Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
18ª edizione - (2015)

Spettacolo

Prima di comprendere quale fosse la Verità, come tutti gli altri, credevo che l’Universo fosse un insieme di atomi generatosi da solo, e che in un piccolo punto fosse nata una specie vivente capace di pensare e di svilupparsi autonomamente. Ci viene detto che siamo noi gli artefici del nostro destino, che soltanto volendo e impegnandosi si possono raggiungere grandi traguardi. Inutile dire che son tutte quante idiozie.
È palese che ci sia qualcuno, al di sopra di tutto, ma non qualcuno di benevolo come lo dipingono nelle diverse religioni, no. Lui è ben altro, ma non è cattivo. A me piace definirlo Burattinaio, perché alla fine il mondo non è altro che un gigantesco teatrino, in cui noi umani siamo soltanto dei miseri giocattoli. Chi in principio ha generato il cosmo, la Terra, gli uomini e tutto il resto, non prova compassione verso ciò che crea esclusivamente per compiacimento personale.
A Lui interessa solo che le sue bestie riescano a intrattenerlo.
Madre, padre, io davvero vi ho apprezzato, sia come genitori che come persone, pazienti e comprensivi nei confronti di tutti, oltre che con delle idee interessanti, ma avete commesso un enorme sbaglio: avete annoiato Lui.
Annoiare Lui vuol dire essere indegni di partecipare al Suo gioco, diventare la feccia del Grande Sistema, meritarsi la Sua punizione, in un qualche modo.
In seguito a un vostro atto d’amore nacqui io, bambina dai capelli neri e gli occhi verdi, e mi chiamaste Elena — a detta vostra per la mia bellezza. Ma non sembravo essere come il resto dei bambini, avevo qualcosa di diverso, e sin da piccola mi abituaste all’ambiente degli ospedali e alle continue visite psichiatriche, senza mai dirmi che cosa non andasse per il verso giusto.
Ero particolarmente introversa, incapace di esprimermi correttamente e spesso ingenua, concedevo la fiducia a chi mi avrebbe poi tagliato le ali. Divenni oggetto di scherno da parte di tutti, sia a scuola che in qualsiasi altro posto e voi, per alleviare il dolore, decideste di ingannarmi dicendomi che il problema non fossi io ma il resto del mondo, e che il Cielo fosse dalla mia parte in qualsiasi momento. Una bugia bianca, insomma, il vostro intento era certamente buono. E io vi credetti, fino a un certo punto.
Ma quando vidi che nessuno era disposto a tendermi la mano mentre i demoni erano intenti a farmi del male, capii quale fosse la realtà dietro all’enorme bugia: Dio esiste, ma non ci ama. Ci osserva dall’alto, sempre, e trae piacere dal veder soffrire noi mortali, che inconsapevoli di tutti interagiamo nel più grande teatrino esistente.
Cominciai a chiudermi per interi giorni in camera, a pensare, a piangere, toccando sempre di meno il cibo, e a tracciarmi delle profonde ferite su tutto il corpo. Me lo meritavo. Stavo lentamente scivolando nella follia.
Pensai che parlarne con voi genitori mi avrebbe almeno minimamente sollevata, ma così non fu. Mi riportaste dallo psichiatra, che aumentò le dosi dei farmaci, mi sgridaste quasi ogni giorno per i miei pensieri deviati e pregaste quotidianamente il vostro Dio affinché io «trovassi la giusta direzione».
Fu tutto inutile, niente riuscì a tirarmi su da quella che era una spirale di totale disperazione.
Cominciai a pensare alla morte.
Mi ha parlato, ieri sera. Mentre osservavo il mio petto ormai lacerato dai tagli, comparve Lui.
Disse che era interessato a me, che aveva intenzione di tenermi in vita, a patto che lo servissi.
Pregando, dedicando il mio tempo e sanguinando per Lui. Forse per orgoglio, forse per odio, rifiutai urlando il Suo invito. Non ho intenzione di vivere per chi mi ha creata con il solo scopo di farmi soffrire.
L’unico modo per liberarsi dai fili del Burattinaio è quello di tagliarli, e di conseguenza morire. Non esistono seconde vie.
Voi non vi meritavate questo, davvero. Non avete commesso niente di malvagio nei miei confronti, mi avete cresciuta e mantenuta nel migliore dei modi, e curata finché avete potuto. Avete tentato di salvarmi il meglio che potete, e questo lo apprezzo molto. Ma i Suoi piani non prevedevano questo.
Mi dispiace.

Dopo aver trovato e letto la sua lettera, i genitori di lei erano subito andati a cercarla, avvisando immediatamente le forze dell’ordine. E lei era lassù, su uno dei tanti palazzi di periferia, alto forse una settantina di metri o anche più. Di sotto c’erano degli agenti di polizia, i vigili del fuoco e altre persone, a cui non importava veramente che cosa stesse accadendo, che riprendevano la scena.
Lei non parlò, si limitò a scrutare ciò che le stava sotto: sua madre era lì, che piangeva disperatamente e accanto suo padre, che tentava di calmarla. Non era colpa loro, alla fine, e a lei dispiaceva fin troppo abbandonarli in quello stato.
La scena durò per qualche minuto, quando lei guardò per un’ultima volta il cielo, sorridente, per poi chiudere gli occhi e infine lasciarsi andare.
E in quegli ultimi attimi che separavano il suo corpo dal suolo, la vita dalla morte, lei era felice.
Felice di poter essere fuori dal Suo spettacolo, e di essere finalmente libera.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010