Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
18ª edizione - (2015)

Journey

Il vento spira sulla sabbia dorata modellandola secondo il suo volere, giocando con i suoi luccicanti granelli. L’afa offusca l’orizzonte.
La nostra visuale ora si concentra sul movimento del flusso d’aria.
Sferza rapida sulle dune sino a incontrare qualcosa: è una figura vestita di una semplice mantella purpurea. Un essere antico ed etereo, quasi composto da un’ombra soffusa: esile e misterioso.
E pensare che tutto ciò è racchiuso nello schermo di una stanza, una stanza di fronte a cui si staglia però un mondo desolato e suggestivo.
Noi siamo proprio in quella stanza mentre osserviamo.
I nostri sensi e la nostra percezione sono concentrati su quelle immagini chiare ed essenziali, ricolme di significato.
Incliniamo il polso, il joypad e di conseguenza l’inclinazione stessa della visuale da cui osserviamo quella realtà esotica, nel modo in cui ci viene proposta.
Il barlume della sabbia naviga come un flusso lucente. Il nostro pollice ora scivola sullo stick: un passo e poi un altro. Sì, è così… proprio in questo momento è nato il collegamento.
A grandi falcate, l’essere purpureo percorre la duna di fronte a sé. La sabbia si scosta ai lati della figura al suo passaggio e la mantella danza nel vento. È una situazione tanto fine quanto ricca di potenza emotiva: la linea che separa la realtà dall’affinità di interazione diventa sempre più delicata e inconsistente.
Sulla sommità della duna sono poste due alte lapidi forate a cui sono legati dei leggeri drappi rossi.
L’orizzonte oltre la duna sarà interrotto dalla visione della nostra meta. Ebbene, dalla vetta della duna intravediamo un monte solcato da un perfetto squarcio lucente e il sole che vi filtra ci regala l’eternità. Il resto è desolazione.
Un mare dorato si protende davanti ai nostri occhi così come quelli del misterioso viaggiatore.
La melodia di un violoncello risuona nell’aria interrompendo il magico silenzio che regnava.
I drappi purpurei delle lapidi vengono smossi da folate di vento. La totale immersione è avvenuta in pochi secondi.
Siamo di fronte alla pura unione di un’opera video ludica e sinestesia: i sensi si inseguono a vicenda.
Arte espressiva volta a narrare la storia di un Viaggio nella desolazione più totale e in un’atmosfera nostalgica, nel paradossale alternarsi di note e silenzi.
L’interattività proposta genera un legame con l’essere purpureo: siamo come due anime affini.
Lasciandoci coccolare dalla morbida e calda sabbia introduciamo un Viaggio nell’oblio, un oblio dato da cambiamenti che però non hanno smosso la natura del nostro essere: ciò che proviamo è reale!
L’esile figura arabeggiante può solamente camminare, balzare nell’aria volteggiando trasportata dal vento e interrompere il silenzio attraverso una singola nota: breve ma intensa, capace di smuovere la materia intorno a sé e le nostre coscienze, risvegliare da sonni eterni.
E con queste semplici capacità esploriamo un vasto mare di solitudine. Siamo soli e liberi ma imprigionati allo stesso tempo. Abbiamo però una meta che ci spinge a compiere il Viaggio.
Dapprima le dune lastricate da altari e lapidi di essenziale fattura ci indicano la via per condurci verso le rovine di un’antica civiltà. Le figure parietali presentano personaggi dalle fattezze a noi simili: predecessori del nostro essere, risiedenti in questa civiltà sacra della cui disfatta siamo noi i testimoni. È una disfatta silenziosa e tombale rischiarata dalla luce del sole.
E i frammenti di drappo rosso trovati lungo la via allungano la sciarpa del viaggiatore: ora possiamo librarci per più tempo nell’aria, come per magia, affiancate da quelle creature color cremisi simili ad aquiloni. Essi sono la nostra unica guida al momento: rimembranze di un lontano passato.
Viaggiamo per deserti ambrati e rosei, luccicanti come l’oro.
Navighiamo lungo onde di sabbia animate da una forza quasi ancestrale fino a valle, superando rovina dopo rovina: architetture perfette.
Un viaggio nella solitudine, sì: spettatori dell’eredità lasciata dal misterioso e antico popolo.
Il calore del sole, il deserto rosso e le creature cremisi non compensano però ciò che risiede sotto di essi. Quando il sole muore all’orizzonte e il buio si impadronisce di noi, la solitudine si fa più marcata.
Sottoterra il blu e il nero regnano. Le creature vellutate sono come morte in quel luogo buio e freddo. Possiamo risvegliarle, è vero, ma ciò non scaccerà la paura instillata nei nostri cuori. Ansia, angoscia, terrore: l’uomo è messo a dura prova di fronte allo stravolgimento della realtà avvolgente che regnava in superficie a causa di quelle antiche e gigantesche creature. Noi stessi siamo costretti a muoverci nell’ombra. La paura è reale e vera.
Che l’essere purpureo sia un’effigie del nostro animo così come del popolo caduto? Le lugubri e pallide figure sacerdotali che ci appaiono in visione narrano la storia dell’antica civiltà, dopo averle risvegliate illuminando gli altari e meditando nel poco tempo che ci è concesso per riposare. Bisogna raggiungere la meta.
Angoscia, nostalgia, appagamento, accettazione, rassegnazione, speranza, vita, morte: il brivido è dato da queste fondamentali emozioni componenti il nostro animo.
Durante il cammino vi è il raro dono della compagnia: un altro viaggiatore può essere incontrato.
Scambiare con lui la propria essenza e le emozioni; comunicare anche se difficilmente; aiutarsi nei momenti di bisogno, quando la rassegnazione ci costringerà rannicchiati al freddo e nel tepore della morte. Il canto dei due viaggiatori risveglierà i fregi sulle loro vesti infondendo quel poco di magia per sopravvivere.
Instaurare un legame durante questa breve esistenza… un messaggio molto vicino a noi: la fiducia.
Aspettarsi, incontrarsi, proseguire assieme lungo la stessa strada: vincitori sull’oblio e l’eternità del tempo, sull’insensatezza di ciò che non possiamo spiegarci.
La musica esalta i vibranti colori e l’intensità di questo pathos, di queste esperienze suggestive, di queste architetture lontane. Un Viaggio verso un luogo di rinascita e di espiazione.
Il tutto è un flusso, come lo è la vita.
Il viaggio può essere vissuto da ognuno in modo assai diverso: la cognizione della realtà propria ci caratterizza, ci rende individui e ci aiuta a comprendere quella più vera e profonda, razionale e unione di tutte le verità esistenti.
Alla fin fine le persone non possono che farsi domande su domande ed è per questo che necessitiamo di uno scopo per proseguire quel Viaggio chiamato vita. Il nostro attuale livello di esistenza non ci permette di comprendere appieno ogni cosa e razionalizzarla in rapporto alla principale realtà, ma questo Viaggio visivo, uditivo, tattile e percettivo ci aiuta ad assaporare e a capire l’importanza di una vita vissuta pienamente con momenti difficili e non, grazie a quelle piccole cose che l’opera ci propone, in un mondo in cui davvero poco può essere afferrato.
Quale miglior paesaggio, se non un deserto per ragionare sulla profonda conoscenza di sé?

Il testo tratta di una visione più o meno complessiva del videogioco Journey, sviluppato da Thatgamecompany nel 2012. Il gioco, come è possibile capire dal testo, propone una vera e propria esperienza interattiva di una profondità immensa. In questo caso Journey è un vero e proprio condensato d’arte rendendo il gioco stesso un capolavoro dal punto di vista sia video-ludico che artistico.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010