Una sfida da accogliere
L’uomo ha sempre avuto connaturata in sé la paura per ciò che non conosce.
Esistono innumerevoli tipi di paure, la maggior parte delle quali sono suscitate da qualcosa di concreto: un oggetto, una persona, un animale o una situazione il cui verificarsi è possibile nella realtà quotidiana.
Ma qual è quella paura che da sempre ha afflitto l’uomo e che lo condanna a uno stato di impotenza? La risposta è il futuro.
Attraverso questa considerazione possiamo approssimativamente mettere sullo stesso piano l’uomo primitivo e quello moderno. Infatti fin dagli albori della storia il genere umano si è sempre mostrato piccolo e impotente rispetto all’ignoto e ha perciò cercato degli espedienti per darsi delle spiegazioni e comprendere ciò che con i propri mezzi non gli era possibile scoprire.
In ogni civiltà sono nate così leggende, miti, pratiche e rituali legate al futuro. Se torniamo indietro nel tempo ne troviamo già nelle civiltà più antiche. Basti pensare alla civiltà etrusca, quando aruspici e auguri si servivano rispettivamente delle viscere degli animali e del volo degli uccelli per fare predizioni sul futuro. Nella Grecia antica troviamo, invece, gli oracoli, il più famoso dei quali è quello di Apollo a Delfi. Tuttora sono conservate le testimonianze di come l’uomo antico abbia cercato di indagare sul proprio destino. In India, per esempio, sono conservate decine di migliaia di foglie di palma sopra le quali, più di duemila anni fa, antichi saggi hanno scritto in sanscrito la storia passata, presente e futura di molti uomini.
Al giorno d’oggi le scienze moderne e le nuove tecnologie hanno permesso di studiare molti di quei fenomeni ai quali l’uomo antico non era mai riuscito a dare una reale spiegazione e che perciò diventavano oggetto di predizioni e pratiche religiose.
Dunque all’uomo dei nostri giorni il futuro appare forse più lontano perché adesso egli è in grado di fare studi e ricerche valide che, però, non rispondono ai molti interrogativi che egli possiede come per esempio: “Cosa c’è dopo la morte?”. Oppure: “Quando finirà il mondo e perché?”.
Ma ritornando sul concetto di futuro è naturale domandarsi il motivo per cui esso ci spaventa così tanto. La risposta è di aspetto psicologico. La paura è una delle emozioni primarie di cui l’uomo necessita per la propria sopravvivenza . Vengono così giustificate molte paure, come quella di volare e quella verso gli animali ritenuti pericolosi. Ma la paura per il futuro non è generata da un istinto di sopravvivenza, quanto dall’incapacità di sapere.
Il Futuro può essere visto in vari modi: come evoluzione della realtà o come sua alternativa.
Ogni individuo affronta la problematica del futuro in una delle due maniere.
Indubbiamente la visione di futuro come evoluzione della realtà appare più razionale rispetto all’altra. Essa vede, infatti, il futuro come un semplice susseguirsi di eventi e come un naturale passare del tempo durante il quale la realtà presente muta, spinta dal susseguirsi delle vicende che la animano, fino a diventare l’evoluzione della realtà precedente.
Questo modo di vedere il futuro è dunque razionale e privo di un particolare coinvolgimento morale. La componente psicologica appare più evidente nel secondo modo di considerare il futuro. In questo caso esso si fa strumento per evadere dalla realtà costituendone una parallela. L’individuo può assumere questa posizione nei confronti del futuro quando la realtà presente non lo soddisfa, anzi gli crea dei disturbi interiori e delle agitazioni nell’animo che lo spingono ad abbandonarla, a evadere da essa alla ricerca di un luogo dove sentirsi al sicuro. E quale posto migliore del futuro? Esso può soddisfare tutti i nostri desideri e le nostre ambizioni perché è uno spazio personale e immaginario. Attraverso l’immaginazione possiamo crearci una realtà individuale parallela dove i problemi di quella reale non possono entrare.
Nonostante ognuno di noi possa assumere una netta posizione nei confronti del futuro, razionale o psicologica, esso continuerà a suscitare in noi dei timori difficili da debellare. È questa la sfida più impegnativa e irrazionale che il futuro ci consegna: sta a noi la facoltà di raccoglierla.
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