Dedicato al mio papà
Capita che non riesci a parlare perché sai che nessuno ti ascolta…
Eppure c’è un momento, un singolo e unico momento, in cui siamo noi: siamo io e la mia penna. Siamo proprio lì, davanti a un foglio bianco che a noi sembra un mondo intero pronto ad ascoltare ciò che abbiamo da esprimere e ciò che non si può dire con semplici parole. In quel momento siamo solo noi.
E tutto ciò è fottutamente pazzesco! Capita anche di sentirsi affamati.
Affamati? Già, proprio così. Non intendo quella fame che può essere colmata con le patatine o il panino del McDonald, ma una di quelle insaziabili che cerca disperatamente una via d’uscita a questa bellissima realtà che spesso però ci soffoca. Ci sono sempre continui momenti nella vita di ognuno di noi che si riempiono di brutte emozioni e, come se fossimo laghi che s’innalzano per le continue precipitazioni, abbiano bisogno di un po’ di sole per sentirci più leggeri.
Il sole della vita è l’arte. L’arte in tutte le sue forme: quella racchiusa nel disegno di un bambino di cinque anni o in un dipinto di Monet, quella di cui è intinta una canzone o quella intrappolata tra le pagine di un libro chiuso. Se solo quel volume fosse aperto, offrirebbe una raggiante autostrada che ti condurrebbe lontano dalla realtà senza neppure che tu debba pagare il pedaggio.
Come possono le persone non riuscire a cogliere i doni che un semplice libro riesce a regalarti? La lettura è conoscenza, fantasia, immaginazione, gioia, pianti, curiosità e molto altro ancora. Un libro è addirittura meglio di Santa Claus! Un libro ti dona un regalo nuovo ogni volta che sfogli le sue pagine colme di parole, indipendentemente dal fatto che tu lo possa leggere a Giugno o a Natale. Oppure pensiamo alla poesia e stupiamoci di ciò che una semplice lettura può suscitare nelle nostre anime. Le canzoni sono le poesie più diffuse oggi e, nonostante molte si assomiglino tra di loro, ognuna ci trasmette qualcosa indipendentemente dal fatto che ci possa piacere o no: solo il fatto di detestarne una significa che essa sta suscitando qualcosa in noi! E poi pensate al fatto che le canzoni si continuano a scrivere, a cantarle e a comporle giorno per giorno: ciò non vi regala una sorta di garanzia che la poesia vivrà per sempre?
Solitamente amo leggere romanzi basati sulla pura fantasia dell’autore, così come mi piace scrivere racconti mettendo a dura prova tutta la mia creatività e immaginazione. Forse perché penso che il genere fantasy riesca al meglio a farmi viaggiare in un mondo completamente diverso dal mio e al tempo stesso farmi sentire a casa.
È assurdo! In questa presentazione vorrei invece parlarvi di uno dei pochi romanzi, che pur non appartenendo al mio genere preferito, è riuscito a coinvolgermi con una tale forza che non credevo possibile. Il romanzo in questione è Molto forte, incredibilmente vicino.
La storia parla di un ragazzino di nove anni, Oskar, che perde il padre nell’attacco alle Torri Gemelle. Oskar è un ragazzo sveglio stracolmo di creatività, fantasia, sensibilità, curiosità e intraprendenza, che però è molto timido e ha problemi a socializzare con la gente. Dopo un paio di anni dalla scomparsa del suo migliore amico, l’unica persona che l’ha sempre incoraggiato ad aprirsi al mondo con piccoli passi, trova nel ripostiglio una busta che contiene una chiave. Sul retro della busta c’è una scritta: Black.
Oskar si mette a cercare tutti i Black di New York per sapere a chi appartenga e cosa apra.
Organizza i nomi in un elenco, divisi per quartieri e comincia a far visita a ognuno di loro. Dopo ricerche e incontri strani verrà a capo dell’apparente e banale mistero.
Questo libro è una pura pioggia di emozioni che ti colpisce a ogni pagina. Sfido chiunque a rimanere impassibile di fronte a questa lettura molto semplice ed emozionante, che ho scoperto perché la sua trama rispecchiava parte della mia vita.
Dicono che la morte sia il più grande mistero della vita e, pensandoci, è proprio vero… l’ultimo ricordo che ho di noi è che stavamo parlando e pochi secondi dopo, nemmeno il tempo di voltarmi, non c’era più.
E potevo gridare «Papà!» quante volte volevo, ma ciò non avrebbe cambiato la situazione.
In un attimo diventi il primo della fila, l’uomo che deve portare avanti tutti quegli insegnamenti…
Oskar si sentiva solo, soprattutto perché credeva di non poter contare sulla madre, e, non riuscendo a esprimere il proprio dolore, si lasciava dei lividi su tutto il corpo. Era come se il bambino si sentisse in colpa per ciò che era successo al padre e che il minimo che potesse fare fosse infliggersi del dolore. Eppure dopo due anni dalla morte del suo migliore amico, Oskar cresce, affronta le sue paure e si relaziona con numerose persone, ma quando si separa dalla chiave, trovato il suo legittimo proprietario, è come se perdesse per la seconda volta il padre.
Ed è a quel punto che capisce di poter trovare un modo per affrontare il lutto insieme alla madre.
Personalmente capisco l’esigenza che ha Oskar nell’aggrapparsi a questa sua folle ricerca pur di sentir ancora vicino il padre e per combattere il vuoto lasciatogli dalla perdita della persona più importante della sua vita.
Io, ad esempio, per sentire mio papà vicino, scrivo.
Riempio fogli e fogli di parole, come se ogni lettera lasciata su una pagina equivalesse a una parte del mio dolore. Ed è proprio grazie alla scrittura che ho scoperto l’esistenza di un senso per chi resta.
Non è possibile affrontare senza difficoltà la perdita di una persona. Non è neppure razionalmente concepibile. Non esistono istruzioni che ti spieghino come vivere la vita e come superare gli ostacoli. Non esistono spiegazioni sul perché Dio ponga sul tuo cammino delle persone e poi te le tolga senza ragione. Io credo che la vita sia una prova, che dobbiamo affrontare per superare una qualche sorta di esame e che se mio papà se ne è andato così presto, allora vorrà dire che lui il test l’ha passato a pieni voti.
Eppure questa spiegazione non basta a colmare quel vuoto, perché è un po’ come se quando nascessimo fossimo un singolo pezzo di un puzzle enorme e man mano che cresciamo aggiungiamo dei pezzi che si incastrano perfettamente con noi, ma nel momento in cui perdiamo alcuni di essi… purtroppo rimarremo per sempre dei puzzle incompleti.
Quando qualcuno che ti sta a cuore ti abbandona, cominci a vivere realmente: conosci il dolore e solo dopo il dolore capisci cos’è la gioia, inizi a guardarti intorno per vedere le persone che ti circondano. Scopri che ognuna di loro ha una storia unica… dopo di tutto non siamo così diversi dai libri. Decidi di essere te stesso, di metterti alla prova, di sfidare i tuoi limiti e vedere fin dove puoi arrivare.
Per quanto sia stato impossibile farsene una ragione, oggi so per certo che lui è il mio angelo custode e, anche se non riesco a sentire il suono della sua voce, io sento che quando scrivo pensando a lui, in qualche modo le mie parole gli arrivano. Forse perché le parole non mi escono dalla mente, ma dal cuore e, se anche non so per certo dove lui sia andato, son sicuro di sapere dove è rimasto… e quel posto è proprio qui, nel mio petto.
Il giorno in cui te ne sei andato, ho preso un foglio e una penna e ho scritto una lettera che poi ho infilato nella tasca di quella tua giacca scura, sperando che in qualche modo tu potessi leggerla. Avevo un papà magnifico, anzi mi correggo, ho un papà fantastico! Solo che il mio è in cielo e quando penso che non sia giusto il fatto che il cielo sia così lontano da me, alzo gli occhi e osservo le stelle.
Tu papà, sei la stella più bella fra tutte.
Per me sei una delle prime che brilla dopo il tramonto, per me sei quella stella che vedo ogni sera affacciandomi dalla finestra di camera mia, per me sei quella stella che mi sorveglia sempre. Io non potrò mai esser arrabbiato con il padre migliore del mondo.
Tu mi sei sempre accanto, tu mi dai la forza per andare avanti, tu sei il mio esempio di uomo che vorrò diventare, tu mi hai insegnato come si vive e col dolore della tua perdita mi hai anche insegnato a dar valore alla vita, tu non mi sgridi se qualche volta prendo un brutto voto a scuola e tu nei miei pensieri sei sempre giovane e arzillo, non invecchi mai: chi può dire di avere un padre così?
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