La piazza (nello stile di Haruki Murakami)
La piazza è deserta, c’è solo un barbone all’angolo e la scultura di un guerriero antico che sembra aver visto in faccia Medusa. Mi siedo al bar e ordino un cappuccino con brioche al cioccolato.
È da stamattina che girovago per le stradine facendo ping pong tra momenti in cui non percepisco di esistere e attimi in cui mi sembra di avere il cuore più pesante di tutto il corpo, così mi manca il respiro e tiro fuori lo spray per l’asma. Controllo l’ora: sono le tre di notte.
Come fa un bar ad essere aperto a quest’ora? Forse mi sto sbagliando, forse tutto questo è un sogno. Un sogno, non un incubo. Ma allora perché lui è morto? Perché mi ha lasciato da solo a girovagare?
Non riesco a capire cosa provo. Lascio una banconota da cinque ed esco dal bar.
Sto per allontanarmi dalla piazzetta quando noto su una panchina due ragazzi della mia età che si baciano. Sorrido subito, sono felice per loro e non credo di provare invidia. Chissà, forse sono innamorati che si sposeranno e avranno una famiglia felice e un bel happy ending. O forse no, forse si feriranno a vicenda e questa storia li farà diventare delle persone orribili.
Chi lo sa, eppure questo momento è sublime. Perché c’è qualcosa che brucia ardentemente, a volte non vedo altro che mediocrità e esseri spenti, persino più spenti del primo Eniac, persino più spenti di un tostapane schiacciato da detriti di tutti i tipi.
Mi allontano, non vorrei che si accorgessero di me, non vorrei rovinare questo momento.
Imbocco una grande via con tanti negozietti, tanta gente in giro.
C’è chi parla al telefono incazzato – se non mi ascolti giuro che vengo lì e ti spacco la faccia – una coppia con un bambino che gioca con l’I Pad, una compagnia di ragazze che parlano di Melissa Satta che si sposa – no cioè ragazze non ho parole è a dir poco scioccante – un uomo che mangia un gelato più grande di lui. Sorrido.
È come se fossi uno spettro.
Improvvisamente noto qualcosa di anomalo. Una figura che guarda nel vuoto, nei suoi occhi vedo qualcosa, qualcosa di diverso, è speciale.
Scivola via in mezzo alla gente, la seguo. Arrivo alla fermata dell’autobus e salgo su quello che prende. L’individuo si mette vicino al conducente, io mi siedo in fondo.
Vicino a me c’è una ragazza, ha metà testa rasata e il resto dei capelli è blu plastica, ha un piercing al naso. Mi fa un certo effetto e subito dopo mi do dell’idiota, è una persona e io non ho la minima autorità per giudicare né so niente che mi permetta di capire.
Controllo che sia una ragazza, poi noto che ha delle cuffie gialle infilate nelle orecchie, è assorta nella lettura di un libro.
Sbircio il titolo e mi ricordo di averlo letto, è uno dei libri tratti da una saga videoludica che amo.
Vorrei dirle qualcosa ma non ci riesco, sarà il suo aspetto o la timidezza verso gli sconosciuti.
Tengo d’occhio l’individuo dall’altra parte dell’autobus. Mi accorgo che sta per scendere, mi preparo anch’io.
Raccolgo tutto il coraggio e il desiderio di spontaneità e parlo alla ragazza con metà capelli blu.
«Bel libro!».
Lei alza lo sguardo e mi rivolge uno splendido sorriso: «Grazie».
Avevo paura che non sentisse per via delle cuffie.
«Però se non hai ancora letto gli altri non li comprare, sono delle commercialate».
«Grazie». Un altro splendido sorriso, emana un che di puro.
Due splendidi sorrisi in un solo giorno, che fortuna.
Mi getto dall’autobus prima che le porte si chiudano e seguo l’individuo. Siamo davanti a una stazione.
Mi compiaccio di aver parlato con la ragazza dai capelli blu.
Continuo a seguire l’individuo, ma la stazione è piena di gente e non riesco a stargli dietro.
In un batter d’occhio lo perdo di vista, e per quanti sforzi possa fare, non lo trovo più.
Mi rassegno ma non provo tristezza.
Guardo il tabellone dei treni, e ne scelgo uno a caso, vado al binario e salto sopra al treno, appena prima che il capotreno fischi.
Sto andando a casa.
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