Vago, libera, tra i pensieri
Futuro, mi hanno detto futuro. Associo d’istinto il concetto alla parola giovani: ciò che verrà, i bambini hanno tutta una vita da scrivere, la loro e quella del mondo.
Hiba mi guarda con i suoi occhi scuri, due stelle luccicanti. Mi abbraccia con il suo sorriso da principessa, con le sue mani piccole e sottili. Bellissima, e così fragile, penso. Un dono prezioso in una realtà non facile, ma lei non sembra esserne consapevole, ride e gioca con le altre bambine.
Le guardo rincorrersi, scherzare, litigare, gemme delicate, luce, vita, energia pura, un futuro spalancato davanti agli occhi. Penso a quando, un giorno, saranno donne. Cerco di immaginare le loro vite, e mi rendo conto con sollievo di non riuscirci. Le guardo giocare la loro prima partita di pallavolo, le osservo cercando di capirle di più, nelle loro diversità.
È bello vederle, provenienti da universi opposti, unite, speranzose, decise. Fatima e Agar corrono indossando l’hijab, Hiba e Dounia parlano sommessamente in arabo, Diana grida qualcosa in spagnolo a Nino, l’allenatore della squadra di calcio venuto a incoraggiarle. Le sfotte un po’, è tranquillo e sorride, abituato a climi molto più pesanti.
Ragazzi come Alì, Blanco, i gemelli, sfogano la rabbia repressa giocando. Insulti, bestemmie, urla, violenza esplodono nel bisogno di liberarsi, riscattarsi, in modo doloroso perché l’abito che indossano chiude loro le porte alla sensibilità, ai sogni, alle speranze. Eppure sensibilità, sogni e speranze continuano a vivere profondi nelle loro anime, radicati nel loro cuore e lucenti nei loro occhi.
Solo attraverso i loro occhi riesco a penetrare in profondità, percepire il vero significato delle parole che pronunciano e cogliere ciò che di più prezioso ha ognuno di loro.
Mi stacco, sognante, dalla mera realtà per seguire impalpabili fantasie che mi portano sempre più in alto. Vedo come al rallentatore risate, parole, sguardi; corpi e gesti agiscono e si compiono davanti alla mia mente lontana.
Mi perdo pensando a loro adulti, mi chiedo se saranno in grado di affrontare la vita, le delusioni che li accompagneranno, i principi che sceglieranno come legge di vita, cosa non abbandoneranno mai e cosa, invece, saranno costretti a lasciare.
E io? Mi chiedo. E noi? Già.
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma (Lavoisier). L’acqua scorre, evapora, o gela; gli alberi crescono diventando sempre più grandi, e forti; la roccia si erode silenziosa, al vento.
Ma noi, noi esseri umani, puntini microscopici nell’universo, che nei secoli abbiamo imparato ad attraversare deserti di sabbia e di ghiaccio, a volare tra i continenti, a viaggiare fra le stelle e a esplorare le immensità degli oceani, noi che ancora calpestiamo tutto questo, la meraviglia dell’ingegno umano in nome di conflitti, odio, violenze, massacri, cosa diventeremo noi?
E soprattutto noi bambini, ragazzi, giovani studenti e lavoratori, noi che abbiamo così poco dietro di noi e così tanto davanti a noi ad aspettarci, noi che oggi costruiamo giorno per giorno il nostro domani, cosa possiamo aspettarci da questo mondo? In che cosa possiamo ancora credere, è rimasto un posto in cui riporre le nostre speranze, avverare i nostri sogni?
In questo mondo dove tutto sembra sempre più grigio e cupo, dove gente arida passa senza un sorriso, dove la frenetica, cieca corsa senza motivo invade ogni corpo, dove in troppi ormai hanno smesso di chiedersi che cosa significhi scegliere ogni giorno la vita, scivolando dall’indifferenza in una sorta di morte apparente, qual è il nostro ruolo?
Sempre più domande, frenetiche, quasi violente sgorgano dalla mia mente, invadono prepotentemente la mia anima ed esplodono diventando grida, parole, suoni, movimento, pensieri.
Libertà, libertà, libertà, un’eco risuona dentro di me con la luce di una parola che è vita pura; assaporo lentamente questa libertà, la mia libertà di esplodere di domande.
Le risposte le cercherò ogni giorno, ogni notte, in ogni momento; le chiedo e le chiederò al mondo, ai politici e ai bambini, ai pittori e ai banchieri, ai miliardari e ai senzatetto, ai governanti e ai prigionieri politici. Ma la vera essenza sono le domande. Sono le domande a guidarci, attraverso le nostre storie, verso le mille e mille risposte possibili, e sono ancora le domande ad aprirci l’anima, e condurci alle vette più alte dell’entusiasmo, della conoscenza, della consapevolezza del nostro essere uomini e donne.
Sono le domande, a salvarci.
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