Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
18ª edizione - (2015)

Punto a capo
di Francesca Giustini
Secondo premio

Non so perché leggo.
Forse perché i libri mi somigliano.
Hanno righe fitte di segni neri spigolosi, come i miei discorsi confusi.
E ogni riga va a capo.
A capo come le mie ore, i miei minuti, i miei giorni.
I miei anni.
Fin dalla mattina, quando apro gli occhi e mi ritrovo nella stanza dove li avevo chiusi la mattina
precedente, sento come se qualcosa nella mia vita fosse tornato a capo.
Vedo davanti a me un’infinità di minuti, di passi e di silenzi prima che la giornata finisca e tutto
torni a capo.
Di nuovo.
È come un salto.
Un nuovo segno nell’aria, qualcosa che si aggiunge al peso della mia mente e va dietro alle mie
spalle ogni volta che la riga finisce e va a capo.
Ogni silenzio è un punto a capo.
Il silenzio dopo un discorso con qualcuno.
Quando non hai più nulla da dire e hai gettato tutte le carte in tavola e rimani in silenzio.
Sbigottito.
O solamente annoiato.
Dopo aver riempito lo spazio fra i confini del silenzio di parole snocciolate, scelte accuratamente o
sbattute in aria per la fretta, torna il silenzio.
Il freddo silenzio.
E il silenzio è un punto a capo.
Devi aguzzare la vista e ricostruire di nuovo le parole, le frasi con cui riempire la nuova riga che si
presenta davanti a te.
Aguzzare la vista per cercare le parole e riassemblarle.
Sperando, ovviamente, che a chi ti ascolta piaccia come siano disposte.
Altrimenti l’autore si stizzisce e ti manda di nuovo un punto a capo, ritorna, impassibile, il silenzio
tra te e chi hai davanti.
Come capita a volte, quando accade ciò che non vorremo accadesse…
È rassicurante, quasi appagante prendere in mano un libro e aprire una pagina.
Magari non la prima, una pagina a caso.
Osservare le righe che vanno puntualmente a capo secondo il margine.
E, per una volta, sentirsi i padroni.
Anzi, gli spettatori.
Sentirsi come chi è fuori e si gode la scena.
Fare il tifo per chi vince o chi perde e vedere ogni volta il testo che va capo.
La vicenda che va a capo.
Chi non ha mai provato non capisce.
Non sente il continuo picchiettare della lancetta contro il tempo che ogni giorno, ogni ora, ogni
minuto della tua vita ti manda a capo con la calma di chi fa il suo dovere giornaliero.
Non capisce la calma dei segni spigolosi di inchiostro sopra una pagina.
Non comprende che i segni messi insieme e decifrati formano storie di vite intere, oppure pensieri
che erano nella mente di altri e ora si trovano lì, in esilio, su di un foglio.
Sulla pagina di un libro.
Non capiscono che leggere è azzerare il calcolo del tempo, degli anni, delle perfide lancette dalle
30
quali tutti cerchiamo di scappare.
Non capiscono che nuotare attraverso i capitoli ti dà una garanzia, un dono insostituibile.
La possibilità di non andare mai a capo.
Leggere è una riga continua.
Ti dà l’opportunità di scrivere la tua vita su un foglio interminabile, dove non esiste il margine.
Nell’oceano di un libro le lancette non parlano.
In un libro non esiste il silenzio nudo di parole.
In un libro non esistono ore o minuti.
In un libro non esiste un 2015 o un 1492.
In un libro non esistono il tuo nome, la tua età il tuo lavoro…
Il tempo che hai a disposizione.
In un libro non si invecchia di un giorno.
Non si perde un giorno
Tutti i giorni sono in fila davanti a te, disposti ordinatamente lungo la riga infinita delle pagine.
In un libro si è immortali, perché il tempo è congelato in una frase eterna.
Senza punti a capo.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010