Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
11ª edizione - (2008)

Un'esperienza di lettura

Era ormai tardi. Mentre stava chiudendo la finestra la luna splendeva come non mai in quel cielo così calmo. Non aveva mai smesso un giorno, ogni volta che giungeva la sera, di chiedersi perché questo astro dovesse illuminare con la sua luce questo mondo liberandolo dall'oscurità. Destino. Era la spiegazione più valida che nel suo cuore gli apriva un regno misterioso e fantastico sul quale avrebbe potuto fare luce, un giorno, illuminandolo come faceva la luna in quell'infinito cielo.     Nonostante la sua età, preso poi da una nuova voglia di scoprire, simile alla curiosità straordinaria di un bambino, si avvicinò alla grande libreria di legno nel suo modesto salotto e, alzandosi velocemente sulle punte, cercò di raggiungere lo scaffale più alto, dove aveva nascosto alla sua famiglia i libri che gli avevano cambiato la vita. O almeno credeva che gli avessero cambiato la vita: leggendo pagina per pagina, capitolo per capitolo, aveva imparato a conoscere diversi punti di vista e a crearne uno suo, personale, unico e irrevocabile. Agitandosi continuamente su quelle punte dei piedi mentre le mani cercavano di scegliere uno di quei libri, il suo tatto si sorprese al contatto con una copertina ruvida piuttosto rovinata: questo era l'universo da scoprire. In qualche istante, dopo aver tolto la polvere che ricopriva la copertina marrone, si trovò sulla comoda poltrona accanto al televisore. Egli non sapeva di cosa trattasse, non c'era né titolo né trama, solo delle pagine un po' ingiallite scritte a mano. La calligrafia era quasi perfetta tanto che sembrava essere stampata sulla carta. I riccioli delle C, i puntini sulle I e le piccole stanghe sulle O conferivano al testo la totale completezza, segni apparentemente inutili, ma che creano una dolce bellezza come in un abbraccio tra padre e figlio, la figura che mancò a quel caro uomo.
 Era destino che dovesse leggere quel libro? Si rispose pensando a una fiaba che spesso gli veniva letta quando era bambino: solo gli dei lo sanno. Egli era un buon lettore tanto che a volte sembrava dovesse mangiare tutte quelle pagine dissetandosi con l'inchiostro: era solito sedersi sulla sua poltrona, infilarsi gli occhiali, aprire il libro dolcemente e abbassare la vista sulle parole. Così incominciò a leggere iniziando dal principio: “Caro diario...”.
 Scorreva rapidamente le lunghe giornate raccontate sul quel libro, su quel diario, di cui non ricordava l'esistenza. Era affascinante. Trattava della vita di un giovane ragazzo che viveva in una piccola cittadella di campagna e amava aiutare i vicini a raccogliere la frutta e la verdura che erano cresciuta durante l'anno nel loro orto. Tuttavia egli non aveva molti amici ed, essendo un ragazzo molto introverso, preferiva ascoltare le storie del nonno. Il nonno sembrava più anziano di quanti anni avesse in realtà e leggeva spesso storie al ragazzo che avevano il potere di incantarlo.
 …Il destino volle che incantò anche me lesse l'uomo sulla poltrona. Infatti una sera il nonno gli parlò delle grandi e vaste terre del sultano, della sua ricca gente e di un giovane ragazzo che, tra tanti cavalieri forti e coraggiosi, chiese la mano della figlia del sultano, e per averla, dovette superare molte prove nelle quali conobbe il vero significato dell'amore per vivere poi veramente felice e contento. Così il giorno seguente, dopo aver colto chili di pomodori, non si affrettò a tornare a casa, ma si diresse verso il campo di grano dove giocavano altri come lui. In quel momento non doveva competere con altri cavalieri, ma con se stesso: voleva scoprire cosa fosse l'amicizia senza dover patire le sofferenze di numerose prove di coraggio. Tuttavia anche questa lo era, ma superandola conobbe ragazzi e ragazze fantastiche e la vera amicizia finché, quando compì sette anni, dovette trasferirsi in una di quella grandi città lontane dalla campagna e dalle fantastiche storie del nonno. Trasferiti da poco tempo in quella zona, il ragazzo fu mandato a scuola per la prima volta e, in quegli anni così speciali, imparò la passione per la lettura e ne fece di questa passione la sua strada di vita. All'età di sedici anni, poi, si rese conto di quanto suo padre e sua madre si erano sacrificati per pagargli gli studi e tutti quei libri che ormai invadevano la casa, così decise, in quella prima giornata di primavera, di cercare un lavoro per aiutare la sua famiglia.  Era destino che il filo che intrecciava e animava la sua vita era tutto d'inchiostro e infatti ben presto trovò un lavoro molto significativo per lui: prima di andare a scuola, con la bicicletta alla quale era molto affezionato, distribuiva giornali per tutto il quartiere. Con i soldi che guadagnò non ci pensò due volte a darli al padre che li avrebbe spesi nel migliore dei modi.Tra le giornate passate a  scuola, sui compiti e sulla sua bicicletta, non decise mai di tenersi un giornale perché amava leggere e non voleva vietare a nessuno la possibilità di avere questa passione così soddisfacente.
 In quelle pagine la notte volò via ed era giunta l'ora di dormire. Spente le luci e infilatosi sotto le coperte accanto a sua moglie, continuò a girarsi e rigirarsi, senza dormire, ripensando a quello strano diario. Si ritrovava molto dentro a quelle parole e molto vicino a quel personaggio-protagonista: anch'egli, come lui, aveva coltivato una grandissima passione per la lettura e amava ancora oggi raccontare lunghissime fiabe ai nipotini finché, avvolti da questo mondo fantastico, non si addormentavano nei loro letti. Che belle le fiabe che raccontavano a lui quando era ancora un ragazzino! Ripensandoci ancora, rievocò ricordi molto remoti che assomigliavano molto a quel libro che stava leggendo. Provò la necessità di alzarsi dal letto e rincominciare a leggere per esplorare quell'universo lontano e nello stesso tempo vicino. Risiedendosi sulla calda poltrona, non esitò un secondo a ritornare al segno ed iniziare. Era come se fosse tornato bambino dopo che gli avevano regalato un nuovo libro. Anche lui aveva avuto una vita difficile. Si rifugiava spesso nei libri e grazie a bellissimi personaggi creati da bravissimi autori, si sentiva sempre al sicuro, osservando scene di vita e combattimenti contro cattivissimi antagonisti. Girando un'altra pagina, aveva ormai capito quanto quel ragazzo fosse gentile e altruista e quanto impegno ci metteva a svolgere i suoi compiti. Smise di lavorare come distributore di giornale quando andò all'università.  Ora doveva applicare tutti gli insegnamenti tratti dalle lunghe ora passate con la testa bassa a leggere. Era arrivato il momento di mettere un segnalibro e iniziare a uscire di casa, come fece un tempo alla ricerca degli amici. Questa volto trovò di più, l'amore. L'amore è qualcosa che, in un primo tempo, neanche lui sapeva affrontare. Continuava a cercare nell'antica biblioteca della città qualche libro che parlasse di una cosa così bella ed importante, ma senza alcun risultato. In breve tempo decise di scriverne uno lui stesso, dove parlò della sua vita, delle sue esperienze, cercando di spiegare cosa fosse l'amore. Tuttavia non ci riuscì, era qualcosa che andava al di là di pagine stampate e al di là del cielo. L'uomo seduto sulla poltrona si fermò. Aveva già sentito tutte quelle frasi. Ripensò a tutti quei libri che aveva letto nei suoi anni di vita. No, non era una frase di un autore conosciuto però, ripetendo senza leggere le ultime tre frasi, la conosceva già. Era una storia troppo familiare, era qualcosa che aveva rimpiazzato gli insegnamenti di un padre mancato. Continuò a leggere. In quegli anni egli visse l'esperienza dell'università con lei, la musa dei suoi pensieri. Riportò sul suo libro candide frasi che si conclusero con la laurea in Lettere nello stesso anno del suo amore e il loro successivo matrimonio. Presto si gettò al destino e i due novelli sposi crebbero una famiglia meravigliosa.
 Il resto… solo gli dei lo sanno.
 Ed ecco la famosa frase. Quel diario era sempre stata la fiaba che aveva la capacità di annullare tutte le morali degli altri libri insegnandogli a essere forte e coraggioso, ma anche altruista e generoso, a vivere una vita serena con impegno, ma sapendo anche rischiare e lasciare tutto al destino. E così aveva fatto. Si alzò dalla poltrona e si mise a piangere. Anche egli aveva scritto il suo libro, tutti noi scriviamo il nostro libro e, se col tempo le pagine si ingialliscono o se a volte lasciamo ditate di cioccolato, per chiunque che lo rileggerà sarà per sempre la migliore esperienza di lettura.
 E se il mio non è ancora concluso quel caro uomo finì di leggere quello che stringeva tra le braccia: ti voglio bene… PAPÀ


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010