L’impossibilità di cambiare
Avevo appena accompagnato in macchina i miei figli a scuola.
Il più piccolo all’ultimo minuto mi aveva detto di aver bisogno di un paio di scarpe da ginnastica per quel pomeriggio.
Subito dopo mi diressi nel negozio di scarpe più vicino.
Non avevo voglia ma dovevo farlo.
Lui stava aprendo il negozio.
Entrai subito, erano quasi le nove e non c’era nessuno in giro a fare compere.
Mentre mi mostrava i vari modelli iniziammo a chiacchierare.
Era molto sorridente e questo mi stupì, perché era da tempo che non vedevo qualcuno sorridermi.
Solo mia figlia, qualche mese prima mi aveva sorriso, dopo che le avevo comprato un paio di orecchini che desiderava da tempo, ma era durato qualche secondo, niente di più.
Non sanno cos’è la gratitudine, non lo sanno i figli, gli amici, i parenti.
Non lo sa neppure tuo marito.
Fatto sta che quel ragazzo mi sorrise.
Dopo aver comprato le scarpe, mi accompagnò alla macchina, parcheggiata vicino al negozio. Chiacchierammo ancora per qualche minuto, poi me ne andai.
Il giorno dopo tornai, per prendere un paio di scarpe per me, lui sorridente me le mostrò.
Continuammo a chiacchierare e rimasi tutta la mattina con lui.
Si chiamava Lorenzo.
Portava degli occhiali da vista, simili a quelli che portavo io da ragazza, con lenti grandi e montatura tartarugata.
Mentre stavo uscendo dal negozio, glielo dissi e lui entusiasta mi chiese di più sui miei occhiali.
E fu proprio quel mio vecchio paio di occhiali a fare il resto, continuammo a chiacchierare e a chiacchierare, finché non si fece ora di pranzo e mi chiese se volessi pranzare con lui.
E io risposi di sì.
Lorenzo…
I primi tempi furono appassionati.
I primi tempi furono come quando incontrai mio marito la prima volta, spensierati.
Lorenzo mi accompagnava ovunque, al supermercato, alle mostre d’arte, al cinema, a teatro.
Spesso gli chiedevo perché io, perché io quarantenne con marito e due figli.
Perché io che non gli potevo dare nulla se non quel poco tempo libero che non dovevo dedicare alla mia famiglia?
E lui rispondeva di non fare domande e diceva di essere innamorato.
Innamorato?
Di me?
Di una mamma che passa la sua giornata a fare la spesa, comprare libri di scuola, a cucinare e a fare la brava moglie?
Di me?
Che ho quarant’anni?
Di me?
Ma Lorenzo vedeva di più, rivedeva forse quella ragazza che non esisteva più da anni.
Quella ragazza che avevo dimenticato dopo che mi ero sposata.
Eppure lui vedeva il meglio di me, me lo mostrava, mi ricordava chi ero.
Lorenzo…
Gli dicevo di smetterla di perdere tempo con me.
Ma lui insisteva, mi amava!
I giorni passavano spensierati, pensavo sempre di meno ai miei figli, a mio marito, ignaro di ciò che combinavo alle sue spalle.
Ma lui stava bene lo stesso, perché gli bastava la televisione dopo il lavoro, un piatto di pasta a cena e la pennichella il sabato pomeriggio.
A me invece queste cose non bastavano, io volevo continuare a vivere, non volevo chiudermi in casa e farmi prendere dal grigiore di quella vita.
Forse è per questo che arrivò Lorenzo, forse doveva arrivare.
Forse l’avevo cercato io e alla fine l’avevo trovato.
I giorni, i mesi passavano lievi, contenti, felici, spensierati, appassionati.
Finché mio marito non venne a saperlo.
Fu un suo amico che ci vide in negozio, fu lui a capire tutto.
Mio marito non avrebbe mai capito, era troppo occupato a dormire e a mangiare.
A quel punto dovetti scegliere.
«Non lo saprà nessuno se lo dimentichi» mi diceva l’uno.
«Ti manterrò col mio lavoro, faremo un po’ di sacrifici ma saremo felici» mi diceva l’altro.
«Sei una donna costosa, lui non si può permettere neanche di pagarti il parrucchiere »
«Non puoi stare con quell’uomo ancora! Ti ha reso infelice per anni.»
Scelsi di non rischiare.
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