Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
16ª edizione - (2013)

Un ragazzo tranquillo e bravo

A colui che attende giunge ciò che attendeva, ma a chi spera capita ciò che non sperava (Eraclito).

“Cosa faccio ancora qui? È più facile di quello che credo. Posizionare la mano sul grilletto, mirare e schiacciare. Un ultimo dolore per porre fine a tutti gli altri”.
La scrivania con la sedia, a destra il letto, su cui qualche notte prima aveva deciso ciò che avrebbe dovuto fare, sopra di esso una frase scritta su un cartoncino diceva: A colui che attende giunge ciò che attendeva, a chi spera capita ciò che non sperava, Eraclito; infine la porta.
Tutto era fermo, immobile e niente sembrava curarsi del fatto che stava per accadere nella stanza, tutto tranne un ragazzo. Se ne stava in piedi, con la pistola in mano, a pensare. Già si immaginava la scena: “È sempre stato un ragazzo tranquillo e bravo. Un tipo da non creare problemi ai genitori. Non so davvero cosa gli sia passato per la mente!” avrebbe detto la sua vicina il giorno dopo, al giornalista di turno. Non avrebbe mentito, era sempre stato diligente e buono, ma da tempo nascondeva la sua tristezza. Quel prendere in giro dei suoi compagni che non lo aveva mai disturbato, da diversi mesi aveva iniziato a turbarlo talmente tanto da essere arrivato al punto di credere alle cattiverie che gli dicevano. Ormai si era creata dentro di sé la convinzione di essere inutile su questo mondo, ma non solo, era certo di essere di intralcio alla gente. Così una notte aveva deciso di finire la sua vita, voleva smettere di fare male alle persone a cui voleva bene. Era stanco del giudizio della gente, dato in qualsiasi momento su qualsiasi persona. Tutti sembravano curarsi più degli altri che di se stessi ultimamente, sparando pareri a tutto spiano e ferendo le persone.
“Ma perché sono qui a pensare? Devo dimenticarmi di loro! Ora sta per finire tutto! Avanti! Un colpo e via”. La mano sul grilletto, strizzò gli occhi come per non vedere ciò che stava per fare, inspirò profondamente e prese tutta l’aria che poté, un brivido corse velocemente per tutto il corpo, piedi, stomaco, schiena e collo. Aveva paura. “E poi cosa faccio? Cosa c’è dopo?”. Dubitava. In un momento come quello non sapeva che fare. Era ansioso di finire la sua vita, di dire addio a tutti quelli che lo prendevano in giro e non far star male le persone a cui teneva. Allo stesso tempo però voleva rimanere con loro, abbracciare la sua migliore amica Laura, andare a fare un giro con i suoi genitori, vedere il suo professore di italiano e fare lezione con lui.
«Non posso». Pronunciate queste parole, gli tornavano in mente i compagni crudeli e pieni di sé, le notti passate senza dormire a causa loro, i giudizi inutili che lo avevano tanto ferito. Non voleva ripetere tutto, non voleva stare di nuovo male. Sudava e aveva freddo. “Devo farlo”.
La scrivania con la sedia, a destra il letto, sopra di esso una frase scritta su un cartoncino diceva: A colui che attende giunge ciò che attendeva, a chi spera capita ciò che non sperava, Eraclito; infine la porta. “Ciao scrivania! Ciao sedia! Ciao letto! Ciao porta!”.
A colui che attende giunge ciò che attendeva, a chi spera capita ciò che non sperava, Eraclito. “Bella frase, ma a che serve? Non è giunto ciò che attendevo! Non è arrivato il momento in cui tutti mi hanno lasciato stare e ora mi sto per uccidere”.
A colui che attende giunge ciò che attendeva, a chi spera capita ciò che non sperava, Eraclito. Rileggeva quella frase continuamente. Non si fermava più.
A colui che attende giunge ciò che attendeva, a chi spera capita ciò che non sperava, Eraclito. Voleva trovare la soluzione ai suoi problemi, ma ogni volta si arrabbiava. Gliela aveva detta il professore di italiano quella frase. Gli era piaciuta subito, ma non sapeva il perché, così decise di scriverla su un cartoncino, in modo da ricordarsela e magari un giorno capirla. Ora era lì che la rileggeva come impazzito, lettere su lettere, parole su parole. Tutto scivolava via facendo un gran baccano, la testa gli scoppiava. Improvvisamente si bloccò.
A colui che attende giunge ciò che attendeva, a chi spera capita ciò che non sperava, Eraclito.
Lo aveva capito. Era come se un uomo del neolitico avesse scoccato una sua freccia, perdendola, e milioni di anni dopo un uomo, mentre si faceva i fatti suoi, l’avesse trovata. Così Eraclito un giorno scrisse una frase e la lanciò nel mondo. Tantissimi anni dopo, un ragazzino la trovò. Aveva capito.
Aveva aspettato per molto tempo un qualcosa che migliorasse la sua vita, che cambiasse il suo futuro, e finalmente aveva intuito che quel non so che era già arrivato da molto tempo e lo aveva cambiato completamente, quell’imprevisto, che lui reputava una sfortuna, in realtà gli aveva aperto gli occhi.
Ora sapeva quanto amava la sua famiglia, i suoi veri amici, e che giudicare non porta alla felicità. Ripose la pistola nel cassetto, pronta per essere buttata via, come tutti quei brutti pensieri.


»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni

Copyright © 1999 - Comitato per Sofia - Tutti i diritti riservati.
Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010