Clorinda alla guerra
Te ne sei andato in silenzio, senza una parola. Dopo avermi promesso l’infinito, mi hai abbandonato da sola a elaborare il lutto di un amore, incapace di colmare il vuoto che ti sei lasciato dietro.
Perché non tutti i lutti sono per persone morte: a volte si piangono i vivi la cui assenza pesa come un macigno. Ti sei arreso prima di me, nonostante tutto. E sì ch’eri tu quello che ci credeva fermamente.
Io sono ancora qui, Clorinda senza più una guerra da combattere. Ho la lancia in resta, ma il nemico si è volatilizzato nel nulla. Quel nemico ch’erano le mie paure, scomparse nel baratro della tua indifferenza.
Sono di nuovo qua, sola, in questo angolo di mondo grigio che ha perso quel poco di senso che aveva. E te ne vai, incapace di perdonare i miei errori, dimentico del fatto che i miei impallidiscono di fronte ai tuoi.
Clorinda indomita non si arrende e dentro di me scalpita e piange lacrime di sangue di rabbia d’impotenza. Ma sono anche Penelope, sai? Seduta nella mia stanza buia attendo, ascoltando il dolce suono della risacca. Sogno che Ulisse ritorni, ma in fondo so che il mio, di Ulisse, non tornerà. L’ho cacciato io, l’ho dato in pasto a Clorinda che l’ha dilaniato, e ora attendo ben sapendo che un giorno arriverà Calipso a portarti definitivamente via da me.
Alzo bandiera bianca e aspetto, sperando di trasformarmi nella Bella Addormentata risvegliata dal bacio innamorato del suo salvatore. Ma io non sono una principessa delle fiabe, se proprio proprio sono Alice nel Paese delle Meraviglie.
Sono destinata a perdermici, è inutile, e il mio unico barlume di speranza è lo Stregatto. Ma è crudele, lui, e non mi salverà.
E allora dovrò rimboccarmi le maniche e uscire dal labirinto da sola, sperando che fuori splenda il Sole.
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