Carta bianca
Questo è il momento che amo di più in assoluto. Una ragazza, una scrivania, una matita rosicchiata e un foglio di carta bianca. L’aria fresca della sera fa a gara con l’ultimo raggio di sole per solleticarmi la pelle entrando dalla finestra semiaperta. L’immancabile gatta tricolore mi sorride sorniona, accoccolata in cima alla credenza, guarda il mondo con l’aria di chi la sa lunga. Lei non ha bisogno delle parole, affida i suoi pensieri all’aria della sera, quello che ha nel cuore traspare dagli occhi di topazio, dai baffi che fremono in risposta alle mie domande. Io non sono così, devo affidare alla carta quello che provo… forse perché ho paura di dimenticare, sono talmente occupata a vivere appieno ogni istante della mia vita che voglio imprigionarlo in un foglio per poterlo rivivere quando, un giorno, mi troverò a fare i conti col peso degli anni e dei ricordi. Ma è davvero così? Posso davvero imprigionare tutta la mia vita sulla carta? Mettere tutto nero su bianco… sembra così definitivo, così immutabile. Eppure sono qui anche stasera, pronta a lasciare che il fiume di parole che mi vorticano nella testa inondi il foglio bianco che ho davanti, pronta ad affidargli i miei timori e a sentirmi più leggera dopo averlo fatto. È difficile, i pensieri scorrono più veloci della penna, mi perdo nelle mille congetture.
Come si fa a suscitare emozioni partendo da un foglio bianco? Come si può creare un capolavoro lì dove prima non c’era che la nuda carta?
La risposta è nelle parole.
Così come il pittore riempie la tela di colori, lo scrittore riempie il foglio di lettere e il musicista riempie il silenzio di suoni. Chissà cosa ci porta a emozionarci leggendo una poesia, un libro… forse il rivedere se stessi in quelle righe, o magari l’autore stesso, vedere la parte più profonda di un uomo o una donna che sono riusciti a tramutare i loro pensieri in parole, scorgere in quelle righe una parte della loro vita e prenderla in prestito per poter vivere per qualche istante quello che hanno vissuto e provato loro.
Magari è per questo che leggiamo, quando la nostra vita non ci basta più cerchiamo di arricchirla con le esperienze altrui, ci rifugiamo tra le pagine di un libro, nelle righe di una poesia o nel testo di una canzone. È affascinante pensare a come, dal silenzio, sia stato generato il suono. Le emozioni che trasmettono certe canzoni, poi, sembrano provenire dal profondo dell’animo; echi di un ricordo lontano.
Molte persone sono in grado di scrivere, ma solo poche sono in grado di emozionare. I temi che coinvolgono di più sembrano essere la morte e l’amore, forse perché sono due dei misteri più grandi della vita (come del resto la vita stessa). L’amore, essendo già di per sé un sentimento, parrebbe scontato, ma la morte… come si fa a pensare che ora siamo qui e un giorno non ci saremo più?
Come si può anche solo immaginare che tutti i nostri pensieri e tutto quello che siamo morirà con noi? Molto semplicemente, non si può.
È un’idea insostenibile, ed è qui che poeti, scrittori e tutti quelli che hanno deciso di lasciare una traccia di sé sulla terra entrano in gioco.
Un giorno anche loro smetteranno di essere, ma saranno sempre ricordati per ciò che hanno fatto. In qualche modo sono riusciti a rendersi immortali.
Le parole sono queste: sono salvezza, sono immortalità.
Rivivere nei pensieri di chi legge le proprie opere, riuscendo ogni volta a emozionare , la trovo una cosa bellissima.La morte e il silenzio possono essere ingannati, i poeti, gli scrittori, i cantanti… tutti loro sanno come imprigionare l’essenza dei sentimenti nelle parole. O, almeno, se non proprio tutta l’essenza, sanno almeno coglierne i tratti più profondi. È per questo che riempio i fogli bianchi, ho bisogno di creare qualcosa che mi permetta, un giorno, di far provare a qualcuno quello che altri, con le loro opere, hanno fatto provare a me.
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