Cuore d’inchiostro
Carta e penna tutto ciò che mi serve per far vivere parole mai sussurrate, anche i grandi scrittori si sono basati su questi mezzi tanto comuni. Mi piacerebbe riuscir a scrivere qualcosa da suscitare la fantasia e stuzzicare le menti come sanno fare i romanzieri.
Ho sempre pensato che la lettura di un libro di qualsivoglia genere sia un viaggio alla scoperta di noi stessi, di parole scritte che mai sbiadiranno nel tempo e che riescono a capirci come nessun altro può fare. Lo scrittore, una persona a noi lontana, che attraverso i suoi testi ci porta alla scoperta di nuovi luoghi, fantastici o reali. Per me la lettura è come una dolce melodia, che rallegra gli animi con parole e colori, un dolce valzer di lettere e un naufragar in spazi che solo la mente può creare.
Libri che sono anche ricordi che mai potranno appassire fintantoché noi li portiamo nell’anima e li tramandiamo alle nuove generazioni. Libri di guerre, di dolore e di pace, libri che sanno aprirti la mente facendoti pensare, vagare negli angoli più remoti della ragione e portarti fino al culmine della pazzia, dell’irrazionalità.
Non ricordo precisamente cosa accadde quel giorno, ero troppo giovane allora. Non saprei neanche dirvi se questa storia sia vera, talmente è sconvolgente agli occhi di una bambina. Non ho tempo per rileggerla, anche perché è frutto della mia memoria o forse della mia immaginazione. Magari questi sentimenti non posso neanche lontanamente comprenderli, ma mi hanno fatto provare emozioni che non mi appartengono.
La reminiscenza inizia con una solita e monotona giornata di autunno, avevo circa cinque anni. Presi la decisione di andare a scoprire il Mondo.
Uscii di casa munita di un orribile ombrellino giallo tappezzato di buchini, il mio vicino di casa, nonché il bullo che mi perseguitava, si era divertito nuovamente a farmi dispetti di cattivo gusto.
Ricordo le grandi pozze d’acqua che si riempivano nei vari solchi irregolari del terreno sudato, e con gli stivaletti di gomma rosa saltellavo allegra tra una pozzanghera e l’altra.
Una piccola bambina di circa cinque anni saltellava gioiosa e innocente tra un sorriso e l’altro; non si accorse che qualcuno la osservava da lontano.
Ripresi a camminare canticchiando una canzoncina tradizionale del mio piccolo villaggio, l’ombrello all’aria come se fosse un prezioso trofeo di cui mi vantavo.
L’uomo che ancora osservava da lontano la piccola creaturina che non aveva smesso di intonare quella melodia con la sua stridula vocina, le si era avvicinato sempre di più.
La bimba non si accorse che si stava allontanando dal villaggio mentre il fitto bosco si dipingeva vasto e maestoso agli suoi occhi.
Il malvivente sogghignava, sarebbe stato ancora più semplice se si fosse introdotta in quella selva.
Lei continuava la sua allegra passeggiata all’oscuro di tutto, ancora convinta che il Mondo fosse un posto di rose e fiori, ma non sapeva che le rose hanno le spine e che le spine pungono.
Una volta in mezzo a quel fitto verde di arbusti millenari non c’era più via di scampo per lei. Ormai era caduta in trappola.
Intanto a casa, sua sorella, l’unica persona che le era rimasta dopo l’incidente aereo che coinvolse i suoi genitori, la stava cercando disperatamente.
Al villaggio tutti la cercavano, era una delle poche bambine del paesino e tutti la conoscevano.
Quella figura strisciava di soppiatto dietro alla bimba che guardava stupita quei magnifici alberi che aveva visto solo nelle immagini illustrate dei grandi libri della biblioteca.
A un certo punto l’uomo saltò fuori dal suo nascondiglio; la piccola spaventata si mise a correre ma sapevano benissimo entrambi chi avrebbe avuto la meglio.
La fuga era sfiancante, la bimba inciampò in una delle imponenti radici degli arbusti intorno, perdendo uno stivaletto. L’uomo dietro di lei era sempre più vicino.
Un urlo riecheggiò nel cuore della boscaglia, un urlo così terrificante da non sembrare umano.
La piccola svenne per lo shock. Delle persone avevano accerchiato il malvivente, un uomo appena evaso dalla prigione della città vicina.
Al risveglio, la bimba corse in lacrime da sua sorella che pianse per il sollievo.
Dopo quell’incubo la sua anima si era fatta meno innocente, aveva scoperto che non tutti i fiori sono belli e profumati, alcuni hanno spine e altri si lasciano appassire.
Crescendo aveva imparato a essere diffidente dagli altri individui, si era rifugiata nella magia dei libri. La lettura per lei era ormai indispensabile, come una piccola porta che conduceva verso luoghi infiniti e fantastici dove niente poteva più ferirla.
Per anni aspettò qualcuno capace di capirla, aspettò qualcuno a cui indirizzare tutte quelle lettere senza destinatario. Aspettò come si aspettano i tramonti: consapevole della bellezza che si dipingerà sulla volta celeste, dello stupore di quanti sentimenti può racchiudere; aspettò paziente e speranzosa.
È mai arrivato questo qualcuno? Il cuore della bambina ha mai trovato pace e conforto nel cuore di un altro? Sarà riuscita, devastata da un’infanzia indegna di questo nome ad andare avanti nella vita a testa alta?
Questo non si sa.
Forse adesso la bambina sta vivendo una vita ancora più angosciante, forse ha trovato un equilibrio precario… forse ha trovato il suo mondo di rose senza spine nel candore di pagine macchiate d’inchiostro fresco…
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