La lettera d’amore della ragazza senza sogni - sensazioni vissute leggendo Il buio oltre la siepe della scrittrice americana Harper Lee
«Un conto è avere un sogno, un altro è essere bravi.» urlò sua madre Eva, dall’alto del suo essere attrice famosa.
Suite 2014 Hotel Super Star a Los Angeles. Volavano i cuscini.
«Maddalena, tu non avrai mai successo» fece eco la sorella Alice, dalla sua posizione di stellina emergente del pop. Erano arrivate loro, con la loro predica io sono la migliore del mondo e tu no con il loro tono saccente e seccato, tipico del loro atteggiamento. Sembrava che il loro scopo nella vita fosse dimostrare di non essere più e di sbattere in faccia, in maniera però infantile, alla piccola di casa che lei lo era ancora.
Maddalena, a quelle grida reagì nel solito modo, sbatté la porta in faccia a quelle due arpie e si gettò sul suo letto. Strappò con forza il libro che era sul comodino e ci si tuffò dentro.
“Per fortuna che esistono i libri, non saprei come fare dopo ogni sfogo di mia madre su di me, o le sfuriate di mia sorella…” pensò, ma poi la vicenda la rapì e non ci fu più tempo per pensare.
Il bovarismo è una tendenza piuttosto comune, e lei la reputava la sua unica debolezza. Anzi, non c’era niente di male nel voler scappare dalla realtà e rifugiarsi in una storia, e poteva rivelarsi un’arma.
Fu proprio in quel momento che quelle parole la colpirono come un fulmine.
Non è una buona ragione non cercare di vincere, per il semplice fatto che si è battuti in partenza. E la sua mente andava sul ritmo di quelle parole martellanti inseguendo un’idea.
Lasciò cadere Il buio oltre la siepe per terra. Fu un sordo tonfo, di cui Maddalena non si accorse neanche. Quelle parole le avevano messo in testa l’idea più rivoluzionaria che avesse mai concepito, e non riusciva a pensare ad altro. Era come se la stessa scrittrice, Harper Lee, le avesse detto: «Maddalena, questo lo sto dicendo a te, svegliati!» Come una persona conosciuta, da amica, da zia, da donna a donna.
La forza delle parole, la passione con cui sono state scritte, il desiderio di libertà che le ha motivate e la ribellione da cui sono state pensate ti porta a essere tutt’uno con l’autrice, a prendere la sua forza e urlarle a tutto il mondo, di farti sentire e di vincere, finalmente.
Si lanciò sulla scrivania prese carta e penna e si gettò a scrivere, con una rapidità disumana. Doveva seguire il suo pensiero, che, eccitato da quell’idea rivoluzionaria andava troppo veloce per il normale.
Cara Mamma,
Ho capito che sei invidiosa di me. Non sei arrivata dove volevi arrivare, e non vuoi che succeda a me. Bene, tutto spiegato.
Questa è una guerra, e non è mai una buona ragione non cercare di vincere per il semplice fatto che si è battuti in partenza e, se questo significa staccarsi da tutto quello che sono stata prima, dalla famiglia… non m’importa, è la mia sfida e la vincerò, perché un giorno sia raccontata. Quindi è inutile che continui a ostacolarmi, io ho intenzione di provarci lo stesso, e se potrai impedirmi di vincere, non potrai impedirmi di partecipare. Quando qualcuno crede fortemente in qualcosa non c’è scusa, ragione, ostacolo che tenga. Deve continuare a crederci.
Non sarei qui a scrivere queste cose con questa forza, con tutta l’anima, se non ne fossi sicura, se non ci credessi fino in fondo.
Io non mi voglio fermare, voglio puntare in alto e conquisterò quello che voglio ottenere.
Sono sicura, e non ho più bisogno di indossare la maschera della bambina timida e sconosciuta della diva, della sorella della star. Io sono diversa.
Sto dicendo questa cosa proprio a te, perché non ho speranze di combattere contro mia madre che non conosce bene nemmeno sua figlia, che non sa con chi ha a che fare.
Io ho fiducia in me stessa, tu devi averne in me. Non potrai pentirtene.
Vogliamo la stessa cosa: il successo. So che contro di te sembra una guerra persa, una battaglia senza speranza, ma ringrazio questo impedimento che mi dà la forza di ribellarmi.
E vincerò. E quando vincerò non mi vedrai con degli occhi stupiti, ma con uno sguardo pieno di orgoglio. Solo perché, come Atticus nel libro, e come tantissimi altri personaggi della vita reale o solo nella fantasia, ci avrò provato.
È questa la mia nuova forza, l’ho sempre avuta con me, ma è stato il libro a farla uscire fuori.
La vita che sento in queste parole, l’energia, e divorando pagina dopo pagina, mi sento investita di un compito da portare a termine. E devo fare che le sue non siano soltanto parole, cogliere al volo il loro messaggio e buttarsi senza vergogna, anima e corpo, nell’impresa di distruggere questo mio sogno.
Se sarà distrutto vuol dire che non c’è più bisogno di sognarlo, il tuo mondo per me è cambiato, è migliore, è perfetto. E quale miracolo più grande può fare un uomo?
Anche se non esisterà mai un mondo perfetto, ne esisterà sempre uno migliore, e quello è il mio obiettivo, che devo raggiungere. Per loro, gli scrittori, che mi hanno dato speranza, dai quali ho rubato l’energia, preso la forza, risucchiandola come una specie di linfa vitale e fatta mia. Una volta hai detto, parlando di qualcuno che assomiglia a te «Sei sempre stata una ragazza cattiva, egoista, che doveva cambiare il mondo per sé, e solo per sé, e poi smontarlo di nuovo per quelli che verranno».
E non sono così, e già per questo comincerai a credere in me.
Ricordati che io non ho sogni: nemmeno uno. Io ho obiettivi, perché un sogno è un sogno e non si può realizzare, un obiettivo si può raggiungere. Chi sogna rischia perché lo fa, può anche essere ammazzato per un sogno. Io rischio già abbastanza senza sognare, perché non dovrei avere obiettivi dichiarati da raggiungere, con serenità e tranquillità per quanto possibile.
Io ho qualcosa di speciale, che possiedo solo io da donare al mondo. La mia voce non lo cambierà né per noi, né per quelli che verranno. Ma se non vivrò in eterno, lasciando a loro qualcosa creato da noi, quella vivrà per sempre per me, e rimarrà a tutti gli altri. Ma soprattutto sarà per te.
Ecco perché parto battuta in partenza: non può essere una guerra semplice, anzi non può essere una vera guerra contro una persona cui si vuole bene.
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