Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
18ª edizione - (2015)

Martire di carta

Ascolta, nel silenzio che si piega lungo l’incrinarsi della sera, ascolta e vedi: pioggia che cade, pioggia che fa tintinnare le pozzanghere, che fa ruggire le nuvole. Pioggia.
Ascolta.
Hai una forma di martirio tra le mani, che ti macchia le dita di sangue e rossore e grumi di pelle: qualcuno si è scuoiato per te, anima candida, ha immolato la vita che gli scorre dentro tra pagine sottili di anima d’albero, in inchiostro che gronda di chimica e coloranti. È un processo difficile, è un processo lento: si inizia respirando.
Un martire di carta e sogni ha guardato il proprio respiro, lo ha osservato, ha assaporato come gli si incrinava sulla lingua, ha capito come si muoveva, come viveva, come vedeva il mondo che gli stava attorno. Inizia come respiro, come anima, come silenzio: inizia come una macchia di colore dietro agli occhi. Ed è piccola, immobile, in bilico sulla punta delle dita, in quel freddo spazio angusto tra realtà e immaginazione. Non si muove. Non ancora.
La prima volta che la macchia ha respirato, al martire si è fermato il cuore: non pensava che quella piccola goccia insignificante potesse vivere, non pensava potesse respirare. L’ha osservata, dal calore e dalla sicurezza del suo cervello sempre in movimento, mentre distendeva le zampe. Piccole unghie, minuscole, nemmeno capaci di graffiare: eppure l’idea si è stirata, e ha sbadigliato, e ha fatto alcuni incerti passi caracollanti.
E poi ha alzato lo sguardo, e nei suoi bei occhi gialli iniettati di sangue quel presuntuoso e folle martire ha visto l’Eterno.
Una volta visto l’Eterno è difficile tornare indietro.
Una volta visto l’Eterno uno non può far altro che ascoltare.
E quando si ascolta, si sente la vita che scorre, si sente la ruota che schiocca contro i sassi, si sentono risate rubate attorno a un bicchiere di vino. Si sente il colore dei pianti, e l’odore della gioia è ambrato, simile al miele, si attacca all’animo e riempie le dita di dolcezza, come gocce di baci lasciati da labbra amate. L’odore della rabbia è come l’aria che sibila prima della tempesta: sa di fulmini che non perdonano, di amore che scorre profondo come acqua sotto terra. L’Eterno si arrampica lungo la schiena, conficca gli artigli in un fascio di nervi nel collo, bacia con denti macchiati di rosso, apre gli occhi, li chiude, acceca, rivolge lo sguardo all’Oceano Dentro. L’Eterno non sorride, mai, perché sorridere incrina la voce: l’Eterno sa che a sorridere per lui sarà un poeta dall’anima di carta, un martire inchiodato a una croce che urla a ogni passo, e ogni voce è quella di una storia non ancora raccontata, ogni chiodo è un paesaggio descritto che si conficca nella tua mente e si spande, come petrolio nell’acqua, fino a quando non sai dove finisci tu e dove inizia lei.
Un martire di carta immerge le dita nell’inchiostro e ascolta le voci che gli sussurrano nell’orecchio di notti cesellate nell’oro, e le voci appartengono a lui ma sono anche tue, perché egli ha deciso così. La fiducia più pura si paga col sangue: una libbra di carne e di fede in cambio di centinaia di parole, una storia, migliaia di vite da vivere. Quando leggi tieni in mano un cuore pulsante: ascolti la pioggia e segni con il dito la pagina, parole sotto al polpastrello che brulicano come mosche su corpi, carne alla carne, sangue al sangue, morte che diviene vita in modo semplice e maldestro, come ogni cosa bella. Chiudi gli occhi e ascolti la pioggia, e l’Eterno ti incontra a metà strada, con le zampe sporche di terra, e gli occhi gialli iniettati di sangue, e il silenzio, che scorre dalla tua bocca alle sue fauci.
Sogni, a volte credi di volare: sei nel deserto.
Chiedi il perché.
Chiedi come.
Chiedi in che modo.
L’Eterno non risponde: non sa parlare. Non ha mai imparato. Sa solo mostrare, fa patti ai crocevia, crea martiri dalla carta.
Ascolta.
La pioggia fa ridere i vetri delle finestre.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010