Giorgia
- I passeggeri del volo C 0416 sono pregati di recarsi all’uscita numero otto, ripeto, i passeggeri del volo C 0416 sono pregati di recarsi all’uscita numero otto - pronunciava l’agente di volo dal microfono dell’uscita d’imbarco.
Era la chiamata che aspettava da mesi interi. Il raggiungimento di una meta che segnava l’inizio della sua nuova vita da viaggiatrice.
Giorgia aveva 19 anni; era una ragazza minuta, alta all’incirca centosessanta centimetri e i capelli castani le coprivano parte del viso, regalandole un velo di mistero. Aveva uno sguardo deciso e profondo, merito dei suoi occhi color nocciola, sfumati d’arancio al riflesso del sole, che attraverso i suoi raggi le dipingeva la pelle rendendola dorata e viva come un diamante che brilla nel deserto. Il suo corpo, perfettamente proporzionato, le conferiva una bellezza divina, esattamente come il suo sorriso che emanava felicità in ogni sua rappresentazione. Era solare, nonostante la difficile vita passata. Era capace di eliminare ogni sofferenza grazie a quella dolce curva che decorava il suo viso.
Madrid. Era questa la destinazione che tanto desiderava e che finalmente si avvicinava. A separarla dalla sua città dei sogni rimaneva solo un viaggio aereo, il volo C 0416.
La voce dell’altoparlante risuonava in lei come una dolce melodia, una sinfonia che la portava via dal mondo che voleva dimenticare. Troppa la sofferenza patita. Troppe le delusioni provate. Troppa la voglia di fuggire. Troppa l’euforia per il suo primo sogno da inseguire.
La sua vita era sempre stata densa di emozioni troppo forti e negative per poterla lasciare indifferente al suo lento e inesorabile trascorrere. Fin dall’infanzia aveva dovuto sopportare disgrazie che l’avevano segnata profondamente, partendo dalla morte della madre dopo una lunga e dolorosa malattia, quando lei aveva solo cinque anni, alla conseguente condizione familiare, non del tutto idonea alla crescita di una bambina. Il padre, lasciatosi completamente sopraffare dal dolore della perdita della moglie, cercava consolazione nell’alcol e questo lo aveva portato a trascurare le uniche persone care a lui rimaste, i suoi gemelli, Giorgia e Daniele.
Come ogni legame fraterno, quello tra Daniele e Giorgia era fortissimo, reso ancora più intenso dalla situazione che si era creata all’interno del nucleo familiare e soprattutto dal legame di sangue che li poneva in perfetta e costante simbiosi. Il rapporto che intercorre tra due gemelli è difficilmente paragonabile a qualunque altro, è una sorta di collegamento invisibile che porta le due parti unite a non staccarsi mai, a sostenersi sempre l’una con l’altra e a esprimere un amore incondizionato, nei momenti bui come in quelli pieni di luce.
La vita per i due ragazzi, nonostante le difficoltà, era trascorsa sempre all’insegna della loro unione, dal giorno in cui erano nati fino a quello in cui Giorgia, spinta dal desiderio di viaggiare e di visitare finalmente la “sua” città, aveva deciso di prendere quel volo.
- Allora buon viaggio, sorellina, goditi la vacanza e portami il sole di Madrid al tuo ritorno, mi mancherai. Ti voglio bene! - disse Daniele con la voce segnata dal magone che gli si era formato in gola.
Era la prima volta che passavano le vacanze estive separati e, sebbene avessero ormai un’età matura per dividersi, avevano sempre deciso di ritagliarsi uno spazio tutto loro ogni estate, lontani da tutto e tutti. Un piccolo regalo che si facevano ogni anno e che era fondamentale per ricaricare le pile in vista degli impegni che avrebbero dovuto sopportare nelle stagioni seguenti, lui preso dal lavoro e lei interamente concentrata sui suoi studi.
- Abbi cura di te, Dani, non ci sarò io a controllarti, mi raccomando. Ti voglio bene anch’io! rispose Giorgia, strizzando l’occhio al fratello e stringendolo in un abbraccio pieno d’amore, di felicità e di gioia, emozioni che finalmente erano riusciti a conquistarsi, dopo molti anni passati a chiedersi quale fosse il reale significato di quei sentimenti.
Giorgia si voltò, mandò l’ultimo bacio verso Daniele con un gesto affettuoso della mano che partiva dalla sua bocca, volteggiava in aria e atterrava sul cuore di Daniele, mentre le lacrime riempivano gli occhi commossi di entrambi.
- Ci siamo - pensò Giorgia - È il mio momento, Madrid, arrivo!
Era inconsapevole di quello che sarebbe accaduto di lì a poco. Non poteva immaginare che quel volo così pieno di illusioni si sarebbe trasformato nella più grande delusione della sua vita.
Il pilota dell’aereo F 192 azionava i motori, il rumore assordante prendeva il sopravvento mentre le facce sorridenti dei passeggeri si accendevano dell’euforia tipica di ogni partenza, quando la voglia di arrivare a destinazione diventa un’irrefrenabile e piacevole ansia di scoprire cosa si troverà al raggiungimento della meta.
Era finalmente iniziato il viaggio dei sogni.
Giorgia era assorta nei suoi pensieri. Chiuse gli occhi per un attimo. Provò a immaginarsi nella capitale spagnola, tra le sue storiche piazze e i suoi meravigliosi musei. Concentrò i pensieri sugli spagnoli, per come li aveva sempre immaginati, pieni di allegria e sempre pronti all’ospitalità. Focalizzò l’attenzione sulle due settimane che l’avrebbero catapultata nel bel mezzo della movida ispanica, con le sue musiche e i suoi colori, tra il giallo dorato del sole e il celeste sereno del cielo, pensando già al momento in cui avrebbe visto brillare gli occhi di suo fratello, quando gli avrebbe descritto ogni sua avventura in Spagna.
Quando riaprì gli occhi, però, realizzò che non avrebbe mai più potuto raccontare alcunché a nessuno. I finestrini erano completamente appannati, la maschera d’ossigeno già sulla sua faccia. Si guardò intorno. I passeggeri accanto a lei urlavano. I bambini piangevano. Le madri provavano a consolarli, disperate anche loro nel più sofferto dei pianti, travolte dall’angoscia e dall’impotenza che aveva completamente offuscato le menti di ognuna di loro. L’aereo era in caduta libera, forse un guasto al motore principale aveva portato alla rottura dell’impianto elettronico dei comandi nella cabina di pilotaggio e il pilota aveva quindi perso il controllo del velivolo.
Giorgia si guardò intorno: vedeva solo terrore e udiva solo urla. La velocità dell’aereo era ormai maledettamente incontrollabile. Lo schianto fu di una potenza inaudita, un’onda anomala di dimensioni gigantesche si innalzò verso il cielo, causando un effetto simile a uno tsunami che risucchiò il velivolo facendolo precipitare e affondare tra i neri abissi del Mediterraneo.
La notizia della tragica fine dell’aereo F 192 si diffuse rapidamente tra telegiornali e quotidiani. Daniele fissava incredulo le righe degli articoli che raccontavano dell’accaduto, incapace di dire qualunque parola gli venisse in mente, impietrito dal dolore che lo uccideva. Non riusciva a rendersi conto di cosa fosse successo. Qualche ora prima era stretto tra le braccia di Giorgia, mentre in quel momento si ritrovava chiuso in un silenzio surreale, oppresso dalla morsa del ricordo di quell’abbraccio, consapevole dell’irripetibilità di quel gesto. Era morta. L’aereo su cui volava era precipitato nel mezzo del Mediterraneo e il corpo della sua adorata sorella si trovava sepolto in fondo al mare, impossibile da recuperare, impossibile da guardare almeno per un’ultima volta.
Una settimana dopo la tragedia, furono celebrati i funerali in onore delle vittime del volo C 0416. Durante la cerimonia funebre, chiunque volesse ricordare un suo caro defunto poteva liberamente farlo, dedicando attimi eterni a persone ormai scomparse per l’eternità.
Daniele fu il primo a recarsi sull’altare, poggiare il semplice foglio bianco e iniziare a leggere la sua lettera.
Ho i brividi mentre leggo queste parole e le lacrime urlano di dolore, smaniose di scendere e attraversare il mio viso, ma non glielo permetterò. Lo devo a te Giorgia, al sorriso che hai saputo regalarmi dall’inizio dei nostri giorni, dal primo che ci siamo scambiati nella culla, fino all’ultimo condiviso nel nostro ultimo abbraccio. Voglio ricordare proprio questo di te, il tuo sorriso, unito all’energia con la quale affrontavi ogni situazione, nonostante sia la tristezza a dominare il mio cuore da quel maledetto giorno in cui sei andata via. Noi, e solo noi, possiamo sapere quello che abbiamo passato e quanta fatica abbiamo fatto per venirne fuori, ma insieme abbiamo superato ogni difficoltà, uscendone ogni volta sempre più forti e uniti. Non so perché, ma nel momento più triste della mia vita, riesco a ricordare precisamente gli attimi che hanno segnato il nostro amore. Ricordo perfettamente ogni istante che abbiamo condiviso, io e te, tu e io, insieme. Siamo sempre stati complici, nelle circostanze favorevoli e in quelle contrarie, ma entrambi sapevamo, anzi sappiamo, che la più forte sei sempre stata tu. Mi hai sempre sostenuto, hai creduto in me come nessun altro e mi hai visto crescere, facendomi diventare un uomo. Sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto e, ora che non ci sei più, ora che quel maledetto aereo ti ha portato via, voglio dirti tutto ciò che non ho mai avuto il coraggio di dirti, dedicandoti parole che mai ho pronunciato e che solo a te dedicherei. Entrambi sapevamo, anzi sappiamo, l’amore che provavamo l’uno per l’altra, ma per qualche assurdo motivo, l’abbiamo sempre dimostrato in silenzio, abbracciandoci e ridendoci su. Ora però il mio silenzio non avrebbe più senso. Ora, per quanto possa sembrare inutile o scontato, voglio dirti che sei stata e sarai per sempre la persona più importante della mia vita. Spesso da piccolo, ma anche recentemente, ho pensato a come sarebbe stata la mia esistenza senza la tua, distaccata dal tuo mondo e senza te come punto di riferimento. Non sono mai riuscito nemmeno lontanamente a immaginarla. Nemmeno ora riesco a farlo, nonostante tu non sia più qui con me. Guardo le facce e gli occhi delle persone che sono riunite in questa chiesa, ognuna segnata dalla perdita di qualcuno di importante e nei loro sguardi riesco a percepire la stessa sensazione che provo io, un insopportabile e incolmabile vuoto. Non riesco a immaginare un risveglio senza il tuo buongiorno o una nottata non anticipata dalla tua buonanotte. Non riesco a immaginare le nostre chiacchierate svanite per sempre, le nostre passeggiate sulla spiaggia per esaltare l’abbronzatura, il cui primato spettava sempre e solo a te. Non riesco a immaginare una vita senza il tuo sorriso e il tuo sguardo, così vicino al mio che bastava un incontro per capire tutto quello che sentivamo dentro. Non riesco a immaginare la mia vita senza di te. Vorrei solo addormentarmi e lasciarmi cullare da un meraviglioso sogno in cui tu sei presente, come se questi giorni fossero stati solo un lungo e inquietante incubo, ma so che tu non vorresti che lo facessi. Non vorresti che io mi rassegnassi agli eventi che ha delineato questa cruda realtà, perché la rassegnazione rende inguaribile anche il più innocuo dei dolori. Vorresti che io reagissi, perché così era la tua natura. Tu eri la persona più gioiosa del mondo, la simpatica bellezza della compagnia, mentre io quello scontroso e pieno di incertezze. Eri l’unica in grado di capirmi e farmi star meglio e per questo ho deciso una cosa che voglio condividere con i ragazzi che si trovano qui accanto a me, tutti per rendere infinito il tuo ricordo, unendolo all’eternità: continueremo a scriverti, come se fossi sempre qui con noi. Io, soprattutto, continuerò a scriverti e a raccontarti della mia vita, è quello che ho sempre saputo fare meglio rispetto a ogni altra cosa e magari riuscirò a sentirti più vicina. Non passerà giorno in cui il tuo sorriso non vivrà nei miei occhi e la tua coinvolgente solarità non illuminerà il mio cammino, perché so che mi accompagnerai sempre, tracciando il percorso da seguire per rendermi felice come hai sempre fatto. Non riesco più a trattenere le lacrime, ma voglio che siano accompagnate da un profumo di fiori di primavera, quei fiori che tanto amavi e che mi parleranno ogni istante di te, cullandoti nel viaggio di non ritorno, verso il mondo migliore che conoscerai. Buon viaggio sorellina, mi mancherai. Ti voglio bene.
I fiori dell’altare profumavano di primavera, mentre ogni singola mano dei presenti in chiesa iniziò a battere incessantemente sull’altra, creando un crescente e commosso applauso. Daniele, travolto dal pianto troppo a lungo contenuto, rivolse uno sguardo verso l’entrata principale. Una luce candida, bianca come la neve e luminosa come la luna, risplendeva di un amore universale. Giorgia era lì, i suoi capelli mossi dal vento e il suo sorriso splendente la rendevano meravigliosa, stupenda e immensa come un angelo. Era l’angelo custode arrivato per guidare suo fratello, il suo gemello, nei passi e nelle scelte che la vita gli avrebbe proposto. Il legame tra gemelli non si dissolverà mai, è la forma di amore più intensa che ci sia, perché è l’amore senza restrizioni, quello eterno e indissolubile, che nemmeno un ostacolo insormontabile come la morte può interrompere e spezzare.
»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni