Il dono della ragione, caratteristica dell’uomo
Una sera ero nel mio letto e stavo leggendo un romanzo di William Golding intitolato Il signore delle mosche, quando le palpebre, allietate dal caldo delle lenzuola e dal silenzio che regnava nella camera, iniziarono a cadermi.
Deciso però a continuare l’avvincente e coinvolgente lettura cercai di svegliarmi. Mi stiracchiai, bevvi un sorso d’acqua e ricominciai a leggere. Una pagina e ancora le palpebre ricadevano. Un’altra ancora e iniziai inconsciamente a rileggere la stessa parola per più e più volte fino a non capirne più il significato. Credo che a tutti sia capitato di leggere o pronunciare sì tante volte una parola da percepirla solo come insieme di segni, di lettere, senza capire che significato intrinseco racchiuda.
Chiusi il libro, avendo capito che proseguire la lettura mi avrebbe portato alla pazzia. Spensi la luce ma non mi addormentai subito come previsto; iniziai a pensare che era molto affascinante il fatto che leggendo una parola più volte questa avesse perso il suo significato e fosse divenuta solo una successione vuota di lettere.
Allora pensai: cos’è la scrittura se non una successione di segni apparentemente insignificanti? Capii anche che solo l’uomo è in grado di scrivere. Del resto, voi avete in mente qualche altro animale terrestre capace di compiere questa azione? Il problema non sta nella capacità fisica di mettere in fila dei segni; sono infatti dell’idea che una scimmia messa a prova da alcuni scienziati ne sarebbe capace. Il problema, al contrario, sta nel concepire un’idea, un concetto, nell’usare quindi quella caratteristica che solo gli uomini posseggono: la ragione.
Fin dall’antichità, anche se non ci pensiamo, gli uomini sono stati capaci di concepire un pensiero con l’utilizzo della ragione. Dopo questo primo passaggio hanno desiderato fissarlo nello spazio e nel tempo con l’utilizzo della scrittura.
Azione conseguente alla scrittura è la lettura. L’uomo è in grado quindi anche di leggere e comprendere il pensiero di un altro uomo; e così si instaura un legame tra persone che spesso non si conoscono. Intendo dire che se un uomo scrive, è perché vuole comunicare qualcosa a qualcun altro. E il lettore deve esprimere un proprio giudizio su ciò che ha letto. E così è inevitabile che si instauri un legame tra lo scrittore e colui che legge.
Inoltre non è detto che se un uomo scrive debba per forza dire cose ragionevoli, ma non è questa la mia preoccupazione. Penso infatti che la concezione di un pensiero, e quindi di uno scritto, sia soggettiva e in un certo senso sempre corretta e ragionevole. Si potrebbe pensare che ciò che viene scritto debba essere legato alla realtà e alla verità; ma non bisogna fermarsi solo alla realtà concreta dei fatti. Anche se qualcuno scrivesse una frase come «i cavalli camminano sui muri di casa mia», secondo me, lo farebbe intenzionalmente, con un motivo magari noto solo a lui. È impossibile che delle parole vengano scritte senza un senso. Possono apparire così, ma in verità hanno uno scopo ben preciso. Se prendessimo la frase d’esempio solo come successione di parole, non avrebbe alcun significato, alcuna ragion d’essere, non sarebbe legata alla realtà e alla verità. Ma se invece venisse considerata come una frase non nata dalla realtà, ma da un pensiero, avrebbe più senso.
Inoltre se abbiamo detto che ciò che viene pensato e scritto è soggettivo, è normale che qualcuno con una idea contraria ribatta, creando quel dialogo di cui si parlava.
A questo punto, qualcuno potrebbe quindi ritenere che una delle invenzioni più affascinanti sia quella della scrittura. Per me invece lo è molto di più la ragione dell’uomo. Perché agli uomini, a me, a voi che state leggendo, unici esseri al mondo in grado di farlo, è stata donata la ragione. Infatti questa non è stata data ad altri animali, agli orsi, ai maiali, ma a noi! Sono perciò dell’idea che siamo stati preferiti da Colui che ci ha creati e che ha deciso di farci questa grazia, questo dono: non dobbiamo buttare via la nostra principale caratteristica.
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