Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
14ª edizione - (2011)

Inner Melody

The music flows
Because it longs
For the heart I once had
Nightwish

Dicono che da ogni cuore sorga una melodia; dicono che cambi in ogni istante e che neppure lo strumento più perfetto possa riprodurla, perché essa proviene dal cuore umano, e l’uomo è imperfetto. Forse gli artisti di Londra non sarebbero stati d’accordo, né coloro che avevano raggiunto la ricchezza, né i pittori come Basil Hallward, che osservava quel giovane di straordinaria bellezza aggiungendo una pennellata al suo ritratto.
No, per loro l’arte - qualsiasi arte, che fosse la pittura o la musica - poteva rappresentare ogni cosa.
Ma se Basil Hallward avesse sentito la melodia che proveniva dal cuore di quel ragazzo anni dopo, se ne avesse visto la corrotta unicità, avrebbe capito che così non era.
Dorian Gray. Un giovane come un altro, un tempo notato da molti per la sua straordinaria bellezza.
Se i nobili che lo invitavano alle loro prestigiose feste avessero saputo chiudere gli occhi e ascoltare, avrebbero sentito la vera Bellezza: la melodia che scaturiva dal suo cuore era talmente pura da sembrare irreale, da parer destinata a sfociare in un turbine di gravi note cupe e ammalianti, ammaliate e distrutte a loro volta da una melodia lenta ma corrodente, che pur appartenendo a qualcun altro, stava lentamente prendendo il possesso del cuore del giovane.
E così fu. Anni dopo, il Dorian Gray caratterizzato dalla purezza di quelle note acute e innocenti era scomparso, lasciando il posto a qualcosa di troppo perso e corrotto; qualcosa che non era più lui.
Aveva ucciso il suo migliore amico.
Si pensa che le menti e le anime degli assassini siano tutte uguali, ma non è così. Chi uccide per vendetta si riconosce dalla veloce serie di note che accelerano il pulsare rabbioso del suo cuore. Chi uccide per follia è l’esatto opposto, il possessore di una lenta melodia mortale, così calma e tranquilla da sembrare innaturale. Dorian Gray non apparteneva a nessuna delle due categorie, o forse a entrambe.
Folle nel suo credere l’autore del ritratto la via che l’aveva portato tra i demoni, la sua era pazzia visibile in una vendetta priva di fondamento.
Un turbine di note incatenate tra loro dall’ira rallentarono diventando gelide nell’istante dell’assassinio, per lasciare il posto al suono di un cupo organo, che metteva la parola fine al Dorian Gray di un tempo.
Erano passati anni da quel giorno, quando le campane di Londra erano risuonate per l’eternamente giovane Dorian Gray. La neve si era depositata sulla tomba del ragazzo, quasi a ricordarne l’antica purezza.
Molti ricordano la tomba e il suono delle campane, ricordano la neve e le espressioni falsamente tristi della nobiltà presente al funerale; ricordano Lord Henry, per una volta pensieroso e privo di aforismi; qualche ragazza in lacrime al pensiero di non poter rivedere quella che si diceva fosse l’eterna Bellezza, qualche altra con un’aria seccata e apparentemente priva di altre emozioni. Ma sono in pochi a ricordare quel suono acuto e dolce che si era sovrapposto alle campane, depositandosi sulla neve. E forse nessuno - ma in fondo, che importa? - riconobbe in quelle note distanti la perduta innocenza del ragazzo chiamato Dorian Gray.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010