L’amore ai tempi del nulla
Crediamo tanto di essere felici con quello che abbiamo ma siamo menzogneri. Ci manca la cosa più importante, l’intangibile. Anche solo uno sguardo d’intesa, un sorriso fugace scambiato con uno sconosciuto, un saluto a una persona incrociata per strada. Sono cose che riescono a farmi sentire in pace con me stesso e col mondo. Riescono perfino a farmi cambiare la giornata. Ho sempre pensato che avrei vissuto in modo straordinario e unico, che mi sarei guardato indietro senza rimpianti, felice d’aver fatto la mia parte nello spettacolo. Vorrei congedarmi dal palco col suono degli applausi nelle orecchie e, in punto di morte, sorridere, soddisfatto. Ma ho già tanti rimpianti, e la mia vita finora non è stata quell’impresa straordinaria che mi prefiggevo. Si è limitata a un banale elenco di azioni senza la minima soddisfazione personale. Niente di stupefacente. Il mio sogno, la mia illusione… tutto uno stupido scherzo. Mi sono convinto che la colpa sia del mondo, della realtà così vuota e materiale, mi sono convinto di esserne vittima. E allora mi sono prefissato un altro obiettivo: evadere la realtà, cercare di non vivere in modo banale, infrangere gli schemi per realizzarmi interiormente, per diventare un essere di pura luce. Ho deciso di vedere col cuore, di vivere di sogni e di respirare speranza. Ho deciso di non arrendermi, di non cedere alla pressante oscurità del palcoscenico prima di uno spettacolo. Ho deciso di vedere e vivere una realtà tutta mia, di fare lo spettacolo secondo le mie regole, e spero che alla fine di tutto sia io il primo ad applaudire. A volte non penso di poter andare avanti per molto con questa mia visione della realtà; mi ritrovo a pensare alla crudeltà della mia condizione e all’incapacità di trovare qualcuno che mi capisca. Quindi, vedete, non pecco di superbia, ma di solitudine. Non trovando nessun altro come me, sono indotto a pensare d’essere l’unico. Ma ci sono dei buoni motivi per non disperare. Uno l’ho scoperto oggi.
Oggi ho scoperto la pura e semplice essenza dell’amore. Davvero. L’amore ha molti volti: può essere la bellissima compagna di classe, può essere la più occhieggiata ragazza a un corso, la collega più carina. Delle sue molte e mutevoli forme io oggi ne ho scoperto la più strana e, forse, straordinaria.
Al corso di teatro ci hanno messo in coppia, ogni nuovo arrivato con un ragazzo che avesse già avuto esperienze del corso. Io non mi sono mosso da dov’ero, quando la ragazza davanti a me mi ha guardato e ha alzato le spalle. Era una “vecchia” del corso di teatro.
Il maestro, soprannominato Gandalf, ci spiegò cosa avremmo dovuto fare. Ci saremmo dovuti guardare negli occhi fino a capire il ritmo del respiro dell’altro; a quel punto uno dei due avrebbe dovuto alzare la mano e metterla davanti agli occhi dell’altro, che si sarebbe messo a seguire la mano. Ne sarebbe venuto fuori un importante lavoro di coppia, ci disse.
Io conoscevo già la mia partner. Durante la cogestione aveva messo su un piccolo spettacolo al quale avevo assistito. In quella rappresentazione impersonava un uomo, ma non ricordo bene che ruolo avesse in particolare.
Iniziammo col guardarci negli occhi. I nostri respiri pian piano acquistarono un ritmo comune, finché non mi ritenni pronto e le misi davanti agli occhi la mano.
Fu una cosa straordinaria. I suoi occhi s’incollarono alla mia mano, seguendone ogni movimento, guardandola in maniera quasi avida, come se non potesse mai esserne sazia. Il suo corpo prese a muoversi man mano che la guidavo in giro per l’aula, sempre cercando di essere delicato e non troppo brusco. In quel momento capii di avere il totale controllo sulla sua persona, capii che si muoveva a mio piacimento, secondo la mia volontà, e che ogni mio gesto era per lei non un ordine, ma qualcosa di più fine e gentile, quasi un disperato bisogno di seguirlo. La mia mano si muoveva lentamente, descrivendo nell’aria linee e figure senza nome. Lentamente mi resi conto che anche la sua espressione cambiava radicalmente. Non esisteva, per lei, nient’altro che la mia mano, nient’altro che il movimento del mio polso. Guardava la mia mano in maniera quasi ansante, come se da questa dipendesse tutta la sua vita.
Pian piano mi accorsi che la guardavo in modo diverso. Mentre la mia mano scendeva verso terra e lei si piegava per seguirla mi accorsi di quanto belli fossero i suoi capelli e di come delicati fossero i suoi gesti. Quando, rasente terra, sollevai la mano la trovai distesa per terra, a pancia in giù, la pelle luccicante per un velo di sudore. Aveva degli occhi davvero brillanti e belli, anche se ora non ne ricordo il colore. Vedendola così, distesa ai miei piedi, gli occhi brillanti fissi sulla mia mano, mi si riempì il cuore di una tenerezza che non avevo mai provato. Non conoscevo quella ragazza, oltre al corso di teatro l’avevo vista solo un’altra volta; non sapevo come fosse il suo carattere né come era nella vita reale, so solo che in quel momento il mio unico desiderio, la mia sola priorità era accarezzarle la guancia. L’avrei fatto con tutta la delicatezza di questo mondo, sfiorandole appena la pelle, percorrendo con le dita i suoi capelli per sentirne la consistenza, perché quei capelli dovevano essere di seta tanto erano belli. La sua pelle non poteva avere imperfezioni, sapevo per intuito che era una pelle perfetta, incorrotta e bianca come la neve appena caduta. I suoi occhi guardavano avidi la mia mano, e mi venne il forte desiderio di sfiorarle la pelle. Allungai la mano, ma questa si ritrasse, guidata dal mio gesto. Allora capii in un istante la crudeltà di quel gioco e risi amaramente della mia sorte.
La musica leggera messa di sottofondo aveva contribuito a rendere tutta l’atmosfera magica. Quando il maestro disse di dividerci per un secondo considerai l’idea di non lasciarla, di non staccarmi da lei, perché ero sicuro che ne sarei morto. Mi staccai da lei mosso dalle parole di Gandalf, muovendomi con rapidità per rendere il distacco meno doloroso.
Anche ora che scrivo queste righe la magia di quel momento sta scemando, sebbene sia passata solo un’ora. Non ricordo nemmeno il suo nome, ma conserverò per sempre l’immagine di lei, distesa sotto la mia mano, luccicante di sudore, come l’immagine di un amore tanto puro quanto inesistente. Almeno, inesistente in questo mondo.
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