le sue tematiche principali, il significato ma soprattutto gli elementi di novità e l'originalità che quest'opera presenta rispetto al romanzo di tradizionale modello ottocentesco. A quest'ultimo proposito è stata dedicata una tra le sezioni più interessanti della mostra, collocata immediatamente dopo una iniziale, dedicata agli aspetti cruciali della vita dello scrittore e arricchita da ulteriori documenti e da suoi ritratti pittorici. La sezione in questione, invece, consisteva nell'esposizione di documentazione comprendente sia estratti di romanzi e citazioni di autori famosi dell'Ottocento, sia altrettanti estratti e citazioni dal romanzo Il fu Mattia Pascal, che rappresenta l'abbandono della tecnica narrativa d'impianto naturalistico tipica del romanzo ottocentesco, e l'avvio al romanzo di introspezione tipico del primo Novecento. Tutto ciò ha permesso agli interessati visitatori di cogliere le differenze tra le due tipologie di romanzo, leggendo semplicemente alcune parti delle vicende di cui i romanzi narrano. A dare una spiegazione più completa e approfondita di quanto osservato interveniva una voce registrata, in grado di soddisfare tutte le curiosità relative a tale argomento.
Per coloro i quali non si fossero mai avventurati nella lettura di questo coinvolgente romanzo ma avessero comunque deciso di partecipare a questo evento, la mostra offriva un'intera sezione dedicata alla narrazione della vicenda: essa consisteva in un cortometraggio, un breve filmato in cui veri e propri attori si sono resi disponibili nel ricostruire in breve la storia di Mattia Pascal (ricostruire l'intera vicenda avrebbe occupato un tempo eccessivamente lungo) e in cui l'attore, nelle vesti del protagonista, raccontava con una voce fuori campo le sue vicende, mentre le immagini scorrevano sotto il naso degli spettatori. Esattamente come accade nel romanzo, in cui Mattia Pascal, nelle vesti di narratore, narra la sua storia in forma retrospettiva, ovvero solo dopo averla vissuta, senza fornire giudizi sul proprio operato, ma solo quelle informazioni che solo il Mattia Pascal personaggio conosce, nel momento in cui si svolgono i fatti, cioè dal suo punto di vista.
Ultima e sicuramente più significativa sezione è stata quella dedicata interamente al protagonista e al significato profondo del romanzo intitolata L'importanza d'”Essere”. Anche questa sezione, come quella precedente, era costituita da un video montaggio in cui un critico e opinionista delineava gli aspetti fondamentali della personalità del protagonista, forniva una interpretazione (tra quelle più plausibili) del suo significato e infine induceva i visitatori a una profonda riflessione su di esso.
Egli ha così affrontato uno tra i temi di principale importanza del romanzo, che coinvolge non soltanto l'uomo del primo Novecento ma l'uomo di tutti i tempi, anche l'uomo attuale: il tema dell'identità.
Nella vicenda di Mattia Pascal vi sono infatti due svolte cruciali: l'assunzione di una nuova identità, attraverso cui Mattia, dopo aver letto su un giornale la notizia del suo suicidio, può finalmente liberarsi della sua vecchia vita, che egli stesso definisce trappola, del suo matrimonio, di cui è insoddisfatto, e fuggire dai conflitti e dalle sofferenze che gli procurano sia la sua condizione economica che i familiari stessi; ma questa libertà ha un caro prezzo: deve allontanarsi ed estraniarsi da quel mondo, dimenticare il passato, costruirsi una nuova personalità; Mattia deve morire e ricominciare tutto da capo. Ben presto capisce però che, se la sua libertà gli permette di non avere alcun dovere da rispettare, gli impedisce però di far valere i suoi diritti, o meglio lo priva dei suoi diritti; l'unica soluzione è quindi riprendersi la propria identità, uccidendo Adriano e tornando Mattia: la seconda, determinante svolta della sua vita.
La gioia sconfinata di ritornare il se stesso di un tempo ha sottolineato il critico rivela come egli non abbia affatto coscienza dell'inconsistenza dell'io, ma resti ancora ancorato alla visione comune degli uomini che credono nella solidità e nella coerenza dell'identità individuale.
Ed ancora: Anziché approfittare della condizione privilegiata ed esaltante di non avere identità, di potersi abbandonare liberamente al flusso indistinto della vita, Mattia ha scelto di entrare in una nuova trappola. In particolare sul termine trappola, il nostro esperto ha focalizzato la sua attenzione: trappola corrisponde simbolicamente a una sorta di gabbia, di prigione delle istituzioni sociali che contribuiscono a imprigionare il flusso vitale degli uomini, impediscono loro di essere liberi, nel senso più assoluto.
Mattia Pascal è, perciò, il testimone esemplare dell'assurda condizione dell'uomo, angosciato dall'impossibilità di sfuggire alle convenzioni e ai vincoli della società che celano la sua vera identità.
Questo motivo, spiega ancora l'esperto, emerge fondamentalmente nel rapporto tra la frase d'esordio del romanzo: Una delle poche cose, anzi forse la sola che io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal, e quella conclusiva: Io sono il fu Mattia Pascal.
Il protagonista, dunque, all'inizio del libro si rende conto che la certezza del suo nome non gli basta per definire la sua identità, ne rappresenta solo un'insegna esteriore, ma quando si costruisce un nuovo nome e una nuova vita si accorge comunque di non essere nessuno e di non poter vivere la vita di un'altra persona, da lui stesso inventata e perciò in realtà inesistente. Si assiste, dunque, a un percorso di formazione del protagonista che termina con una completa assunzione di consapevolezza: Mattia Pascal comprende come l'identità non esista, si rende conto di non essere nessuno tuttavia egli non rinuncia totalmente al nome, segno esteriore dell'identità ma si accontenta di porgli davanti la particella fu, ad indicare l'avvenuta negazione dell'identità, negazione delle illusioni e delle costruzioni fittizie del vivere sociale.
Infine, in seguito alle siffatte spiegazioni, l'esperto conclude: Così, Pirandello in questo romanzo rappresenta tutta la crisi esistenziale, storica e il disorientamento dell'uomo moderno che, troppo spesso impaurito da ciò che lo circonda e timoroso di non essere all'altezza della situazione, cerca di sfuggire al presente; ma la drammatica esperienza di Mattia Pascal manifesta chiaramente come sia impensabile poter credere di annullare ogni vincolo sociale e umano, senza poi sentire immancabilmente la nostalgia di quell'affetto che solo il proprio nucleo famigliare può dare e che, se si è pensato anche solo per un attimo di poter evitare, diventa invece ben presto indispensabile nell'esistenza di ognuno, per arricchirla e per tenerla viva, indispensabile cioè per comprendere ciò che per l'uomo è di essenziale importanza: Essere.
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