Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
18ª edizione - (2015)

Per cento fiorini

Durante una delle nostre consuete esplorazioni mattutine, il mio collega mi fece notare un bizzarro scrigno su una panca della piazza. Era accanto alla bottega di Antonio, un rinomato mercante che aveva viaggiato per l’intera Europa. Questi era solito portare in piazza le merci più strane ed esotiche, dunque ci avvicinammo incuriositi chiedendoci che cosa fosse quello scrigno e da dove venisse. Il mio collega chiese a Romolo il prezzo dello scrigno, ed egli rispose di averlo pagato una miseria rispetto al suo vero valore: lo scrigno, a suo dire, conteneva il segreto della felicità ma ce l’avrebbe fatto pagare solo cento fiorini.
Non disponendo di tale cifra, congedai il mio collega e mi diressi verso casa per raccogliere il denaro. Quando arrivai a casa trovai il disordine più assoluto, come in un campo di battaglia.
Immediatamente mi precipitai al piano interrato, ma rovinai giù per le scale — avevo scordato di far riparare il quarto gradino — e mi gettai sul tappeto sotto cui ero solito nascondere le monete guadagnate lavorando come garzone.
Aprii la botola sottostante il tappeto e rimasi pietrificato nel vedere che le mie migliaia di fiorini erano scomparse. Ero stato derubato! Mi disperai a tal punto che finii per distruggere ciò che i ladri non avevano toccato.
Improvvisamente ricordai di avere cento fiorini nello stivale sotto il letto, così salii di corsa verso la camera da letto, facendo attenzione al quarto gradino della scala.
Recuperato il borsello nello stivale, non persi tempo e corsi alla piazza, ma quando arrivai un uomo si stava allontanando con lo scrigno, che, a detta di Antonio, aveva pagato cento fiorini più una mela di mancia. Tentai di raggiungere l’uomo ma prima che potessi rivolgergli parola quello mi diede un cesto di mele credendomi un mendicante e mentre stavo per restituirglielo una donna lo chiamò in casa. Imbarazzato e sconsolato, mi allontanai pensando di rivendere le mele per ottenere altre monete da aggiungere alle ultime che mi erano rimaste al fine di ricomprare lo scrigno dall’uomo.
In quel momento due uomini vestiti di nero con le mani colme di monete e gioielli mi urtarono correndo. Al collo di uno dei due riconobbi una collana di mia moglie e allora capii: forse quei due avevano depredato i miei averi.
Mi feci riconoscere e quelli mi tramortirono con un attizzatoio. Al mio risveglio i due erano spariti, così come le mie mele, ma accanto a me c’era l’attizzatoio e senza pensarci lo presi in mano. Le guardie cittadine mi videro e mi arrestarono.
Passai la notte in prigione, dove ritrovai Romolo, l’uomo che aveva comprato lo scrigno, e Antonio, il mercante che gliel’aveva venduto. Romolo era stato arrestato per aver corrotto un cardinale, che in realtà era un truffatore sotto mentite spoglie, e Antonio perché aveva rubato lo scrigno.
Raccontai loro la mia storia e loro mi dissero che ero stato arrestato per aver svaligiato alcune case vicino al campanile, tra cui anche la mia.
Poco dopo l’alba fummo svegliati da un fulmine che colpì le sbarre della finestra della cella consentendoci di evadere. Nel gettarci dalla finestra atterrammo in mezzo alla folla spaventata, tramortendo due uomini.
Riconosciuti in loro i due ladri del giorno prima, feci per farmi valere ma dalla folla fu scagliata una pietra che mi colpì e Antonio si immerse nel mare di persone scatenando una rissa. Nel frattempo uno dei due ladri si riprese e ci disse dove avevano nascosto la refurtiva, tra cui anche uno scrigno che avevano rubato la notte precedente: stando alle parole dell’uomo, lo scrigno corrispondeva a quello comprato da Romolo e bramato da me, dunque ci dirigemmo al luogo indicato.
Giunti al nascondiglio della refurtiva, fummo sorpresi nel vedere un albero lì vicino venire colpito da un fulmine e colpire a sua volta l’edificio che andavamo cercando.
Romolo entrò sprezzante del pericolo e uscendo dalle macerie in fiamme disse di essere riuscito a salvare solo uno scrigno di metallo con cento fiorini all’interno. Purtroppo non era l’oggetto della nostra ricerca: il nostro scrigno era in legno.
Non ebbi nemmeno il tempo per decidere se essere allegro o disperato che i due ladri si ripresentarono chiedendo un risarcimento per il medico che avevano dovuto pagare in seguito ai colpi ricevuti durante la rissa di quel mattino.
Ci presero ottanta fiorini — almeno non tutti e cento!
Poco dopo uno degli inquilini delle case distrutte dall’incendio ci pregò di dargli dei soldi poiché era appena divenuto mendicante e spinti dalla compassione per quel povero vecchierello canuto gli demmo gli ultimi venti fiorini che ci erano rimasti.
Mentre ci allontanavamo il vecchierello usò i soldi per acquistare una scure, i suoi occhi si iniettarono di sangue, il suo abito bruciacchiato si tramutò in fiamme infernali e noi ci ritrovammo inseguiti da un demonio scheletrico che ci urlava contro per avergli bruciato la casa — anche se non era stata colpa nostra.
Per sfuggirgli decidemmo di guadare la parte bassa del fiume che attraversava la città ma il vecchierello infernale rubò una barchetta e usò la scure per remare e inseguirci.
Arrivati davanti al duomo incontrammo il mio collega, che fece cenno al vecchierello di fermarsi e, come spinto da divina volontà, lo fece allontanare con la scure come strascico.
Il mio collega mi consegnò cento fiorini e ci indicò la strada del ritorno, poiché né Romolo né io ricordavamo come tornare a casa.
Giunti alla casa di Romolo notai la donna che avevo intravisto il giorno prima litigare — cosa decisamente strana — con Antonio.
Da quanto capii dal litigio, Antonio era il fratello della donna, amante di Romolo.
Mentre Romolo veniva coinvolto nella discussione, tre cani randagi mi saltarono addosso, facendomi cadere il borsello con i cento fiorini, e il vecchierello di prima, che mi aveva seguito, lo raccolse, urtando però uno dei cani, che presero a inseguirlo.
Proprio mentre stavo per disperarmi per aver perso anche le ultime monete rimastemi, vidi Antonio allontanarsi a cavallo con la donna e Romolo avvicinarsi a me. Mi mostrò una lettera in cui la sua amante gli comunicava che lo avrebbe lasciato per tornare dalla sua famiglia e che per non farsi dimenticare da lui gli avrebbe lasciato un portagioie regalatole da un altro suo amante.
Così Romolo mi porse il portagioie e — non potevo crederci — era lo scrigno che andavo cercando dal giorno prima.
Finalmente, dopo tutte queste disavventure, ero riuscito ad avere lo scrigno che si diceva contenesse il segreto della felicità. Lo aprii con la curiosità di un bambino a Natale e con immenso stupore vidi il suo contenuto: cento fiorini.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010