La forza di Sansone
Stupito. Attonito. Impietrito davanti a quell’opera così sublime. Aveva ormai perso il conto delle innumerevoli volte che l’aveva contemplato, quel quadro. Eppure, ogni volta, Sansone perdeva la cognizione del tempo, e avrebbe potuto ammirarlo per ore, quel dipinto che per lui rappresentava la più alta manifestazione d’amore nell’arte.
Fermo davanti a Il Bacio di Francesco Hayez, Sansone era la perfetta incarnazione della meraviglia. E più io guardavo il mio amico, con quello sguardo apparentemente vuoto ma che tradiva un’esplosione interiore di sentimenti, più mi rendevo conto di quanto fosse unico, quel ragazzo biondo e con gli occhiali forse un po’ troppo spessi per una semplice miopia.
Era una persona straordinariamente emotiva e delicata, capace di vedere in ogni cosa ciò che di meglio si possa trovare. Forse è vero che sono le persone più sensibili e profonde a rendere migliore il mondo. In fondo, credo che la mia amicizia nei suoi confronti culminasse in una punta d’invidia.
Sansone, lo chiamavamo. Come il giudice di Israele che traeva forza dai propri capelli. E Sansone di forza ne aveva, ma non fisica, bensì virtù d’animo. Resilienza morale, oserei definirla. Ne aveva tanta. Sempre sorridente, vivace, pieno d’iniziativa. E la fonte della sua vitalità non era la sua chioma dorata, ma gli altri. I suoi amici. Chiunque gli stesse accanto. Chiunque si sentisse bene, o era semplicemente contento per qualcosa. Sansone faceva dell’allegria altrui la propria soddisfazione più grande. Era un vulcano di gioia e ottimismo, e con la sua ilarità travolgeva tutti coloro che erano in contatto con lui, dando vita a un circolo vizioso di felicità.
E poi, quel quadro. Quell’opera, che rappresentava i due amanti, era l’altro punto di forza di Sansone. Un abbraccio. Un bacio. Volere bene a una persona. Sansone s’ispirava a quel dipinto, era il suo modello. Nei momenti difficili, quando la sua felicità travolgente si affievoliva per un istante, pensava al capolavoro di Hayez, e subito si sentiva spronato a migliorarsi sempre di più, e il suo sorriso si allargava di nuovo.
Era difficile a credersi, ma anche Sansone passava dei brutti momenti a volte. Semplicemente, non lo dava a vedere agli altri. Perché alcune cose facevano soffrire anche lui. Risentimento, disprezzo, odio, l’intolleranza più assoluta nei confronti di qualcuno. Siamo sempre così impegnati a litigare con chiunque abbia un’idea diversa dalla nostra, a voler avere ragione a tutti i costi, affoghiamo nella nostra arroganza a tal punto da non essere neanche più capaci di ascoltare chi sta cercando di aiutarci. Un consiglio, un’opinione, una critica. C’è forse occasione migliore per fermarsi un momento a riflettere su quello che stiamo facendo, capire i nostri errori e correggerci?
«Ecco vedi – mi ripeteva spesso Sansone quando osservavo insieme a lui Il Bacio – magari quel giovane fino a qualche momento fa stava sbagliando, stava commettendo qualche errore… e non riusciva a rendersene conto. La sua amata glielo ha fatto notare, l’ha corretto».
«E a quanto pare – aggiungeva divertito – ci è pienamente riuscita, e lui finalmente ha capito e si è migliorato. Il dialogo è la migliore soluzione. Si risolve qualsiasi tipo di problema. Quando non si ha la possibilità di confrontarsi con gli altri, sono guai seri».
Anche se non ero tanto sicuro che fosse quello il motivo per cui quel ragazzo baciava la propria amata, era bello immaginarlo così. Mettere da parte ogni pregiudizio ed essere pronti a riconoscerci nel torto. Non è poi così difficile trovarsi bene con qualcuno. Se ci riescono due persone inanimate in un quadro, sicuramente possiamo farcela anche noi.
C’era un elemento in particolare di quel quadro che stava a cuore a Sansone. La ragazza. Un aspetto importantissimo dell’opera.
Ho già detto che Sansone era molto sensibile. Era diverso dalla maggior parte dei suoi amici. Era una persona molto semplice, modesta e rispettosa. Mai l’ho sentito insultare qualcuno, nemmeno il suo peggior nemico. Anche perché di nemici non ne aveva. I pensieri oltraggiosi e le parole ingiuriose erano i suoi unici avversari. Qualsiasi comportamento bugiardo e ingannatore.
Troppe volte Sansone aveva dovuto sopportare le boriose affermazioni di ragazzi presuntuosi. Battute stupide, epiteti provocatori, insulti offensivi e per di più falsi e infondati. Rivolti non solo alle sue amiche, ma a ogni ragazza in generale, ogni donna.
Non li sopportava. Lo facevano stare male. In silenzio, si faceva scivolare addosso tutto quello che giungeva alle sue orecchie. Non perdeva tempo a rispondere, non si metteva a discutere con certa gente. Non si abbassava a certi livelli. Erano proprio quelle parole tracotanti dei suoi coetanei, anzi, a motivarlo a essere migliore. Sapeva di essere lui dalla parte della ragione, e non loro.
E il quadro era la prova più evidente a sua disposizione. E se anche qualcuno avesse avuto da ridire in proposito, lo era comunque per lui. Questo bastava, nient’altro. Ogni tanto, indicandomi il braccio della ragazza appoggiato sulla spalla del suo cavaliere, e le mani del giovane che andavano ad accarezzare delicatamente il viso della dama; bilanciando il peso da una gamba all’altra e soppesando ogni singola parola con fare da critico d’arte consumato, mi diceva: «È solo per un attimo, ma ha il potere di durare un’eternità. Se ne sta per andare, ha già un piede sullo scalino. Deve affrontare un’impresa ardua e pericolosa, un compito che mette a repentaglio la sua stessa vita. Forse deve affrontare un nemico, nascosto nell’ombra là in fondo. Porta un pugnale sotto il mantello, non si sente al sicuro. E prima di andare, bacia la sua amata. Avrebbe potuto farsi coraggio insieme ai suoi compagni d’armi. Salutare un suo camerata. Chiedere la benedizione del suo re inneggiando alla gloria della patria. E invece ha scelto lei. L’unica persona in grado di dargli tutto il coraggio e la forza a lui necessari. L’unica persona per cui valga la pena di combattere».
Un vero romantico, Sansone. Ma il suo non era un discorso puramente passionale.
Attraverso quel quadro analizzava la donna nella sua integrità, soprattutto ne evidenziava le capacità intellettuali. La sua importanza indispensabile per il progresso della società.
«Marie Curie, Rita Levi Montalcini, Maria Montessori, Emily Davison… solo per citare le prime che mi vengono in mente. Se non fosse stato per Beatrice, Dante sarebbe morto nel peccato; e senza Laura il Petrarca non avrebbe scritto il Canzoniere» mi disse una volta Sansone, come se avesse bisogno di una prova tangibile per difendere le sue idee: “È scioccante pensare che le donne abbiano ottenuto i propri diritti solo dopo secoli di lotta per la propria emancipazione”.
Le difendeva strenuamente. Più volte ebbi la sensazione che quasi le ammirasse, come chi si sente in dovere di riconoscere a qualcuno i suoi meriti, attraverso complimenti sobri e osservazioni sincere, libere da ogni falsità e ipocrisia. E la sua più grande paura era che delle innocue battute, dette da qualche stolto con l’unico scopo di rafforzare scioccamente la propria autostima, potessero diventare qualcosa di molto più pericoloso e tragico. Qualcosa in grado di ferire una donna nella propria dignità, di scuoterla irrimediabilmente nell’orgoglio e di rovinarla per sempre nella sua personalità femminile. Insulti, minacce, molestie fisiche e verbali.
Violenza di genere. Piaga atroce, flagello psicologico, tormento sociale. Una disgrazia maledetta che Sansone ha dovuto combattere da vicino qualche anno fa, e contro la quale ha lottato tenacemente. Accanto alla sua più cara amica, rimasta vittima di un atto bestiale. Una ragazza che molto probabilmente non sarebbe stata in grado di superare una situazione del genere senza il suo preziosissimo aiuto. Non me lo ha mai detto Sansone, venni a saperlo in seguito dai suoi genitori. Non ebbi il minimo sospetto di quello che stava affrontando. Come avrei potuto capirlo, con quel largo sorriso sempre presente sulle sue labbra? Fu in quel momento che capii il vero motivo per cui Il Bacio gli era così caro. Da allora, nel suo portafogli, accanto a quelle della sua famiglia, ha sempre portato la fotografia di una donna diventata per lui, e per molte altre persone, il simbolo della ribellione contro l’ingiustizia. La foto di Franca Viola.
A qualcuno potrebbe sembrare esagerato fare simili riflessioni partendo da un semplice quadro. Forse lo è. Diverse volte ho avuto l’occasione di sentire le critiche che muovevano al mio amico.
Mi ricordo in particolare di un litigio con suo fratello, più grande di lui di un paio d’anni, avvenuto un pomeriggio in cui ero andato a studiare a casa sua: «Apri gli occhi Sansone, torna alla realtà. Vivi in un mondo perfetto, tutto tuo, fatto di pace e amore. Ma questo, quello in cui vivi realmente, non è così. È stupido poter pensare a certe cose, non ha senso parlare di odio e violenza solo guardando un dipinto.»
Le cose non si mettono a posto solo perché un pittore ha ritratto due amanti. Ma Sansone era fatto così, aveva la capacità di andare lontano con la mente e col cuore. Non poteva farne a meno. Penso anzi che fosse uno dei pochi in grado di sognare, capace di vedere oltre i difetti di una persona e apprezzarla per i suoi pregi. Di andare oltre il senso comune di passività di fronte alle situazioni più difficili e negative e fare qualcosa per cambiarle e renderle migliori.
Qualche giorno fa, in una mite e soleggiata giornata di fine febbraio, che lasciava sperare in un arrivo anticipato della primavera, ebbi la prova di quanto Sansone tenesse alle sue amiche. Tornato a casa dopo la scuola, trovai una busta chiusa nel mio zaino. Qualcuno l’aveva infilata tra i libri di nascosto. La aprii, e dentro ci trovai un foglio sul quale era stata scritta una poesia con un pennarello nero. Sopra, scritto in rosso e a caratteri cubitali, in stampatello, c’era un titolo, 8 marzo. La poesia recitava così:
Donna sensibile libera e forte
Pensiero costante libero e puro
Stella polare nella torbida notte
Unico faro in un mare insicuro
Sorgente suprema di ogni certezza
Donna compagna di vita leale
Fautrice gioiosa di pace interiore
Inesauribile fonte di virtù morale
Splendido adorabile fiore
D’infinita delicatezza
Donna radiosa d’angelica scia
Aura felice incornicia il tuo viso
Essenza dell’anima mia
Sono il tuo sguardo e il tuo dolce sorriso
Il tocco leggero di una carezza
Donna intensa salvezza dell’uomo
S’inebria impotente d’amore la mente
Il tuo più grande inestimabile dono
Senza te non è niente
Frutto appassito di ogni dolcezza
Sotto l’ultimo verso era stata disegnata una mimosa usando i pastelli a cera, e con delle matite colorate aveva disegnato dei ghirigori tra una strofa e l’altra. Un bel quadretto, nell’insieme. In fondo al foglio, scritta a matita, c’era una postilla:
Caro Lorenzo, pensando al quadro di Hayez, giusto l’altra sera ho avuto l’ispirazione per questa poesia. L’ho scritta come omaggio alla Giornata Internazionale della Donna. Vorrei farla avere a ogni nostra amica, sarebbe un augurio molto carino in occasione dell’8 marzo. Purtroppo provo troppa vergogna a spedirla personalmente e non so come fare. Se posso chiederti un favore, vorrei che lo facessi te al posto mio. Puoi anche dire che l’hai scritta tu, se preferisci. A me basta sapere che qualcuna, leggendola, si senta importante; e che riesca a renderla felice. A me ha fatto questo effetto semplicemente scrivendola.
Sansone
Devo ammettere che come poesia mi lasciò un po’ perplesso. Aveva uno schema rimico che non avevo mai visto, e ancora meno seguiva un filo logico preciso. Si sarebbe potuto invertire l’ordine delle strofe a proprio piacimento, e il significato generale del componimento non sarebbe cambiato. In sostanza, consisteva di quattro stanze messe una di seguito all’altra, totalmente indipendenti tra loro. Riflettendoci bene però, in fondo era proprio quella sua esaltata semplicità e naturalezza a renderla unica. Rispecchiava perfettamente il carattere di Sansone. Un fiume straripante di pensieri e sentimenti indomito da qualsiasi diga razionale. Era una poesia che allo stesso tempo esprimeva tutta la stima e il rispetto che provava per le donne e mostrava i pregi che rendevano eccezionale il mio migliore amico. Sensibile. Libero. Forte.
Rileggendola una seconda volta, non potei trattenere un sorriso.
Non preoccuparti Sansone. Ti prometto che ci penso io.
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