Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
16ª edizione - (2013)

Il beneficio del dubbio

Immagina che sia una notte nebbiosa. Il freddo è pungente, tanto da attraversarti la carne e arrivare fino alle tue ossa. Il cielo è completamente nero, nero come il petrolio, reso forse meno pauroso dalla limpida presenza della Luna. Immagina la neve, candida e crudele al tempo stesso, ammucchiata per terra, proprio di fianco ai tuoi piedi.
Poi immagina una cameretta, una piccola cameretta per bambini, illuminata solo dalla calda e debole luce di una lampada appoggiata su un comodino. Ma questa stanzetta non è vuota: ci sono solo un piccolo mobile di legno, semplice, lineare e geometrico, qualche giocattolo sparpagliato per terra, come un trenino, un orsacchiotto, una bambola di pezza e una Barbie senza testa, e ci sono anche due lettini. Sì, due piccoli lettini, uno accanto all’altro.
Non vedi nient’altro? Sei sicuro? Avviciniamoci un po’ di più. Ora lo vedi? Guarda: il respiro di due piccoli corpicini fa abbassare e alzare ritmicamente e quasi impercettibilmente le pesanti coperte a fiori.
Lascia che te li presenti: quello sulla destra, un po’ più grande, è Davide. Ha dieci anni, e da grande vorrebbe fare il pasticcere, proprio come la sua mamma, e creare la torta più grande del mondo. Pensa che, se la creasse per davvero, il mondo sarebbe più bello, perché tutti potrebbero mangiare la sua torta, anche i bambini poveri dell’Africa, e nessuno sarebbe più triste, perché le torte rendono tutti felici: si sa.
Quella sulla sinistra invece, che dorme abbracciata a un coniglietto di pezza, è Greta, e ha sette anni.
Greta non lo sa ancora cosa vorrebbe fare da grande, perché ogni giorno scopre l’esistenza di un mestiere nuovo, che le piace di più di quello che aveva scelto il giorno prima. Ieri, per esempio, aveva deciso di diventare una campionessa mondiale di karate, mentre oggi, invece, ha deciso che da grande sarà, senza ombra di dubbio, una super scienziata e troverà la cura a tutte le malattie del mondo: sì, dev’essere per forza così. A Greta piace tanto disegnare: le maestre e i suoi compagni le fanno sempre i complimenti per i suoi disegni, e di questo lei va tanto fiera.
Attento, non avvicinarti troppo, potresti svegliarli! Stai qui con me nel buio, piuttosto, e resta a vedere cosa accade. Ecco, guarda, una luce si accende. Una donna entra silenziosamente nella cameretta. Ha i capelli lunghi e corvini, gli occhi azzurri, stanchi, pieni di lacrime. Procede con passo felpato schivando i giocattoli sparsi per tutta la cameretta, poi si accuccia in mezzo ai due lettini e si asciuga gli occhi. È Beatrice, la loro mamma.
«Davide, Greta…» sussurra accarezzando loro i capelli.
«Mamma…» geme confuso il bambino, strizzandosi gli occhietti verdi «è già ora di andare a scuola?».
«No… no, niente scuola oggi. Ehi, stelline… Adesso dobbiamo parlare con la voce bassa bassa ok?».
«Come quando giochiamo a nascondino?» chiede allora lui, in un soffio, coprendosi la bocca con una mano.
«Sì… sì, esatto!» sussurra la mamma, sorridendogli e carezzandogli una guancia dolcemente.
«Ascoltate… adesso io e voi andiamo a fare un viaggio, va bene?».
«E dove andiamo, mamma?».
«Andiamo a fare una bella vacanza, solo io e voi, cosa ve ne pare?».
«Sì, che bello! Andiamo al mare, vero? Il mio compagno Marco ha una casa, al mare».
«Non lo so, tesoro, possiamo decidere di andare dove vogliamo!».
«Può venire anche Timmy?» interviene la bambina.
La madre le bacia la fronte. «Certo che può venire il tuo coniglietto, tesoro».
La bambina stringe forte al petto il suo pupazzino e sorride: «Allora ci sto».
Timmy è il suo solo amico, dopo Davide e la mamma, e non potrebbe prendere in considerazione un’esperienza che richiedesse la sua perdita, mai e poi mai.
«Adesso forza, venite con me, veloci».
La donna si rialza in piedi e, con fare molto goffo e sonnecchiante, i bambini fanno lo stesso, uscendo dai loro caldi lettini.
«Bravi, così. Fate silenzio, seguitemi».
Li prende delicatamente per mano e li dirige fuori dalla cameretta. I loro passi sono leggeri, quasi impercettibili, come quelli di un gatto.
Svelto, seguiamole, ma stai attento, non dobbiamo assolutamente farci sentire.
«Fidatevi della mamma».
Li fa sedere sul piccolo divano grigio, e infila loro i calzini, degli stivaletti per la pioggia, e i loro giubbottini impermeabili blu.
Poi si infila a sua volta un giubbotto marrone a quadri, ne allaccia un bottone velocemente, continuando a guardare in direzione della sua camera da letto. Allaccia il bottone sbagliato, ma non importa, è troppo di fretta per farci caso.
Prende una borsa capiente color cuoio, ci infila dentro in fretta e furia qualche pacchetto di fazzoletti, qualche frutto e il portafogli.
Poi uno scricchiolio proveniente dalla camera da letto. Beatrice sobbalza, bianca in volto. Si pietrifica, per un attimo. Il suo cuore batte all’impazzata, seppure dall’esterno tu non riesca a vederlo. Un momento dopo, quando il rumore pare non ripetersi più, si accuccia velocemente davanti ai bambini.
«Voi… vi fidate della mamma, vero?» chiede prendendo le loro manine tra le sue, fredde e pallide, con in viso un’espressione turbata.
«Certo» risponde Davide, mentre Greta annuisce con un solo, deciso, movimento del capo.
Beatrice sorride, lieta della risposta. Aveva bisogno di saperlo, perché, in realtà, nemmeno lei è troppo sicura di quanto sta accadendo, nonostante non abbia alcun dubbio sulla necessità di tutto ciò.
«Bene, allora… adesso andiamo, va bene?».
I bambini annuiscono di nuovo, e scendono dal divano.
Si prendono tutti e tre per mano. Le loro mani ora sono più tiepide e soffici.
Apre il chiavistello della porta di ingresso, abbassa la maniglia, e in un istante sono avvolti dal freddo dell’inverno. In un attimo sono fuori, all’aperto. Beatrice chiude rapidamente la porta dietro di sé e inizia a correre, senza lasciare mai le mani dei bambini.
«Vi voglio bene, stelline. Davvero tanto». ripete, come per motivare le sue stesse azioni, come per imprimere quelle parole per sempre nei loro cuoricini.
Corrono nella nebbia, nel freddo, nel buio, senza una meta precisa, senza un’idea di quello che il futuro sarà.
Nel frattempo, tra le mura della loro casa, nella sua camera da letto, un uomo dalla coscienza sporca dorme profondamente. È il padre dei bambini, e non sa ancora che al suo risveglio, questa volta, non li rivedrà più per davvero.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010