Il presente del futuro
Futuro. Non è che sia poi così facile parlarne. La mia domanda è: che cos’è il futuro? Ehi, aspettate un secondo. Non sono io quello che fa domande, non dovrei. Però ho voglia di domandarlo.
Cos’è il futuro? Il futuro è quello che deve accadere.
Semplice, conciso, elementare.
Ma non è semplicemente così. Se fosse solo questo, allora basterebbe sedersi su un divano, aprire la tua lattina di aranciata, metterti le cuffie nelle orecchie e aspettare quello che ti accade.
Così, giusto per vedere, com’è che si dice?, l’effetto che fa.
Ma non è per questo che ogni volta prendo in mano la penna. Non è per questo che ho un computer tra le mani. Se fosse solo questo, allora vivere non avrebbe senso. Ogni battito del cuore, ogni scarica elettrica nel nostro sistema nervoso, sarebbero solo degli elementi tristi e insignificanti.
Una definizione di futuro io l’ho trovata.
Non è altro che la proiezione di noi stessi, del nostro presente, in una linea del tempo, in uno scorrere di istanti, emozioni, sapori, odori sensazioni. Nello scorrere della nostra esistenza.
Perché ogni volta prendo in mano la penna? Perché riempio un foglio bianco con parole, parole e ancora parole, e parole? Perché so che qualcuno leggerà ciò che ho scritto. E quella lettura, mentre scrivo, è il futuro. È la proiezione del mio presente su quella famosa linea del tempo.
Mi è capitato, più volte, di sentire la gente parlare del futuro come di un mare sconosciuto, di cui non hai mappe né cartine, di cui non conosci i segreti, né le trappole che è pronto a usare contro di te. Ho sempre pensato che quella gente non avesse paura del futuro. Avevano paura di loro stessi, di ciò che potevano diventare. O forse non diventare. Lo comprendo. Davvero.
Se esiste qualcosa che fa paura all’uomo, quello è il fallimento. Spendere tempo ed energie per qualcosa che poi non si realizza. Non c’è dolore più grande, ferita più profonda. Ma credo che sia per questo che sto scrivendo. Credo che sia per questo che ogni volta che ho paura, che ogni volta che vorrei scappare, prendo in mano una penna. Perché scrivendo, tracci tu il tuo destino, decidi tu le regole del gioco.
E non puoi fallire. Semplicemente non puoi perdere al gioco che tu stesso hai inventato.
Credo di essere giunto a una conclusione.
Sapere quanti figli avrò, o se mai troverò la ragazza perfetta, o se riuscirò a fare ciò che desidero nella vita, solo Dio, o chi per Lui, lo sa.
Per adesso scrivo.
Proiezione, linea del tempo. Ricordi? È la mia unica certezza.
Io e la mia biro, contro il resto del mondo. Credo che sia questo quello che voglio. Mi basta.
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