Verso l’alto…
Anno 2197, 21 giugno.
I calendari antichi prima della catastrofe lo descrivono come solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno in cui il sole irradia più a lungo il cielo con la sua luce piena di calore. Vincent non ha mai visto tutto ciò, non sa cosa si prova ad avere la fronte baciata dal sole, non ne conosce il calore.
Il suo mondo è tale dal 2050, ovvero senza luci naturali, attorno a sé solo terra, pietra e molti pericoli da affrontare: questa è la vita sotto terra. Alcuni anziani nella sua comunità di minatori raccontano di quel giorno infame in cui scoppiò la più stupida guerra a cui il mondo potesse assistere, una guerra dettata dagli interessi materiali e monetari delle grandi potenze, sfociata in un conflitto nucleare che in poco tempo avvelenò il cielo, le acque e l’atmosfera è scomparsa completamente a causa delle reazioni nucleari. Vincent è un uomo sulla trentina, non bello, ma di questi tempi nessuno è bello per la mancanza del sole, la pelle bianca e pallida, il corpo ricurvo e tozzo, mai ben nutrito.
Sotto terra tutti sono così, tutti uguali né belli né brutti, solo uomini aggrappati alla vita e alla speranza. Da che ha memoria Vincent scava, le mani aggrappate al suo fedele piccone attraverso gallerie, cunicoli, anfratti per far sì che la sua comunità abbia sempre più spazio per vivere. Anche oggi dopo ore di duro lavoro Vincent decide di tornare in quella che lui chiama casa, un buco riparato da travi di legno dove mangia e dorme con la famiglia ; a casa trova suo padre Teodoro, sua madre Anna, suo fratello Teo con sua moglie Iolanda e la figlia Mauve.
La casa è riscaldata con una piccola lampada a olio appesa al soffitto, i familiari sono in attesa di Vincent per dividersi quelle poche patate che hanno trovato nel terreno non contaminato. Nel bel mezzo della cena, si sente un grosso boato, la stanza si riempie di luce accecante, nessuno si è accorto della fuga di gas che sgorga da una fessura sotto i loro piedi. In un secondo Vincent si ritrova solo.
L’enorme esplosione ha tagliato a metà l’abitazione facendolo sprofondare in un piccolo anfratto buio e sinistro. Rimane privo di sensi per alcuni giorni, al suo risveglio pensa di essere morto, nessun suono, solo lui e l’oscurità. Cerca subito qualcosa da mangiare, trova solo alcuni insetti bloccati nella terra. Inizia qui il suo calvario: si dispera, si agita, urla, piange, prova a chiamare aiuto ma nessuno risponde.
Per un giorno o due sopravvive come può, perde la cognizione del tempo, un minuto gli sembra un’ora, un giorno una vita. Poi qualcosa scatta in lui, ha sempre cercato di sopravvivere e anche in questo inferno non si rassegna quindi afferra il piccone da cui non s’è mai separato e scava, scava e sente aumentare la rabbia, pensa di non scavare abbastanza per salvarsi la vita. Lavora per diversi giorni fermandosi solo per mangiare ciò che trova e per riposarsi. Improvvisamente sente ciò che prima solo sognava, la sua pelle avvolta dal caldo e più scava più il calore aumenta. Pensa di scavare verso la salvezza ma il suo percorso lo porta in superficie, l’unica direzione proibita da sempre nella sua comunità: verso l’alto.
Prosegue così fino a una picconata più forte delle altre, la prima che in vita sua non trova ostacoli. Vincent non realizza ancora che sarà l’ultima. Viene colpito da una luce per lui inimmaginabile, è accecato ma per un breve istante i suoi occhi fissano una palla lucente sopra di lui, nello stesso momento realizza che quelli sono i suoi ultimi istanti di vita perché il calore si è già trasformato in dolore, in brevissimo tempo il suo corpo è avvolto dalle fiamme, ma sul suo volto appare il lieve sorriso di un uomo che ha visto la luce.
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