Mercuzio
Era così arrivato all'ultima pagina del libro Romeo e Giulietta di Shakespeare.
In classe tutti erano felici e contenti per la fine. Uno dei più bei capolavori dedicati all'amore, un amore triste, ma Amore con la A maiuscola. Le ragazze commosse, i ragazzi contenti per la fine di quello strazio. Ognuno faceva i suoi commenti.
Era in piedi vicino alla cattedra, lui, il mio studente modello che chiuse il libro e mi guardò disgustato per quello che aveva letto, anzi per quello che io gli avevo fatto leggere.
Mi mandava, con quell'espressione che gli oscurava il viso, tutto l'odio che uno può avere in corpo. Mi sentii tutto d'un tratto male, io lo avevo fatto soffrire, la mia perla, il mio punti di riferimento Gianni Maniconi; alunno del primo banco.
Continuava a fissarmi con un aria di immenso dolore, un dolore atroce. La sua sofferenza era tale da farmi scoppiare il cervello, e il suo sguardo tanto duro da trafiggere il mio stomaco.
Avevo con lui un certo contatto telepatico, sentivo il suo dolore che mi entrava nel sangue e percorreva tutto il mio corpo ma non capivo il perché di quel dolore.
Non capivo la sua disapprovazione per quell'opera magnifica quale poteva essere Romeo e Giulietta.
Viola dalla rabbia buttò per terra il libro, guardò i compagni che lo osservavano ammutoliti. Non avevano mai visto sul suo volto un'espressione tanto sofferta, lui era un secchione non aveva sentimenti, non poteva provare dolore. Questo era di sicuro quello che loro pensavano in quel momento. Stravolto da quegli sguardi corse fuori in corridoio e si diresse verso il bagno. In classe tutti rimasero muti come ad aspettare che qualcosa sbloccasse la situazione.
Io guardai la porta per circa dieci secondi aspettando il suo ritorno. Non vedendolo ritornare decisi di uscire, mi alzai (adesso gli sguardi erano puntati su di me), corsi anch'io verso il bagno, e dietro di me tutti i miei studenti.
Lui era lì in ginocchio con le mani sulla faccia e piangeva come un bambino. Io capivo ancora meno di prima, mi avvicinai e gli misi una mano sulla spalla e dissi:
"Gianni cos'hai, qualcosa non va?"
Lui mi tolse la mano dalla spalla e mi spinse all'indietro cominciò a urlare così:
"Ma quale amore, quali vittime sono state Romeo e Giulietta, morti uno per l'amore dell'altro? Quali sono le vere vittime? Loro due no, loro no di sicuro. Loro erano amati uno dall'altro, erano forse vittime?" Strillava come non mai, tanto che altri professori e alunni erano venuti a vedere cosa stava succedendo, ma Gianni non li notava neanche e camminando nervoso a destra e a sinistra, con gli occhi sbarrati e rossi di pianto, continuava a strillare:
"Cosa c'è di più bello del morire e saper di aver amato, di essere stato amato, cosa? Mi vuole rispondere?"
Io non rispondevo e ascoltavo quelle parole con paura e terrore. Cos'era successo a Gianni? Che cosa mai poteva essergli successo? Ma lui continuava a parlare come se non volesse risposta ma solo porre una, due, tre, mille domande. Diceva:
"L'amore non può essere una cosa che fa soffrire, loro erano felici così, non sono loro le vittime, non sono loro!La morte li ha uniti per sempre e così per l'eternità. Contenti di morire uno per l'amore dell'altra perché nessuno sarebbe scontento di una morte così dolce così unica."
Continuava a camminare ancora e nessuno osava interrompere la sua camminata e il suo monologo.
"Loro non sono le vittime, non si può essere vittime di un amore. La vera vittima era Mercuzio, lui solo senza amore, abbandonato alle sue battute e al sua divertimento, dimenticato ed infine ucciso per mano di un crudele sbruffone. Era Mercuzio la vittima, lui che non era amato, lui che era nascosto e protetto dal suo umorismo come io mi nascondo dietro i libri per una paura ossessiva della vita, della realtà, dell'amore. Ma quale amore c'è su questa terra? Quale Amore? La vera vittima era Mercuzio! La vera vittima sono io!!!!!!"
Cadde a terra nella posizione di prima, in ginocchio con le mani sulla faccia, le lacrime agli occhi e le guance di un rosso vivo. Mi avvicinai, mi misi in ginocchio davanti a lui e lo abbracciai leggermente per paura di fargli male. Era tanto fragile.
Gli dissi:
"È tutto finito, non c'è più niente di brutto e triste, è tutto finito Gianni, calmati! Calmati! È tutto finito."
Lo feci rialzare tenendolo per i gomiti. Si reggeva appena in piedi. Lo portai fuori mentre tutti quelli che si erano avvicinati e avevano affollato il bagno ritornavano in classe e i miei studenti ad un mio gesto fecero lo stesso.
Lui si appoggiò al termosifone, aprì la finestra e disse che voleva prendere una boccata d'aria, che io potevo entrare in classe. Gli chiesi se ne fosse veramente sicuro e lui, più serio e convinto che mai, mi disse di sì.
Mi girai per andare verso la classe. Mi fermò, mi diede un bacio sulla guancia e ritornò alla finestra a osservare i pini del giardino. Mi avviai verso la classe. Arrivato alla porta, mi girai, Gianni era sul davanzale della finestra. Mi disse: "Un bacio e muoio!" e si buttò di sotto. Io non feci in tempo a fermarlo. Urlai con tutto il fiato che avevo in gola.
Rimasi fermo scioccato. Feci alcuni passi e mi andai a sedere sui gradini della scala.
I miei studenti uscirono. Mi chiesero cosa fosse successo e dove era Gianni. Riuscii solo a dire: "La Finestra". Marzia andò a vedere alla finestra mentre gli altri chiedevano maggiori spiegazioni, ma all'urlo di Marzia tutti compresero quello che era accaduto e inorriditi si misero a piangere, gridare e chiedere aiuto.
Le persone arrivavano a stormi. Io mi alzai, scesi piano piano i due piani di scale e andai in giardino. Mi sedetti a quattro passi dal suo corpo fermo, inanime e senza vita. Lo fissavo. Arrivarono dopo non so quanto tutti gli altri, la polizia, l'ambulanza. Qualcuno, non so chi, mi riaccompagnò a casa e mi mise a letto. Cercai di dormire, ma i miei occhi erano fissi solo sulla sua immagine, prima in bagno in ginocchio, poi sulla finestra ed infine sul prato. E le sue parole mi ritornavano alla mente come un gelido sospiro d'amore.
... Ma quale amore c'è su questa terra? Quale Amore? La vera vittima era Mercuzio, la vera vittima era Mercuzio! La vera vittima sono io!!!!!!!.......
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