Il banchetto diventa un campo di battaglia
- Il mio amore per te è come ambrosia sulle mie labbra.
- Non sono pronta per questa scelta.
- Non te ne pentirai…
- Abbiamo ancora tutta la vita davanti per decidere.
- Nessun momento è mai stato più adatto di questo.
Il tormento cominciò così.
Per i loro tremila anni di matrimonio Efesto e Afrodite avevano voluto risposarsi, sarebbe stata forse la cerimonia più sfarzosa degli ultimi millenni lassù nell’Olimpo. Gli altari erano pronti, la tavola imbandita di pietanze divine. Efesto chiacchierava da buon amico con Zeus e Poseidone e a volte faceva battute che i due non capivano.
Nell’altra stanza, Atena stava intrecciando dei fili d’oro nei capelli della dea, Era le sistemava il velo sulla fronte, Artemide faceva il fiocco al lungo vestito bianco. Apollo e Hermes bussarono alla porta.
- Dioniso, Ade, la moglie Persefone… Manca qualcuno all’appello - sospirò Apollo scervellandosi per capire chi fosse.
- Ganimede? - chiese il dio messaggero.
- No, sta preparando i Martini in soggiorno.
- Calliope? - domandò Artemide incuriosita.
- È giù alla reception.
Era alzò il capo come per istinto, quasi non fosse la prima volta che quella persona non si presentasse a un banchetto.
- Quella megera! - strillò, facendo oscillare lo specchio.
- Dunque proprio lei… - convenne Atena.
- Dovrà prima passare sul mio corpo se ha intenzione di venire qui! - continuò la regina degli dei.
- Non mi sembra la cosa giusta non invitare Discordia, vostra Maestà - intervenne Apollo - L’ultima volta ha messo sotto sopra le nozze di Teti con la gara di…
- Bellezza? Quella stupida competizione? Paride era un incapace! Be’, sarà meglio tenerci alla larga da lei, a ogni modo.
- Ormai tutti sanno di questo banchetto, anche lei. Non perderà mai l’occasione di fare la guastafeste! - esclamò Atena.
Era alzò un sopracciglio e sorrise malignamente; gli Olimpi sapevano che quell’espressione non prometteva mai niente di buono: - Sarebbe un vero peccato se noi invitassimo Discordia e lei non potesse venire…
- Cosa intendete fare, vostra Altezza? - Artemide spalancò gli occhioni ingenui.
- Hermes, va’ da quella strega e avvisala che la cerimonia è stata… come dire… posticipata? Dille di procurarmi un abito fra tre giorni: come compenso otterrà di poter entrare quando vorrà nel mio giardino. Questo bel lavoretto la terrà occupata per un po’.
- Vado subito, mia Regina.
Un’esplosione di polvere e il dio scomparve; tornò dopo qualche minuto soddisfatto e la vetta del Monte Olimpo baluginò di scintille.
Il campanello della porta trillò. Demetra andò ad aprire.
- Sorella!
- Eccomi qua, - rispose Estia - ho portato i fuochi! - tra le mani, la dea del sacro focolare aveva due scatoloni di petardi ed esplosivi.
All’improvviso, il pendolo al centro della sala segnò le otto: la grande festa aveva inizio!
Afrodite uscì dalla camera sorreggendo parte del vestito tra le braccia: Era le aveva fatto mettere delle scarpe così alte, che per poco non aveva fatto un capitombolo per terra; Efesto si avvicinò all’altare appoggiato al suo bastone.
Dopo quasi un’ora di trepidazione, finalmente i convitati presero posto a tavola: Poseidone tagliò a fette per tutti il salmone più grosso che fosse mai riuscito a catturare, mentre Dioniso tracannava a grandi sorsate il vino dalla brocca, facendo un po’ di gargarismi.
- Alla salute!
Apollo cantava con la sua lira le gesta di Odisseo degli antichi eroi.
La tavola traboccava di squisitezze da leccarsi i baffi e tutti i Celesti erano intenti alla ricchissima cena.
All’improvviso, la porta dell’appartamento divino cigolò e un calpestio di passi felpati e furtivi fece trasalire gli invitati. Un’ombra sinistra si avvicinava sempre più al convito, una figura bassa e malvagia che costeggiava la parete per poi entrare nella sala. Aveva scarpe consunte, un vestito marrone come il seme di una mela, una gobba accentuata, la pelle incartapecorita. I capelli raccolti in bende intrise di sangue. Sì, lo avete capito benissimo.
La dea della Discordia.
- E così non mi avete invitato un’altra volta… Perseverare è diabolico.
- Ma…
- A ogni modo, ecco qua il vestito che mi è stato richiesto: morbido, splendente, intrecciato con i fili del Vello d’Oro. Per di più in anticipo, quindi posso tranquillamente unirmi a voi; non è così? Perbacco! Con tutto il rispetto… questo gran parlare mi ha fatto venire l’acquolina in bocca… chi mi passa uno stuzzichino?
- Non ti permetterò di rovinare il matrimonio dei miei figli! - Zeus batté un pugno sul tavolo.
- Calmati, papà, non voglio rovinare niente a nessuno. Voglio soltanto suggerire qualcosa…
- Tsè, non ci devi suggerire un bel niente, donnaccia! - inveì Venere.
- Oh, oh! “Donnaccia”! Per tua informazione, non sono stata io a nascere in un luogo pieno di alghe verdastre e schiuma salata…
Poseidone si alzò dalla sedia: - Non insultare il mio regno!
- Tranquilli. Sono qui, per riportare alla gloria la vita della giovane sposa! - le strizzò una guancia con le dita rugose.
In un secondo momento estrasse dalla tasca una mela d’oro. Se pensate che sia una scena già vista, be’, vi sbagliate: non c’era scritto nessun “Alla più bella” e sembrava funzionare da… specchio. Ecco, l’ho detto.
- Guardati, mia Afrodite - le suggerì. - Una pelle così morbida, dei capelli lisci come la seta. L’invidia di ogni mortale. Ma nonostante questo, con chi sei andata a unirti? Con Efesto. Deforme, balbuziente, antipatico, ha l’alito che sa di cipolla.
Il dio tirato in causa spezzò in due la forchetta che aveva tra le mani.
Zeus urlò con autorità: - Sparisci fin che sei in tempo, traditrice!
- Orsù, che noioso! Non farmi perdere il nocciolo del discorso. - Poi, alla dea: - Ares è il dio che fa per te. Tornito, giovane, esperto nell’arte della guerra.
Ares si mise le mani nei capelli: - Ma che cosa ti salta in mente? Io non ho bisogno di una moglie!
- Lo sappiamo tutti che siete amanti da tremila anni, non è così?
- Sei stato tu, Ares, a invitare Discordia qui… - ragionò Atena.
- No, aspettate, ferma: perché mai avrei dovuto farlo?
- È tua sorella!
- Ma è stato Hermes ad andare da lei!
Il figlio di Maia replicò: - Io non c’entro. È Fama la dea dell’informazione!
Fama pareva irritata: - Piccolo moccioso, cosa vorresti insinuare?
- Ares è un bugiardo!
- È stato Hermes!
- No, Fama!
- Gente, Poseidone ha i suoi informatori marini! È di certo lui!
- Non è giusto! - si infuriò quello - Che cosa c’entro io?
Fama scaraventò un’ala di tacchino contro Hermes, che l’aveva ingiustamente accusata; ma quello la schivò e Ares se la prese in pieno viso. Questi, ormai abbastanza agguerrito, fece per scagliarle addosso il vassoio delle bruschette, ma sbagliò il lanciò e lo buttò addosso a Era.
In poco tempo era scoppiata una vera e propria guerra, a parole e a colpi di cibo.
Afrodite, l’unica veramente poco interessata al litigio, guardava e riguardava la mela d’oro, ripensando a quelle parole. Una pelle così morbida, dei capelli lisci come la seta. L’invidia di ogni mortale.
Discordia, che nel soggiorno aveva ottenuto il risultato sperato, distorse le labbra in una smorfia di scherno. Un sorriso agghiacciante.
Sparì nel nulla.
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