Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
15ª edizione - (2012)

Oltre le vivande - liberamente ispirato a fatti realmente accaduti a Rina Bertoni
di Marco Palvarini
Premio speciale ANPI Barona Milano

Ogni particella di materia era in stasi.
La bici arrugginita, le fibre muscolari in spasmodica tensione, la rete metallica del posto di blocco nazista sormontata da immobile filo spinato, le molecole di anidride carbonica e gli atomi di ossigeno in entrata nei sistemi respiratori come cristallizzati nell’aria di fronte ai teatranti sul palcoscenico della vita: il mondo si era fermato.
L’aria pungente e gelida della giornata di sole nella valle sopra Rovereto mi scombinava la crocchia di capelli corvini e faceva oscillare i grandi cesti di vimini sulla bici facendoli impattare contro il mio lungo vestito a fiori.
Il mondo era in stasi.
I volti immobili, le espressioni glaciali, semplici maschere a copertura della paura e del terrore dei soldati della Wehrmacht, le braccia fossilizzate nello sforzo per sollevare i pesanti mitragliatori verso l’uomo che correva verso la recinzione, congelato in un balzo poderoso, tentativo disperato di scavalcare la rete, assomigliava alla foto sul giornale delle ultime Olimpiadi di quell’atleta tedesco: entrambi immobili nella tensione corporea dello slancio. Ma verso il ragazzo italiano di Rovereto di fronte a me correvano, ora sospesi nel vuoto, pezzetti appuntiti di acciaio prodotti in qualche fabbrica della Ruhr ed esplosi al posto di blocco in questa valle lontana.
Ma tutto era immobile in quell’illustrazione degli anni ’40 del mio secolo, destinata a essere sempre parte del libro della mia vita, in cui i personaggi sono tutti ragazzi giovani; sono giovani i soldati tedeschi, è giovane l’uomo che corre disperato verso il filo spinato, sono giovane io che osservo questa scena di banale quanto tremenda violenza.
Le assordanti deflagrazioni scuotevano la bici più della tramontana trentina, facevano vibrare i cesti e i fucili Beretta rubati ai fascisti nascosti al loro interno.
Fu quel suono a ridare vita a me e ai soldati nazisti, ma fu sempre quel suono a toglierla all’improvvisato atleta della valle.
I cristalli dei respiri condensati ora rotti dal rombo dei mitragliatori, i fasci muscolari trapassati dai fori dei proiettili incandescenti sparati da mani tremanti e giunti a destinazione solo grazie alla mira di occhi resi acuti dall’angoscia dell’assedio.
Ripresi a camminare in quel momento.
Mio unico compito era portare quei cesti dall’altra parte ai miei amici e familiari nascosti sulle montagne.
Quel passo che feci coincise con la definitiva quanto prematura perdita di ogni ingenuità e solcò il terreno nello stesso istante in cui il corpo del giovane uomo si abbatté al suolo con un tonfo sordo.


»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni

Copyright © 1999 - Comitato per Sofia - Tutti i diritti riservati.
Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010