La Signora Sophie
Oggi è un giorno come un altro. Nient’altro che un normalissimo passaggio dal buio della notte alla luce del giorno; c’è chi segue l’ordine naturale delle cose, e chi va al contrario, per un motivo o per un altro, mettendosi a completo riposo di giorno per poi attivarsi la notte; così la vita va avanti ovunque, un eterno passaggio da buio a luce, da sonno a veglia, e viceversa.
Però, la costanza, salvo per quanto riguarda l’alternarsi del giorno e della notte, può essere più o meno presente nella vita delle persone e dipende dai contesti in cui esse si trovano. Spesso si fa fatica a dominarla: c’è chi, pur volendo vivere una vita puramente dinamica, si ritrova immerso nel fango della monotonia più completa e chi, invece, nonostante cerchi disperatamente di aggrapparsi al passato, a elementi vitali statici, dotati di una certa inerzia, viene stravolto e investito dal cambiamento; è così che si presenta la Signora Sophie.
La Signora Sophie (decisa a mantenere tale il suo appellativo da tempi immemori), è una donna anziana, sui settantacinque anni; due profonde rughe le solcano il viso, lasciando solo un tratto di quella che è stata la sua giovinezza; ha grandi occhi azzurri, folti capelli che il tempo ha trasformato da fili dorati in una matassa argentea raccolta in un piccolo gomitolo sulla nuca, un’esile corporatura (ma abbastanza forte da poter essere totalmente autosufficiente) e, ciò che in lei davvero è forte, una memoria incapace di dimenticare; infatti, proprio il desiderio di Sophie di rimanere ancorata al suo passato, la sua insofferenza ai cambiamenti, fa sì che qualsiasi avvenimento della sua vita venga serbato con gelosia da quella mente, poco incline all’avvenire, che è disperatamente alla ricerca di punti di riferimento più o meno perenni, su cui poter sempre contare.
La sua personalità, è dunque dominata dalla nostalgia e dalla malinconia, con un costante senso di amaro in bocca, che solo un abbraccio o un manicaretto della madre ormai defunta potrebbero placare.
Quale sia il principale avversario della Signora Sophie nella costante gara che è la vita, è facile da stabilire: Sophie ce l’ha a morte con il futuro, il futuro in sé, che ormai assorbe la vita delle persone, impedendo loro di vivere il presente all’ombra di una qualsivoglia previsione o cambiamento; in merito a quanto sostiene, è solita dire, in quasi tutte le conversazioni: «Prima di guardare al di là del proprio naso, per guardare il percorso che ci aspetta, è necessario guardarsi i piedi, per vedere il percorso che stiamo affrontando ora».
Ormai è nota per questo tra conoscenti e amici. Per Sophie esistono due tipi di futuro: quello esterno, riguardante tutto ciò che la circonda, e quello interno, che invece si manifesta nei cambiamenti che avvengono nel suo piccolo. Tra i due avversari, di certo preferisce il futuro interno, dominabile più facilmente; le trasformazioni fisiche, ad esempio, le ha già accettate, come ordine naturale delle cose e come parte anche del suo presente; inoltre, l’ambiente essenzialmente privato in cui si trova a vivere, fino a prova contraria, può essere personalizzato e reso impermeabile al continuo divenire delle cose.
La cosa che la rattrista molto, invece, è quello che lei chiama futuro esterno, che riguarda prettamente l’ambiente al di fuori della sua abitazione, la società e la città in continua evoluzione dove si trova a vivere: in questi casi, infatti, lei è inerme di fronte all’andamento del tempo e se ne sente condizionata ogni volta che mette piede fuori dal suo piccolo regno personale; tuttavia, quando è fuori di casa non dà molto a vederlo, non tenta di isolarsi, ma cerca piuttosto di rimanere in contatto con il mondo al di fuori, pur di mantenere intatto quello dentro di sé, perché se c’è una cosa che davvero odia, quella è la solitudine; che questo compromesso nella sua lotta al futuro sia sofferto, è pura verità; la maggior parte delle sue sofferenze è rivolta alla città dove vive, e dove ha sempre vissuto.
Si può dire che è una dei pochi che non ha mai fatto un trasloco in vita sua: Sophie, infatti ha sempre vissuto (e tutt’ora vive) in un appartamento, il suo gioiello, in un palazzo di medie dimensioni, residuo dello stile liberty, che dà su un vialone trafficato, prima un viale alberato, lastricato in pavé.
Anni fa era solita soffermarsi fuori dal balcone, a osservare la sua strada, bella ed elegante, dal carattere signorile, ma non troppo; attualmente, invece, atterrita dai cambiamenti, fatica a sporgersi dalla finestra, e punta lo sguardo sul cortile interno della sua casa, una visione per lei molto più confortante. Ogni giorno, la Signora Sophie pensa a tutto ciò, seduta davanti a una tazza di tè, che spesso si fredda tra le sue mani aspettando che la sua mente si distolga dal passato per indirizzare le sue labbra alla tazza. Potremmo dire che oggi è uno di quei giorni, ma c’è un pizzico di insolito nel piccolo regno di Sophie; chiunque questa mattina cammini per il vialone trafficato di fronte alla casa, infatti può notare una esile vecchietta che guarda giù dal balcone. Fin da questa mattina, Sophie ha notato qualche cosa di diverso in lei, alzandosi dal suo letto morbido come solo ne esistevano ai tempi dei nostri nonni; innanzitutto, dopo aver bevuto velocemente un tè (rigorosamente preparato con il bollitore di sua mamma), non ha sentito il bisogno di guardare fuori in cortile, bensì di affacciarsi al balcone sulla strada, contemplando, con una nota amara, la sua città, che vista dall’alto le è sembrata essersi ingrandita a dismisura: guardando le distese di asfalto, macchine e palazzi davanti a lei, cerca di distogliere la mente, e rievoca il periodo in cui lungo i negozi variopinti c’erano distese di fiori, alberi, panchine e ornamenti di altro tipo, tutto disposto con uniformità e dolcezza, quando la strada era percorsa da solchi metallici, luminosi alla luce del sole, dove sfrecciavano tram pittoreschi, che erano la sua principale attrazione; ricorda anche la libreria immensa, dove comprò l’amore della sua vita, ovvero il romanzo di Jane Eyre, con cui si sentiva perfettamente allineata; ricordandosi del suo libro, Sophie sente come un brivido, che le fa scaturire l’idea di leggere nuovamente la principale fonte delle sue emozioni, nel posto dove si trova a rievocare un passato idilliaco.
Preso il suo tesoro, ne tocca la copertina e sente l’eternità e la perfezione che sprigiona. È un momento magico, Sophie non è mai stata meglio. Improvvisamente, però il suono violento del telefono, un tentativo della sorella di parlare con lei, rompe questo equilibrio: basta un sobbalzo e il romanzo tanto amato scivola tra le ringhiere del balcone e finisce in pasto al traffico impietoso: ora Sophie non ha più neanche quello…
Altrove i suoi occhi si posano sui due alberi restanti nella via, che vengono abbattuti per fare spazio al tanto odiato futuro; le due profonde rughe sul suo volto diventano immediatamente dei laghi salati. Senza una parola, con rassegnazione, Sophie torna in casa, lasciando squillare il telefono… Cosa avrebbe potuto dire, d’altronde? Con un pezzo di carta tra le mani, forse ciò che avanza della sua vita, decide di far raffreddare dell’altro tè.
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