Poesia - liberamente ispirata all’opera di Picasso Guernica
Bengasi a mezzogiorno,
il sussurro dei corpi
tinge le strade.
Ogni tanto il vento suona le batterie
gioca,
insegue le foglie,
è un amante irriducibile
come un padre.
I padri di Libia
hanno perso le fronde,
betullari a Novembre,
odiano i gabbiani
anche se s’avvicinano
nel coro di risa sottili.
Sulle labbra della Syrte,
sull’onde che la baciano,
la radica ostinata
protende,
indifferente e compagna all’uomo,
le vene nodose.
Misera e fiera signora,
ti porterà via Scirocco o l’acque?
Sull’altre sponde,
nelle sorridenti galere,
due miliardi di uomini
sono gomitoli di lana,
fusi negli arazzi di pochi telai.
Le sirene cantano
«Viva Dio, e le democrazie liberali».
Eppure rovina la pioggia sui palazzi,
cade,
senza più il sapore nerastro del pianto,
o dell’illacrimata inerzia,
ma in un sottobosco di perle,
tenaci,
come l’acciaio,
come gli internazionalisti.
Cade,
per portare a te che leggi,
lavoratore del pianeta,
le parole:
Socialismo o barbarie.
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