Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
17ª edizione - (2014)

Complementarietà

Sezione Osservazioni Personali del Medico Curante:

Era diversa da qualsiasi paziente avessi mai ricoverato in quasi trenta anni di carriera. Era timida e pensierosa, ma a differenza di tanti col suo problema, non dimostrava alcuna forma di aggressività; forse la sua era tacita rassegnazione.

Reperto 1 – Dal diario personale della paziente:

7 Gennaio
Ancora non si è accorta di me; d’altronde, perché avrebbe dovuto?
Ho sempre vissuto nella convinzione che uno sguardo, un singolo sguardo fosse in grado di arrivare fin nelle zone più recondite dello spirito umano, convinzione questa che mio padre non tardò a tacciare già in tenera età. Per carità, gli volli bene, ma non posso dire che la sua idea di educazione non lasciasse a desiderare: le altre bambine avevano le bambole, io avevo la matematica; loro disegnavano, io imparavo il galateo; loro correvano in lungo e in largo per le strade di San… e a loro era concesso sperimentare l’ebrezza delle prime innocenti curiosità sessuali, a me non rimaneva che una finestra che affacciava sul cortile dell’accademia femminile di ballo della città e il sapore amaro della cinghia che col tempo cominciai ad apprezzare

Dopo 6 mesi di cura intensiva nei quali ho impiegato tempo ed energie affinché la paziente ristabilisse un contatto con la realtà questa, con mio enorme stupore, rivela di possedere una fervidissima immaginazione; oggi ha cominciato tre tele: un paesaggio, una natura morta, un ritratto di donna che fuma dallo sguardo cogitabondo… come lei…

Reperto 2 – Dal diario personale della paziente:

30 Febbraio
Sono ormai tre mesi che frequento Sophie, ma la percepisco così fredda e distante da me…una volta qualcuno ha detto che l’amore più puro è quello non corrisposto. No, non posso credere che sia così. Non posso credere che l’unico scopo possibile per l’umana natura sia di adoperare tutta se stessa, tutti i propri sforzi per giungere al massimo a sfiorare quella completezza che è perfezione spirituale.

Al secondo mese di terapia i miglioramenti sono palesi, la paziente fatica sempre meno a instaurare un dialogo con lo staff medico del centro e le crisi si presentano con minore frequenza. Forse a breve potrò ridurre le dosi del trattamento farmacologico, sempre che lei me lo permetta…

Reperti 3 e 4 (non datati) – Dal diario personale della paziente:

Le ho dato tutta me stessa, ma non era mai abbastanza. Non mi aspettavo di riuscirci; le donne passionali sono celebri indomite. Un toro che non scalpita non ha mai attirato l’interesse di nessun matador. D’altronde è per questo che l’amavo, la sua natura irrequieta, la sua tempra impulsiva e imprevedibile. Tutti pregi che a me sono sempre stati negati
[…]
Lei amava l’arte (come biasimarla in fondo), in essa lei trovava tutto: pace, armonia, elevazione morale. La sua era un’arte astratta, ma dalle sue opere traspariva una razionalità ineguagliabile, a cui forse pochi maestri della Bauhaus, si sono saputi avvicinare; ordine e austerità, i degni completamenti di una tempra impetuosa come la sua; peculiarità che al contrario, la sottoscritta è stata costretta a coltivare per tutta una vita. Le forme geometriche, caldi cerchi rossi, sinuosi triangoli e rettangoli gialli e improvvise linee spezzate blu (che ho sempre considerati la risposta dell’uomo all’innaturale perfezione dei naturali corsi d’acqua) s’intersecavano. Che dico! Ballavano in una danza ascetica, come se la vita avesse loro concesso tutto e nonostante ciò non avessero più nulla da perdere. Una tela non ha mai visto una forma più alta d’amore, questo è certo. Come poteva la mia carnalità anche solo immaginare di poter competere con tutto ciò, eppure io avevo bisogno di lei quanto delle sue emozioni…esse mi completavano, come fossero parte di me.

Come ultimo documento, teste delle gravi condizioni mentali in cui si trovava inizialmente la paziente nel momento in cui è stata presa in cura dall’ospedale psichiatrico James J., adduco non una pagina dal suo diario personale, ma la lettera rinvenuta nel suo appartamento il giorno del tentato suicidio:

Moecha putida, ridammi la mia vita… Il mio amore non ti è bastato, ingorda, hai voluto anche la mia vita. La facilità con cui negli ultimi tempi hai iniziato a farti beffe della sottoscritta è da ricondurre solo alla tua psiche contorta. Disinibizione: una parola che conosci orrendamente bene, a differenza mia. E a cosa ti ha portata? A negare la vita a una donna paradossalmente così uguale a te. Perché? Quale la Colpa? Quale lo scopo? Vedo la punizione, ma non il peccato e la purificazione. Non avrai la mia vita. Se un Dio c’è spero possa provare pietà di un’anima ormai flebile e fatalmente tormentata quale è la mia.

Dopo una terapia durata quasi quattro anni posso asserire con grande gioia, che la paziente non manifesta più forme di masochismo e che il suo disturbo dissociativo, provocato dagli abusi paterni si può considerare definitivamente curato. Il soggetto non lamenta più da mesi la presenza del sopraccitato personaggio di fantasia denominato Sophie.
Per cui la commissione si senta libera di lasciarla tornare alla società civile.

Alfred H. Cock


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010