1 Litre of tears - i diari di Aya Kito
Questa poesia è dedicata ad Aya Kito, una ragazza giapponese che all’età di 15 anni si ammalò di una malattia incurabile, una grave forma di degenerazione spinocerebellare, per la quale tutt’oggi non esiste una cura.
Un omaggio alla sua voglia di vivere, di combattere la sua battaglia contro la disperazione, la solitudine.
I suoi diari, pubblicati in seguito alla sua morte, si sono trasformati in un vero e proprio inno alla bellezza e al valore della vita e ancora oggi infondono coraggio a chi, come lei, deve lottare contro questa terribile malattia che porta la progressiva atrofizzazione del cervelletto e conseguente disagio motorio, pur lasciando inalterate le capacità del cervello di comprendere, ragionare ed elaborare informazioni.
Il malato quindi assiste impotente al progredire della malattia e capisce perfettamente che tutto il corpo si sta paralizzando. Aya morì all’età di 25 anni, nel maggio del 1988.
Si dice che nel luogo dove il dolore è terminato
ci aspetti la felicità.
Che cosa mi attende nella destinazione in cui arriverò?
Come una nuvola che passa e scompare,
il vento freddo mi sta portando via, mentre l’ora dolorosa
scorre come sabbia tra le dita.
mi nutro di sogni e pensieri che sbriciolandosi
lasciano mesti il posto a delusioni e paure,
a questo male che mi consuma l’anima e le membra,
quale fiaccola di disperazione e angoscia.
E mentre la luna, immutabile e meravigliosa incede
con grazia fra mille stelle, io guardo quell’astro
inondare di luce queste miserabili pupille,
e sprofondo nell’adulazione di quell’unico soffio di vita
che è concesso a noi che siamo “diversi”.
Perché questa malattia ha scelto me?
Questo corpo che mi respinge è sempre più lontano
da me, sempre così faticoso da comandare…
E cosa mi resta, ora che non ho più nulla in cui sperare,
se non la grazia di un Dio che forse non c’è?
Cosa mi resta, se non scrivere con inchiostro
e speranza le tracce di una vita destinata a spegnersi?
Cosa mi resta ora, di questa giovane età, se non
un nido d’illusione che rimarrà intrappolato nel ricordo
di qualcosa che non avverrà mai?
Ma nonostante ciò, continuo a cercare
quel girasole fuori stagione.
Ci sarà un domani anche per me.
Ho disimparato a camminare, ma le mie ginocchia sono ancora
un valido sostegno.
Cado spesso, ma qualcuno sarà sempre pronto
a rialzarmi.
Posso solo sussurrare parole confuse, ma
chi mi ama mi capirà lo stesso.
Sarò come un guerriero che stringe i pugni
e aspetta il sorgere del sole.
Voglio amare questo mondo ancora una volta
con tutte le mie forze, accarezzare
con queste mani stanche,
con le labbra soffiare parole di conforto
a quelli come me, perché siamo
soli tra i soli,
e di questi occhi fare il mio unico ponte
tra me e gli altri.
Come in una spirale distorta, tutto sta svanendo.
Ma anche se questa vita fosse giunta al termine
ci sono cose importanti che non posso dimenticare,
e su questo piccolo corpo resta
la prova che ho continuato a lottare.
Mamma… potrò mai sposarmi?
Ora, la luna mi guarda muta.
Non risponde.
E mentre lentamente avvicino
con una corda sottile tutti i miei ricordi,
questo vento sofferente avvolge il mio corpo,
un sole ferito cammina dietro l’orizzonte
mentre sulla mia pelle l’Ombra cala.
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